mercoledì 27 febbraio 2019

TROIE E PETTEGOLE

TROIE E PETTEGOLE

Macché patriarcato! Quello è affare recente che ci ha segnato ben poco. A dirlo è la nuova antropologia femminista, mica io.

Il pleistocene – l’epoca in cui si è plasmato il cervello con cui pensiamo ancora oggi – è donna!

Anche il nostro immaginario politico - di conseguenza - è donna! Prendi l’eguaglianza, tutti in qualche modo la auspicano (chi nei diritti, chi nelle opportunità, chi nei risultati…). Perché? Da dove deriva un simile desiderio che muove l’azione politica? Essenzialmente da due pratiche femminili.

1) Babysitting. L’appalto nella cura dei figli è da sempre il marchio di fabbrica delle nostre antenate: dovendo badare alla crescita di un organo ad altissimo consumo energetico come il nostro cervellone occorreva ottimizzare i tempi, il lussi delle altre scimmie a cervello ridotto a noi non erano concessi. In questo modo madre, figlia, sorelle, cugine, zie e nipoti intessevano una trama che ha fatto emergere quell’efficacissima arma di controllo sociale che è il pettegolezzo, una minaccia per il prepotente di turno che si trovava a fronteggiare un gruppo compatto e ben coordinato di femmine - a cui si univano presto anche i maschi parenti. Vita grama per i nostri alfa in cerca di privilegi.

2) Ovulazione nascosta. La difficoltà nel decifrare il periodo fertile della donna facilitava i tradimenti, altra arma potente. Due conseguenze, prima: quando la femmina umana si trovava in stato di bisogno – e con il fardello del “cervellone” da accudire la cosa accadeva spesso – poteva chiedere aiuto al primo disponibile elargendo favori sessuali. In queste condizioni la costruzione di un harem – come per esempio quello del nostro cugino gorilla schiena d’argento - diventava assai problematico; sarà possibile solo tardissimo con l’avvento di un’efficace tecnologia coercitiva e la selezione degli eunuchi. Inoltre, ogni maschio poteva con valide ragioni ritenere di avere figli nella comunità ed era quindi più disposto a difenderla coalizzandosi. Secondo: la legge dei corpi femminili (nota come “una donna, un pene”), favorendo il ricatto del tradimento, privilegiava i maschi disposti ad investire risorse nella cura dei piccoli anziché in avventure per generarne il più possibile con chiunque. Le basi egalitarie di una società dove pressappoco tutti i membri hanno figli mi sembrano evidenti.

Certo, l'uguaglianza deve molto anche al fatto che il nostro linguaggio simbolico favorisce l'intesa (dei deboli contro i forti), che il nostro occhio allungato si presta al "mind reading" e quindi al coordinamento dei molti contro i pochi (le altre scimmie hanno bottoni neri tutti uguali come gli occhiali del pokerista), che la capacità di scagliare proiettili facilità l'avvento della "legge di Colt" (= Dio creò l'uomo, Sam Colt lo rese uguale)... tutto vero, ma al centro resta la donna.