giovedì 12 dicembre 2019

PERCHE' LA COSTITUZIONE NON LEGITTIMA NESSUNO.

PERCHE' LA COSTITUZIONE NON LEGITTIMA NESSUNO.
La Costituzione italiana è forse il "contratto" che tiene assieme gli italiani?
Contratto de che? Io non ho firmato nulla!
Fa niente, dicono con sussiego i teorici del contratto sociale, è il "contratto" che gli individui avrebbero firmato in certe condizioni ipotetiche. Per quello sono state usate le virgolette, cosa ti credevi? Solo così, infatti, possiamo immaginare una società giusta.
Bè, in questo caso le cose cambiano. Anche se una resta ferma: i "teorici del contratto sociale" sono dei gran paraculi: il loro approccio li esenta dalla ricerca di prove empiriche a sostegno. A loro basta e avanza essere persuasivi sostenendo che "le persone avrebbero accettato se...". E' facile prevedere che chi dissente da loro difficilmente "avrebbe accettato". Ma loro hanno la risposta pronta. Leggete e la scoprirete.
Tanto per cominciare osserverei che si tratta comunque di un approccio lontano dal senso comune: in genere sono le promesse che uno fa a vincolarlo, non quelle che "avrebbe fatto se...". La violenza è legittimata solo dai fatti, non dalle ipotesi.
Ma un contrattualista potrebbe invitarti a lasciar perdere le promesse e considerare piuttosto questa analogia: supponiamo che un paziente incosciente sia stato portato in ospedale bisognoso di un intervento chirurgico. In circostanze normali, i medici devono ottenere da lui il consenso informato. Ma nel nostro caso non puo' darlo. Che fare? E' giusto presumere che acconsentirebbe alla procedura di salvataggio se fosse in grado di farlo. E' il nostro caso! Dobbiamo immaginare "cosa avrebbe risposto se...".
Non proprio, l'analogia zoppica: I cittadini di un determinato paese non sono né tramortiti né mentalmente incompetenti. Nel caso trattato, invece, l'ottenimento del consenso era impossibile. Inoltre, anche ricorrendo al consenso ipotetico del malato, questo deve essere comunque informato ai valori e alle credenze filosofiche che la persona professava nella sua vita. Per esempio, il medico curante, a causa della sua familiarità con il paziente, potrebbe essere consapevole che il paziente ha forti obiezioni religiose a subire certi trattamenti.
A questo punto interverrebbe con foga Thomas Nagel: ma quando un sistema rigorosamente volontario è irrealizzabile, un'approssimazione diventa accettabile. Ad esempio, proseguirebbe Nagel, potremmo presumere che le parti dell'accordo ipotetico siano più informate, più eque e più razionali delle persone reali. Persone del genere troverebbero un accordo che noi possiamo inferire facendo appello appunto alla ragione, un po' come inferiamo le risposte che ci avrebbe dato il paziente in coma facendo appello alla sua vita vissuta.
Avete notato che le parti del contratto "nageliano" sembrano tutte fatte con lo stampino? Ma se perdiamo per strada le differenze perdiamo le persone stesse. Le persone ragionevoli possano avere persistenti differenze religiose/filosofiche. Perché no? Troppo facile pensare ad un accordo chiuso tra gemelli identici. Lo stampino di Nagel è qualcosa di più di un'approssimazione. L'identità abolisce la diversità. La ragione è sempre incarnata in una vita concreta.
Ma i contrattualisti sono degli inguaribili ottimisti: per loro, non solo l'accordo verrà chiuso, ma sarà anche di un certo tipo. Devo ammettere che anch'io mi mostrerei fiducioso quando sono esentato dal fornire ogni prova a riguardo. D'altronde, i contrattualisti non fanno alcun serio sforzo per dimostrare che i sistemi politici reali si avvicinano in qualche modo al loro modello. L'omissione si spiega con il fatto che, in realtà, nessun governo soddisfa le loro condizioni di legittimità. Oppure, guardando le cose in altro modo, tutti le soddisfano! Il che è ancora peggio come vedremo.
Quando, per esempio, Nagel si chiede come sarebbero ripartite le risorse in una società ideale fa i due casi estremi: egalitarismo completo e zero ridistribuzione. Il modello contrattualista, a quanto pare, ricadrebbe in questo ampissimo intervallo. Non ha null'altro da aggiungere. Grazie al cazzo. Il contrattualismo, in sintesi, "dimostra troppo", dimostra tutto! Tutto potrebbe essere coerente con il contrattualismo, anche la dittatura di Bokassa. D'altronde il contrattualismo nasce proprio per giustificare razionalmente la tirannia: senza il tiranno la nostra vita sarebbe breve e crudele. Ricordate?
John Rawls, di gran lunga il contrattualista più famoso del nostro tempo, è ancora più ottimista e vago del contrattualista medio. Descrive a lungo come anche persone con differenti concezioni religiose arriverebbero ad aderire al suo modello specifico (che vedremo dopo). Persino gli utilitaristi, secondo lui, dovrebbero unirsi entusiasti alla sua proposta. Purtroppo, non fornisce ragioni sul perché questo dovrebbe succedere. Spiega, spiega, spiega... e non argomenta mai.
Ma faccio una concessione a Nagel e Rawls: si sono concentrati sui principi di giustizia distributiva, un'area, lo ammetto, altamente controversa. Forse avrebbero avuto più successo se si fossero limitati a confutare, che ne so, l'anarchismo. Tuttavia, è difficile che la legittimità di un governo prescinda dal contenuto delle sue politiche.
Analogia: immagina che un individuo desideri imbiancare la sua casa di bianco, ma l'imbianchino gliela dipinge di verde. Che senso ha affermare che l'imbianchino ha sbagliato colore - capita - ma era comunque legittimato nella sua opera? Nessuno. Sarebbe stato meglio che l'imbianchino non avesse mai messo mano ai pennelli.
Anche nella confutazione dell'anarchia il contrattualista porta un contributo trascurabile.
Ma il contrattualista è messo male anche rispetto al razionalista puro e semplice il quale, almeno, potrebbe dire che gli uomini in disaccordo con la sua società ideale si sbagliano. Sarebbe comunque un modo coerente di presentare la sua proposta. Il contrattualista no, non puo' nemmeno fare questo! Il suo modello, infatti, si fonda sul consenso generale, a prescindere dagli errori di valutazione dei singoli. Sono loro stessi ad aver stabilito come condizione di legittimità che tutte le persone ragionevoli concordino su un determinato contratto sociale.
Propongo adesso alcune analogie per pensare meglio l' idea di contratto ipotetico.
Analogia (1). Immagina che un datore di lavoro si avvicini a un potenziale dipendente con un'offerta di lavoro del tutto equa, ragionevole e attraente, magari anche generosa. Se il lavoratore fosse pienamente informato, razionale e ragionevole, accetterebbe l'offerta di lavoro. Tuttavia, il datore di lavoro non ha il diritto etico di costringere il potenziale dipendente ad accettare!
Altra analogia (2): non è consentito al medico di imporre con la violenza un certo trattamento, anche qualora sia irragionevole rifiutarlo.
Intuizioni contrastanti possono essere tratte da un' analogia (3) più problematica. Un naufragio ha bloccato un certo numero di persone su un'isola finora disabitata. L'isola ha una scorta limitata di selvaggina che deve essere preservata dall'estinzione. I naufraghi devono razionare attentamente il diritto alla caccia. Tuttavia, un passeggero rifiuta di accettare tale limite. Sembra plausibile che gli altri possano intervenire con la forza nei suoi confronti.
Differenze tra le varie analogie. Nel caso del contratto di lavoro assistiamo al sequestro di una risorsa vitale - il lavoro del dipendente assunto con la forza. Nel caso dell'isola, invece, sulla risorsa contesa è plausibile attribuire un diritto collettivo. Qual è l'analogia più pertinente? L'ipotetico contratto sociale è chiaramente più simile al caso del contratto di lavoro. Lo stato, infatti, rivendica per se una parte dei guadagni di tutte le persone, qualcosa che fino a tale rivendicazione è chiaramente di pertinenza dei singoli. Ciò che l'ipotetica teoria del contratto fornisce, quindi, è una morale doppia in cui il governo gode di privilegi da cui le persone sono escluse. Esattamente come nel caso fatto il datore di lavoro godrebbe di privilegi ingiustificati nei confronti del lavoratore.
Discuterò ora un contratto ben preciso, quello ideato da John Rawls. Lo studioso escogita uno scenario ipotetico, quello della "posizione originale", in cui gli individui chiudono un accordo sui principi di base per governare la loro società. Si presume che questi individui siano motivati ​​esclusivamente dall'interesse personale, ma siano anche "disincarnati", ovvero privi ​​di ogni conoscenza circa la loro condizione nel mondo reale. Questa situazione è nota come il "velo dell'ignoranza".
Secondo Rawls le persone in questa posizione originale selezionerebbero due principi da mettere alla base di ogni società: 1) massimizzazione della libertà individuale + 2) massimizzazione della condizione materiale di chi sta peggio.
Sempre secondo Rawls, l'accordo chiuso sarà equo perché, nella posizione originale, nessuno è in grado di tramare per favorire la sua condizione particolare. Ogni aspetto arbitrario verrà tralasciato per far emergere una specie di "ragione disincarnata". Sarà insomma un modo per "equalizzare" la fortuna e neutralizzare così la lotteria dei talenti.
Ma un simile accordo verrebbe davvero chiuso? Dubitare è lecito. Rawls presume che, una volta che tutte le inclinazioni particolari e tutte le caratteristiche individuali siano eliminate, le persone razionali si lasceranno convincere dagli stessi argomenti. Il disaccordo, per Rawls, è dovuto interamente a fattori come l'ignoranza, l'irrazionalità e i pregiudizi creati dalla propria condizione specifica.
Purtroppo, nella storia delle idee c'è una larga evidenza fattuale che contrasta con questo assunto. Anche al di fuori della filosofia politica, i filosofi svolgono dibattiti interminabili in epistemologia, etica e metafisica, alcuni dei quali sono millenari. Pensare ad un accordo finale sembra irrealistico. Una diagnosi più plausibile di disaccordi filosofici così diffusi e persistenti è che gli esseri umani sperimentino intuizioni soggettive differenti, e che sia inconcepibile una "ragione disincarnata". In ogni ragionamento i partecipanti hanno sempre un irriducibile "a priori" che riflette la loro vicenda personale.
Considera, per esempio, un disaccordo di particolare interesse, quello tra anarchici e sostenitori della legittimità di un governo. Non c'è motivo di pensare che questo disaccordo evapori una volta che i contendenti siano posti dietro il velo dell'ignoranza. Gli anarchici non sono in disaccordo con i non-anarchici per un qualche interesse particolare, non è che qualcuno stia manomettendo a proprio vantaggio i principi morali. Le due fazioni sono semplicemente separate da un'intuizione etica diversa.
Per validare il suo contratto ipotetico Rawls non fa altro che definirlo "equo". Ma perché un contratto equo dovrebbe essere valido?
Esempio: immagina che Susanna faccia un'offerta per comprare l'auto di Giovanni. Data la condizione dell'auto l'offerta è del tutto corretta. Tuttavia, Giovanni si rifiuta di vendere. Ha forse agito in modo immorale perché non ha chiuso un contratto equo? Non direi. Altro esempio: immagina che Giovanni vinca alla lotteria, sarebbe equo che dia anche a Susanna. Ma è moralmente obbligato a chiudere un simile accordo con lei? Non direi.
Come mostrano questi esempi, il fatto che un accordo ipotetico sia equo non crea un obbligo ad agire, né crea un diritto etico alla coercizione. Ma Rawls replica che i suoi principi di giustizia si applicano solo ai problemi di autorità politica. Una risposta assai debole. Le dimensioni dei soggetti non mutano la natura dell'accordo. Se il datore di lavoro è una SNC o una multinazionale non muta le conclusioni sopra raggiunte.
Siamo alle solite, Rawls non fa un passo fuori dalla gabbia dove si è infilato se non dice chiaramente che gli uomini con la pettorina "stato" posseggono uno status morale superiore. Cosa che, evidentemente, non potrà mai dire.
Torniamo all'assunto centrale di Rawls: i ragionamenti morali sono validi se non vengono influenzati dall'interesse personale e dalle inclinazioni particolari del soggetto. Ma se si tolgono interessi ed inclinazioni cosa resta? La ragion pura? Io non riesco a concepirla tutta sola in una dimensione platonica. Se a un masochista piace soffrire applicherà la sua ragione a questa sua preferenza. Nel ragionamento etico rientrano sempre delle informazioni almeno in parte soggettive. Ma Rawls ha fatto sparire il soggetto! La sua posizione originale incarna solo alcune condizioni necessarie per l'affidabilità del ragionamento normativo, non condizioni sufficienti poiché la ragione pura non è mai sufficiente nemmeno a muovere un dito.
Detto questo, occorre aggiungere che dalle premesse poste da Rawls non discendono necessariamente le sue conclusioni, ovvero il contratto che ho descritto sopra. La contro evidenza è corposa: ci sono una marea di filosofi che hanno raggiunto conclusioni alternative eliminando dal loro ragionamento passioni, inclinazioni e interessi. Questi filosofi abbracciano convinti utilitarismo, egalitarismo, libertarismo o anarchismo senza violare i vincoli tanto cari a Rawls.
Passo e chiudo.