giovedì 28 novembre 2019

LA DECRESCITA DELLA SCIENZA

LA DECRESCITA DELLA SCIENZA
Se lo scontro classico è quello tra progressisti e conservatori, vi assicuro che ce n'è un altro più interessante, quello tra chi crede che il progresso ci sia e chi ormai non ci crede più mica tanto. In questi casi la materia del contendere è il progresso scientifico stesso. Esiste ancora?
Il partito del "no" sembra stia avendo la meglio. Nelle parole di Peter Thiel: "ci aspettavamo macchine volanti e abbiamo avuto i 140 caratteri". Le innovazioni che hanno accompagnato la rivoluzione industriale erano ben altra cosa rispetto alla molta fuffa attuale. Pensiamoci due volte prima di mettere soldi nella scienza, potrebbe essere uno spreco.
Cosa è andato storto?
C'è una disciplina che va sotto il nome di "scienza della scienza" e misura la produzione scientifica: numero di ricerche, numero di brevetti, ma anche età anagrafiche e zone geografiche più creative, oppure quante persone occorrono mediamente per partorire un'idea degna di nota. Roba del genere, insomma. Gli indicatori generali su cui si ripercuote la produttività scientifica sono la produttività economica, la resa dei terreni, la speranza di vita la legge di Moore e altri ancora. Ecco, al netto di tutte le difficoltà definitorie, la produttività scientifica risulterebbe in calo piuttosto marcato, anche se la produzione aggregata non sembra ancora risentirne.
Il rallentamento è comunque una cattiva notizia visto che ci sono mega-problemi ancora inevasi come il cambiamento climatico e la residua povertà.
Se la qualità organizzativa della ricerca migliora, non c'è dubbio che oggi ci sia più burocrazia. Ma lo spettro è quello di rendimenti fisiologici decrescenti: abbiamo già colto i frutti sui rami bassi. Nel qual caso pensare ad un disinvestimento non sarebbe tanto assurdo.