L’ODISSEA DEL POVERO NEGAZIONISTA
Oggi un povero negazionista dell’ Olocausto non sa davvero più dove prendere la parola: in Canada ti tappano la bocca appellandosi agli statuti anti-odio, in Spagna si ricorre alla legislazione sulle “false notizie”, in Austria e Germania negare, banalizzare o cercare giustificazioni alla Shoah è un reato specifico, in Francia sei fuori legge se metti in discussione i “crimini contro l’umanità”, in Inghilterra non puoi tenere discorsi a sfondo razziale, in Australia esiste addirittura un tribunale che stabilisce se una discussione è “corretta” e “ragionevole”. In Svizzera, Belgio, Italia, Israele e Svezia vigono leggi simili. Negli USA appena trovi una tribuna ecco arrivare con pentole e bonghi una masnada di fracassoni tacitamente autorizzati che copre ogni tua parola (e ti va bene se non sono violenti). Ad ogni modo tra “trigger warning”, “hate speech” e “safe space” i modi per silenziarti sono molti.
Ma che fine ha fatto la libertà d’espressione? Quella roba ispirata al metodo della scienza per cui la verità emerge solo nel confronto? Quella roba per cui anche Levi ha qualcosa da imparare da Irving e Burioni dagli antivaccinisti?
Al momento sembra piuttosto fuori moda.