martedì 10 luglio 2018

COSA CONSERVA UN CONSERVATORE?

Riccardo Mariani
Adesso
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COSA CONSERVA UN CONSERVATORE?
Il conservatore 2.0 non è una persona che rimpiange il passato ma una persona che si guarda indietro e si felicita per il cammino compiuto. Il conservatore 2.0 è una persona essenzialmente orgogliosa, orgogliosa della civiltà occidentale ovvero del modo in cui certa umanità si è allontanata dalla sua natura. Ma quale natura?
L’uomo è un animale sociale (che non significa socialista ma tribale). Cio’ che ci ha affrancato dalla tribù (e ci distingue dalle scimmie) è la capacità di produrre legami, coordinamento e cooperazione attraverso la CULTURA. La cosa si fa evidente contemplando il MIRACOLO DELL’OCCIDENTE, lo riassumo in 4 punti.
1. 100.000 anni fa (da centinaia di migliaia di anni) vivevamo in tribù (max 150 anime) nomadi raccogliendo frutti e cacciando. Eravamo molto solidali tra noi ma anche molto aggressivi e sospettosi con il nemico (le altre bande). Il nostro cervello si è formato lì, è fatto per risolvere i problemi che avevamo allora, quella è la nostra NATURA.
2. Circa 10.000 anni fa – poiché abbiamo imparato a coltivare i campi e dovevamo difendere un capitale – siamo riusciti a cooperare alla grande formando società più estese grazie ad istituzioni fortemente gerarchiche: ogni membro trovava un suo posto e lo accettava senza tante discussioni, anche lo schiavo.
3. 3000 anni fa le maggiori religioni hanno riabilitato lo straniero, il messaggio era: siamo creati uguali, abbiamo la medesima dignità, possiamo fidarci l’uno dell’altro se solo accettiamo di venerare il grande Dio di tutte le genti. Chi fa questo è il benvenuto.
4. 300 anni fa abbiamo cominciato a mettere in discussione le gerarchie fisse della società, capitalismo e democrazia sono pian piano emerse: esistono dei diritti individuali e il mercato puo’ legittimamente migliorare o peggiorare la tua posizione. Le società si sono aperte e il miracolo della cooperazione è divenuto globale. Tuttavia, una cooperazione così estesa e reticolare non puo’ più affidarsi né alla gerarchia né tantomeno ai legami personali tipici del tribalismo, deve affidarsi alla cultura artificiale del mercato anonimo. La nostra strepitosa ricchezza (insieme alle strepitose diseguaglianze) è un portato culturale, come tutte le imprese dell’uomo: cultura tribale per costituire il nucleo duro della famiglia, cultura della gerarchia per accettare la competizione e le diseguaglianze, cultura del mercato per sostenere i rapporti con l’anonimo straniero. Si tratta però di un intreccio fragile perché comunque distante dalla nostra natura più schietta di cui al punto uno.
Compiendo questi 4 passi l’Occidente ci ha condotto dove siamo, il conservatore 2.0 venera i padri, esalta questa impresa e vorrebbe proseguire la sua strada. Ma il posto in cui siamo non piace a tutti, non piace al reazionario che vorrebbe tornare ora al punto 1, ora al punto 2. Non piace nemmeno al mondo degli artisti e degli intellettuali progressisti che vedono sfruttamento e oppressione ovunque, non piace in genere agli utopisti (ispirati da Rousseau e Marx) che lo criticano ogni giorno posseduti dal sogno romantico di una riforma radicale. Ma picconare quel che c’è (suicidio dell’Occidente) non realizzerà quelle chimere bensì ci riporterà al tribalismo, cioè alla nostra natura più profonda che continua a covare dentro di noi e a far sentire il suo richiamo, quella natura da cui l’uomo occidentale si è faticosamente affrancato in un’impresa ormai venerata solo dal conservatore 2.0.
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