sabato 7 dicembre 2019

LA PARABOLA DI UN SOCIALISTA

David Brooks ha recentemente raccontato sul NYT la sua personale storia intellettuale, poiché la trovo edificante cerco di riproporla qui di seguito. Come molti giovani del suo tempo David non è stato attratto tanto dal socialismo quanto dalle belle definizioni che se ne davano, tipo quella di Michael Walzer, "ciò che tocca tutti dovrebbe essere deciso da tutti". Le decisioni delle grandi imprese "toccano" tutti? Sì? Ecco, allora dovrebbero essere prese da tutti realizzando una proprietà comune. Si deve decidere nell'interesse di tutti senza guardare alla massimizzazione dei profitti.
Se è per questo parole del genere fanno ancora vibrare il cuore di David. Il socialismo è la religione secolare più avvincente di tutti i tempi. Ti dà un ideale egualitario per cui sacrificarti e per cui vivere.
Le simpatie socialiste di un giovane così brillante non potevano sopravvivere a lungo una volta che, diventato giornalista, ha cominciato a guardare il mondo da vicino. Le parole di Walzer erano belle ma era palese che i burocrati di stato non fossero in grado di pianificare alcunché.
Al contrario, il capitalismo era davvero bravo a fare una cosa in cui il socialismo era decisamente inetto: creare un processo di apprendimento per aiutare le persone a capire i bisogni reciproci ed organizzarsi per soddisfarli. Se vuoi gestire una società di noleggio auto, il capitalismo ha un sacco di segnali di mercato, di prezzo e circuiti di feedback che ti fanno capire che tipo di auto le persone vogliono noleggiare, dove posizionare la tua impresa, quante auto ordinare e roba del genere.
Le economie socialiste pianificate - avendo la proprietà comune dei mezzi di produzione - interferiscono sui prezzi e gli altri segnali del mercato in milioni di modi. Sopprimono o eliminano i motivi di profitto, ovvero quelle ragioni che spingono le persone a imparare e migliorarsi. Non importa quanto siano poderosi i loro computer, il socialista non potrà mai raccogliere tutti i dati rilevanti per decisioni così complesse. Per esempio, non puo' permettersi di fallire mentre il fallimento d'impresa è l'anima del capitalismo.
Non c'è voluto molto per un giovane così brillante notare che il capitalismo aveva di recente assestato alla povertà il colpo più letale mai visto nella storia dell'uomo. Nel 1981, il 42 percento del mondo viveva in estrema povertà. Ora la quota non supera il 10 percento. Più di un miliardo di persone sono recentemente uscite da questa condizione.
Nei luoghi che hanno avviato le riforme del mercato, come la Corea del Sud e la Cina di Deng Xiaoping, si tende ad essere più ricchi e fieri. I luoghi che si sono invece spostati verso il socialismo - la Gran Bretagna negli anni '70, il Venezuela più recentemente - tendono inesorabilmente ad essere più poveri e miserabili.
Anche le condizioni ambientali sono molto migliori nelle nazioni capitaliste che in quelle socialiste. Le economie più libere del mondo sono luoghi come Hong Kong, Stati Uniti, Canada, Irlanda, Lettonia, Danimarca, Mauritius, Malta e Finlandia. Le nazioni nel quartile superiore in fatto di libertà economica hanno un PIL medio pro capite di $ 36.770. Quelle nel quartile inferiore arrivano a $ 6.140. Le persone nelle economie libere hanno un'aspettativa di vita di 79,4 anni. Nelle economie pianificate la media è di 65,2 anni. Non sono prove, sono indizi. Ma indizi pesanti, e andando avanti si accumulano. Vedete voi. Ad ogni modo David Brooks c'ha visto chiaro.
Nell'ultima generazione, il capitalismo ha abbattuto come non mai le disparità di reddito globale. Il rovescio della medaglia è che i lavoratori poco qualificati dell'occidente sono ora in competizione con i lavoratori in Vietnam, India e Malesia. La riduzione della disuguaglianza tra le nazioni ha portato all'aumento della disuguaglianza all'interno delle nazioni ricche, come Europa occidentale e Stati Uniti.
Inoltre, i livelli di istruzione e gli standard morali non hanno tenuto il passo con la tecnologia. Sempre più persone crescono in scuole inadeguate, in famiglie distrutte e in quartieri anonimi. Costoro trovano più difficile acquisire le abilità per diventare dei buoni capitalisti in miniatura. Il mercato è effettivamente chiuso a loro.
Questi problemi non sono segni che il capitalismo sia rotto. Sono segni che abbiamo bisogno di un capitalismo migliore per questa gente. Occorre un sostegno che al contempo non sia uno sfregio alla cultura capitalista del lavoro. Gli emigrati, per contro, non hanno problemi, pur essendo loro quelli messi peggio: toccano ogni giorno con mano il miracolo del capitalismo, lo fanno oggi, e magari lo fanno proprio nelle nostre città, a pochi metri da noi. Vivono in prima persona un miglioramento notevole delle loro condizioni di vita. David Brooks li vede indaffarati nelle loro botteghe precarie e non puo' che pensare alla sua famiglia ebrea appena sbarcata a NY.
David Brooks nota che le nazioni scandinave hanno livelli assistenziali elevati senza rinunciare alla cultura del lavoro: i loro mercati sono tra i più deregolamentati del mondo. L'unica ragione per cui possono permettersi di avere generosi stati sociali è che hanno anche mercati molto liberi. Non so se il loro modello si attagli a paesi più grandi e diversificati tuttavia il loro successo indica alcune verità: lo stato alimenta la prosperità quando aiuta le persone a diventare borghesi in miniatura, non quando attacca il capitalismo. Lo stato provoca incredibili livelli di miseria quando si spinge troppo avanti nei processi decisionali interferendo con la dinamica capitalista. Crea un'enorme sofferenza quando paralizza il sistema motivazionale che guida il capitalismo. Provoca un insanabile vulnus quando si intromette nel sistema di apprendimento reso possibile dai meccanismi di mercato.
Oggi l'ex socialista non ha più dubbi, il capitalismo non è una religione. Non salverà la tua anima, non esaudirà i desideri del tuo cuore. Ma in qualche modo susciterà le tue energie, ti farà alzare gli occhi e ti inserirà in un percorso permanente di apprendimento affinché tu conosca meglio le cose, ti possa migliorare e possa osare e osare ancora. Abbiamo bisogno di tanti tentativi e tanti errori per fare un passo in avanti stando dentro un mare di complessità, c'è bisogno del tentativo di tutti, di ognuno di noi.