APPELLO AL BIAS
La saggistica ci propone da anni libri sui “bias cognitivi”, l’argomento è stato sviscerato in lungo e in largo, eppure manca ancora all’appello un bias in cui mi imbatto regolarmente, lo definirei “appello al bias”. Mi spiego meglio con tre esempi (che vanno presi come esempi!!!, non discussi nel merito).
1) Se dico che la pena di morte è sbagliata c’è sempre chi risponde: “vorrei vedere se uccidessero tuo figlio cosa augureresti agli assassini…”. O qualcosa del genere.
2) Se difendo il diritto a migrare c’è sempre chi risponde: “vorrei vedere se un immigrato ti portasse via il lavoro…”. O qualcosa del genere.
3) Se dico che l’aborto è un crimine c’è è sempre chi risponde: “tu non puoi parlare perché non sei donna…”. O qualcosa del genere.
Insomma, chi afferma qualcosa viene poi rimproverato perché non si trova in una condizione vulnerabile a bias cognitivi. Non è paradossale?
Colui a cui hanno appena ucciso un figlio non è certo nelle condizioni ideali per riflettere serenamente sul problema della pena di morte.
Colui che subisce la concorrenza di un immigrato non ha la distanza giusta per inquadrare il problema dell’immigrazione in generale.
Le donne sotto pressione perché attendono un figlio indesiderato non sono certo i soggetti più affidabili da sentire in tema di aborto.
Eccetera.
Ora, io capirei se il rinvio a chi è più esposto ai bias cognitivi venisse fatto per giustificare i giudizi distorti di questi soggetti, invece, paradossalmente, viene fatto per “dimostrare” che tu, al riparo da quella condizione problematica, ti stai sbagliando!!
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