giovedì 28 febbraio 2019

COSA SIGNIFICA “AVERE UNA DIPENDENZA”?

COSA SIGNIFICA “AVERE UNA DIPENDENZA”?

Da profano direi che tutti noi siamo dipendenti da cio’ che ci piace.

Più amo fare qualcosa, più desidero farla ancora. Alcune cose, per esempio, mi piacciono ma alla lunga mi stufano, cosicché smetto di farle. Mi piace ascoltare una sinfonia di Beethoven ma alla lunga mi annoio, ascoltarne tre di fila rasenta il supplizio. Interpreto la cosa pensando che queste pratiche, per quanto deliziose, non sono in grado di prolungare il godimento che procurano. Altre lo sono.

Naturalmente l’attaccamento a cio’ che è in grado di prolungare la soddisfazione puo’ sortire effetti collaterali negativi: se uno non va al lavoro per sentire Beethoven sullo stereo la cosa avrà conseguenze. In questo caso possiamo dire che abbiamo una "dipendenza" da Beethoven?

Questo semplice schema si puo’ applicare bene anche nel caso dell’alcol, delle droghe, del fumo, del gioco… Eppure in questi - come in altri definiti “patologici” - mi si chiede di rinunciare allo schema base per adottare quello tipico delle “dipendenze”. Perché? C’è un valido motivo per cui dovrei farlo? Perché non posso semplicemente dire che fumare o drogarsi procura più piacere rispetto all’ascolto di Beethoven? Perché non ridurre la faccenda ad una mera quantità del godimento procurato? Oppure la presenza di inconvenienti muta la natura del fenomeno? Se fosse così ogni soggetto costituirebbe un caso a sé, il che mi sembra che non sia. Boh.

Non mi fido troppo degli psicologi ma sono disposto a sentire le loro.