CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 20/09/2006 19:19
Se preciso a me stesso la nozione di "consumo" molte cose che ho in testa si dispongono in modo imprevisto.
In fondo noi viviamo per consumare, chi puo' negarlo?
Sì, in effetti qualcuno vive anche per salvarsi l' anima. In questi casi tutto viene valutato in relazione ad una realtà soprannaturale.
Ma chi ama la vita vive anche e soprattutto per consumare.
Per "consumo", sia chiaro, intendo tutte le attività distinte da quella produttiva.
Qualcuno ha detto correttamente che chi non vive per il consumo è un alienato. Per costui l' attività produttiva avrebbe la precednza rovesciando l' ordine naturale del ciclo. Costui mangia per lavorare anzichè viceversa. Inverte i fini con i mezzi.
Ora, per non scadere in un gretto materialismo, veniamo a dei consumi particolari che, di primo acchito, non sembrerebbero classificabili come tali.
Mi fermo a meditare l' infinito di Leopardi e ne traggo grande giovamento.
Ecco una tipica attività attraverso la quale molti consumano (il proprio tempo).
Se leggo un sonetto di Shakespeare coltivo il mio spirito e la cosa puo' venirmi buona anche quando sono in ufficio.
Ma non è certo questa la funzione principale di quella lettura.
Innanzitutto io miro ad un godimento estetico e ad una realizzazione interiore immediata.
Il sonetto è dunque un bene di consumo e non di investimento.
Questa distinzione (consumo/investimento) io la manterrei, la trovo ancora ragionevole.
I tentativi di sopprimerla sono ingegnosi ma quasi mai riusciti.
Del resto i più impegnati nel sopprimerla sono i letterati, e i letterati falliscono spesso nel dar conto della società in cui vivono.
Quest' ultimo è un giudizio un po' pepato. Ma se non azzardiamo qua...
Quando consumo, come dice Michela, esprimo anche il mio voto. Tramite il pagamento rendo più potente chi soddisfa i miei bisogni.
Non piovendo dal cielo, questo voto sarà più responsabile ed esprimerà al meglio la mia personalità.
C' è un' eccezione: colui che ama il proprio lavoro.
In questo caso saremmo di fronte ad un "godimento produttivo". Che fortunato questo signore.
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 21/09/2006 14:57 Produci, consuma, crepa.
Non è poi così male rispetto all' alternativa, ovvero: produci e crepa.
Non capisco poi l' opposizione tra "bisogni" e "consumi". Come se fossero in competizione. Il consumo è l' attività mediante la quale si soddisfa un bisogno.
Qualcuno ha sollevato il problema dell' aria e di come stia diventando un bene prezioso. E' vero! Di aria pulita ce n' è poca poichè non la si può vendere.
Bisognerebbe ovviare a questo inconveniente. Ma come fare a renderla negoziabile? Le idee ci sarebbero. Una fra tante: i pedaggi stradali telematici. Purtroppo gli interessi in ballo sono consistenti e la fattibilità di progetti ragionevoli è scarsa.
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 21/09/2006 18:56 La teoria dei bisogni indotti non mi ha mai convinto.
Comincio con il dire che la domanda "di cosa ho bisogno?" ha senso. I can get no satisfaction. E' forse un sentimento inventato? Direi di no visto che è stato il sentimento di un' intera generazione.
Se altri, nel loro interesse, senza frodi o inganni, ci aiutano a rispondere, significa forse che un bisogno viene creato dal nulla?
No, molto più semplice considerare questo movimento come una scoperta: un mio bisogno viene scoperto. Meglio l' ignoranza?
Vista così tutta la fattispecie mi sembra inquadrata in modo più ragionevole, alla teoria dei bisogni indotti non resterebbe che uno spazio residuale.
Inoltre non si dilapida quel bene prezioso che per me è l' architrave della società: la responsabilità personale.
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 21/09/2006 21.08
Dicono che sulla questione ambientale il consumatore venga posto di fronte a due strade.
Combattere le cause dell' inquinamento consumando beni ecologici (es. auto a idrogeno).
Combattere gli effetti dell' inquinamento consumando beni resilienti (es. condizionatore).
Per vari motivi sia etici che utilitaristici trovo che la seconda strada sia più ragionevole.
Ad Antonio vorrei dire, in effetti per alcuni beni si realizza un marketing più pressante.
Ma questo si spiega con il fatto che alcuni produttori subiscono una maggiore concorrenza e anche una maggiore attenzione da parte del consumatore.
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 22/09/2006 10:44 Viene prodotta troppa merce? siamo soggetti ad una iper produzione?
E' una domanda troppo complessa a cui rispondere.
Per farlo non posso certo basarmi sul fatto che altri utilizzano merce che io non utilizzerei mai!
Starei più tranquillo se si riuscisse a fare in modo che i costi dell' eventuale iperproduzione vengano sopportati da chi l' ha realizzata.
Siccome in una società libera la merce in eccesso coincide con quella che nessuno vuole, tale merce resterà invenduta e graverà sul groppone di chi l' ha prodotta sbagliando i suoi calcoli.
In questo senso siamo garantiti.
Michela dice "i bisogni indotti esistono, lo sanno bene i grandi strateghi del marketing...".
Ma la funzione degli strateghi del marketing è perfettamente coerente con la teoria dei bisogni NON indotti (vedi sopra).
Michela, tu dici che perdi il tuo tempo nel forum a discapito dell' azienda per cui lavori. Se entri in rete per un tuo piacere personale allora stai "consumando".
La cosa torna utile in modo rilevante all' azienda? Anche qui un bel problema.
Ma c' è una buona e ragionevole soluzione, basta vedere se l' azienda ti paga per passare così il tuo tempo.
Naturalmente devi considerare che alla tua azienda torna utile (in modo decisivo) anche se tu ti nutri come si deve.
Come potresti recarti al lavoro se non mangiassi? Ma per questo non ti paga. Sa benissimo che sulla questione il tuo interesse di consumatrice prevale su quello del produttore
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 22/09/2006 19:36 In effetti qualcosa non torna con Michela.
Secondo te sono indotti tutti i bisogni che non siano primari.
Ma questo non è cio' che si intende comunemente.
Indotto è il bisogno che in realtà non esiste.
Mentre i bisogni non primari esistono eccome (ammesso e non concesso che abbia senso l' espressione "bisogno primario"!!).
Per avere bisogni indotti è necessario postulare che il consumatore non sia in grado di intendere e di volere. Oppure che subisca un inganno.
Così correttamente definito per me è facile dimostrare che si tratta di una falsa nozione da abbandonare quanto prima per un corretto sviluppo del ragionamento.
Anche perchè, una volta accettata la teoria, le conseguenze potrebbero essere spiacevoli. L' alternativa sarebbe che una autorità tirannica stabilisca quali siano i tuoi "reali" bisogni.
Questa alternativa mi è antipatica di brutto.
No, no, meglio prendere la nozione di "bisogno indotto" e buttarla nello sciacquone (insieme ai tiranni che porta con sè).
Abbiamo già visto come un bene come l' aria sia minacciato dal fatto di non essere negoziabile. Quelle dinamiche perverse potrebbero essere estese al nostro dialogo, cara michela.
Nel dialogo, infatti, ci facciamo dono reciproco delle nostre idee. Io ti regalo le mie.
Probabilmente non hanno molto valore poichè le regalo a destra e a manca.
Ma se avessi un' idea particolarmente brillante la coprirei con il diritto d' autore (o con il brevetto) al fine di farmela pagare limitandone la circolazione.
Se non potessi fare tutto cio' eviterei fin dal principio ogni sforzo e ogni investimento per produrre idee innovative.
Non è un caso che le società in cui esiste l' istituto del brevetto siano anche più innovative (con più idee originali prodotte).
Se preciso a me stesso la nozione di "consumo" molte cose che ho in testa si dispongono in modo imprevisto.
In fondo noi viviamo per consumare, chi puo' negarlo?
Sì, in effetti qualcuno vive anche per salvarsi l' anima. In questi casi tutto viene valutato in relazione ad una realtà soprannaturale.
Ma chi ama la vita vive anche e soprattutto per consumare.
Per "consumo", sia chiaro, intendo tutte le attività distinte da quella produttiva.
Qualcuno ha detto correttamente che chi non vive per il consumo è un alienato. Per costui l' attività produttiva avrebbe la precednza rovesciando l' ordine naturale del ciclo. Costui mangia per lavorare anzichè viceversa. Inverte i fini con i mezzi.
Ora, per non scadere in un gretto materialismo, veniamo a dei consumi particolari che, di primo acchito, non sembrerebbero classificabili come tali.
Mi fermo a meditare l' infinito di Leopardi e ne traggo grande giovamento.
Ecco una tipica attività attraverso la quale molti consumano (il proprio tempo).
Se leggo un sonetto di Shakespeare coltivo il mio spirito e la cosa puo' venirmi buona anche quando sono in ufficio.
Ma non è certo questa la funzione principale di quella lettura.
Innanzitutto io miro ad un godimento estetico e ad una realizzazione interiore immediata.
Il sonetto è dunque un bene di consumo e non di investimento.
Questa distinzione (consumo/investimento) io la manterrei, la trovo ancora ragionevole.
I tentativi di sopprimerla sono ingegnosi ma quasi mai riusciti.
Del resto i più impegnati nel sopprimerla sono i letterati, e i letterati falliscono spesso nel dar conto della società in cui vivono.
Quest' ultimo è un giudizio un po' pepato. Ma se non azzardiamo qua...
Quando consumo, come dice Michela, esprimo anche il mio voto. Tramite il pagamento rendo più potente chi soddisfa i miei bisogni.
Non piovendo dal cielo, questo voto sarà più responsabile ed esprimerà al meglio la mia personalità.
C' è un' eccezione: colui che ama il proprio lavoro.
In questo caso saremmo di fronte ad un "godimento produttivo". Che fortunato questo signore.
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 21/09/2006 14:57 Produci, consuma, crepa.
Non è poi così male rispetto all' alternativa, ovvero: produci e crepa.
Non capisco poi l' opposizione tra "bisogni" e "consumi". Come se fossero in competizione. Il consumo è l' attività mediante la quale si soddisfa un bisogno.
Qualcuno ha sollevato il problema dell' aria e di come stia diventando un bene prezioso. E' vero! Di aria pulita ce n' è poca poichè non la si può vendere.
Bisognerebbe ovviare a questo inconveniente. Ma come fare a renderla negoziabile? Le idee ci sarebbero. Una fra tante: i pedaggi stradali telematici. Purtroppo gli interessi in ballo sono consistenti e la fattibilità di progetti ragionevoli è scarsa.
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 21/09/2006 18:56 La teoria dei bisogni indotti non mi ha mai convinto.
Comincio con il dire che la domanda "di cosa ho bisogno?" ha senso. I can get no satisfaction. E' forse un sentimento inventato? Direi di no visto che è stato il sentimento di un' intera generazione.
Se altri, nel loro interesse, senza frodi o inganni, ci aiutano a rispondere, significa forse che un bisogno viene creato dal nulla?
No, molto più semplice considerare questo movimento come una scoperta: un mio bisogno viene scoperto. Meglio l' ignoranza?
Vista così tutta la fattispecie mi sembra inquadrata in modo più ragionevole, alla teoria dei bisogni indotti non resterebbe che uno spazio residuale.
Inoltre non si dilapida quel bene prezioso che per me è l' architrave della società: la responsabilità personale.
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 21/09/2006 21.08
Dicono che sulla questione ambientale il consumatore venga posto di fronte a due strade.
Combattere le cause dell' inquinamento consumando beni ecologici (es. auto a idrogeno).
Combattere gli effetti dell' inquinamento consumando beni resilienti (es. condizionatore).
Per vari motivi sia etici che utilitaristici trovo che la seconda strada sia più ragionevole.
Ad Antonio vorrei dire, in effetti per alcuni beni si realizza un marketing più pressante.
Ma questo si spiega con il fatto che alcuni produttori subiscono una maggiore concorrenza e anche una maggiore attenzione da parte del consumatore.
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 22/09/2006 10:44 Viene prodotta troppa merce? siamo soggetti ad una iper produzione?
E' una domanda troppo complessa a cui rispondere.
Per farlo non posso certo basarmi sul fatto che altri utilizzano merce che io non utilizzerei mai!
Starei più tranquillo se si riuscisse a fare in modo che i costi dell' eventuale iperproduzione vengano sopportati da chi l' ha realizzata.
Siccome in una società libera la merce in eccesso coincide con quella che nessuno vuole, tale merce resterà invenduta e graverà sul groppone di chi l' ha prodotta sbagliando i suoi calcoli.
In questo senso siamo garantiti.
Michela dice "i bisogni indotti esistono, lo sanno bene i grandi strateghi del marketing...".
Ma la funzione degli strateghi del marketing è perfettamente coerente con la teoria dei bisogni NON indotti (vedi sopra).
Michela, tu dici che perdi il tuo tempo nel forum a discapito dell' azienda per cui lavori. Se entri in rete per un tuo piacere personale allora stai "consumando".
La cosa torna utile in modo rilevante all' azienda? Anche qui un bel problema.
Ma c' è una buona e ragionevole soluzione, basta vedere se l' azienda ti paga per passare così il tuo tempo.
Naturalmente devi considerare che alla tua azienda torna utile (in modo decisivo) anche se tu ti nutri come si deve.
Come potresti recarti al lavoro se non mangiassi? Ma per questo non ti paga. Sa benissimo che sulla questione il tuo interesse di consumatrice prevale su quello del produttore
CONSUMO E IDENTITÀ" ric - 22/09/2006 19:36 In effetti qualcosa non torna con Michela.
Secondo te sono indotti tutti i bisogni che non siano primari.
Ma questo non è cio' che si intende comunemente.
Indotto è il bisogno che in realtà non esiste.
Mentre i bisogni non primari esistono eccome (ammesso e non concesso che abbia senso l' espressione "bisogno primario"!!).
Per avere bisogni indotti è necessario postulare che il consumatore non sia in grado di intendere e di volere. Oppure che subisca un inganno.
Così correttamente definito per me è facile dimostrare che si tratta di una falsa nozione da abbandonare quanto prima per un corretto sviluppo del ragionamento.
Anche perchè, una volta accettata la teoria, le conseguenze potrebbero essere spiacevoli. L' alternativa sarebbe che una autorità tirannica stabilisca quali siano i tuoi "reali" bisogni.
Questa alternativa mi è antipatica di brutto.
No, no, meglio prendere la nozione di "bisogno indotto" e buttarla nello sciacquone (insieme ai tiranni che porta con sè).
Abbiamo già visto come un bene come l' aria sia minacciato dal fatto di non essere negoziabile. Quelle dinamiche perverse potrebbero essere estese al nostro dialogo, cara michela.
Nel dialogo, infatti, ci facciamo dono reciproco delle nostre idee. Io ti regalo le mie.
Probabilmente non hanno molto valore poichè le regalo a destra e a manca.
Ma se avessi un' idea particolarmente brillante la coprirei con il diritto d' autore (o con il brevetto) al fine di farmela pagare limitandone la circolazione.
Se non potessi fare tutto cio' eviterei fin dal principio ogni sforzo e ogni investimento per produrre idee innovative.
Non è un caso che le società in cui esiste l' istituto del brevetto siano anche più innovative (con più idee originali prodotte).