IL DOPPIO INGANNO DELLE SCIENZE ECONOMICHE
Il paradigma tipico dell'economia mescola comportamentismo e convenzionalismo. Grazie al primo ci si puo' disinteressare di cio' che avviene nell'animo umano (materia lasciata agli psicologi) concentrandosi unicamente sui comportamenti, grazie al secondo si puo' procedere "come se" si conoscesse l'animo umano.
Domanda classica: come puo' un economista parlare di "razionalità" e "preferenze" se non si interessa all'interiorità dal soggetto? Risposta secca: infatti un economista non è interessato alla razionalità di un soggetto o alle sue preferenze reali, solo ad una mera convenzione su queste qualità.
All'economista interessa che i giocatori di biliardo si comportino COME SE fossero geometri, non il fatto che lo siano o meno.
Si noti che se un soggetto agisce in una certa maniera è SEMPRE possibile dire che si sta comportando razionalmente avendo certe preferenze. Anche un pazzo puo' essere descritto come una persona razionale con preferenze singolari.
Questa combinazione tra comportamentismo e convenzionalismo crea molti equivoci, pensiamo solo alle critiche comunemente avanzate contro l' homo oeconomicus. Chi lo contesta fa notare come un uomo del genere sia pura finzione poiché la razionalità umana è un mito. Ma questa non è una contestazione dell'Homo oeconomicus, una simile critica non tange l'economista poiché lui, non essendo interessato all'interiorità umana, è del tutto disinteressato anche alla razionalità o meno dell'uomo reale. A lui serve solo postulare una razionalità convenzionale per descrivere le situazioni e mettere a punto i suoi modelli.
Cio' detto, nell'equivoco metodologico ci cade a volte gli economisti stessi finendo per confondere le preferenze convenzionali postulate nei loro modelli con quelle reali. Detto in altri termini, nei modelli si massimizza l'utilità (quantità convenzionale), non la felicità (quantità reale).