L’ ELITE CELIBE
L’azione di Francesco sembra tutta tesa a privilegiare la
pastorale sulla dottrina, la prassi sulla teoria. In questi
casi consentire ai preti di metter su famiglia sarebbe la riforma delle
riforme.
La famiglia ci cala nella realtà e ci “modera”, il celibato ci
cala nelle profondità del pensiero e ci radicalizza.
Cattolici e buddisti non si sposano, forse per questo ci hanno
regalato le riflessioni contorte (al limite del nonsense) degli apologhi zen e
l’ astruso iper-razionalismo tomista.
L’ossessione per la ragione è tipica dei cattolici, te la puoi
permettere se nella tua casa non girano poppanti chiassosi. Un pastore
protestante si concede il lusso intellettuale di liquidare tutto con la “grazia”
e il “sola fide”, dopodiché puo’ dedicarsi alla spesa settimanale. Il prete
spostato è tutto dedito alla prosaica organizzazione della vita quotidiana, in
lui l’ortoprassi prende il sopravvento sull’ortodossia (una buona gita conta più
di una buona liturgia).
Guardate le vostre colleghe sul lavoro: quando arrivano i figli
tirano i remi in barca, non rischiano più, non intraprendono più. Chi prima
massimizzava la conoscenza ora massimizza la fattibilità, con loro non puoi più
intraprendere un discorso astratto… si distraggono subito.
Aristotele si sposò ed ebbe figli, Platone no: si vede di brutto
leggendo i loro libri.
Oggi ci si sposa e si hanno molti meno figli. Sono le premesse
per un nuovo radicalismo tecnocratico?