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CONTARE I CORPI
CONTARE I CORPI
Gli economisti predicano che gli incentivi pesano, e questo è in buona parte vero. Ma la pretesa della meritocrazia va oltre, pensa che gli incentivi siano quantificabili. E questo è decisamente meno vero. Le statistiche fuorvianti sono la premessa a cattive organizzazioni, e tutte le statistiche sono fuorvianti se non vengono saggiamente interpretate.
Vogliamo controllare tutto e cadiamo nell' "illusione del controllo". Durante la guerra del Vietnam, il segretario alla Difesa Robert McNamara fece affidamento su misure quantitative, incluso il famigerato "conteggio dei corpi". I corpi dei Viet-cong segnalando ai comandi il "progresso" delle operazioni militari. Poi si è scoperto che questi erano indicatori sbagliati, ma la guerra era ormai perduta.
Purtroppo, gli indicatori meritocratici sono quasi sempre sbagliati. Dirlo non offende il meritevole, offende il meritocratico, una cosa ben diversa.
In città furoreggiava una scuola elementare in cui i punteggi medi dei test erano i più alti del comprensorio. Si erano addirittura alzati i prezzi delle case di quel quartiere! Si è scoperto che il risultato veniva ottenuto dagli amministratori della scuola dicendo agli studenti più deboli di rimanere a casa il giorno del test. Il provveditorato pubblicizzando i punteggi dei test pensava di incoraggiare una sana competizione tra le scuole, pensava cioè di promuovere la "meritocrazia". E guai a chi si opponeva.
I problemi con i target quantitativi sono ben noti. Il primo è ciò che Muller chiama "deviazione dagli obiettivi". In una situazione complessa, come la guerra del Vietnam, ci sono molti obiettivi intermedi da raggiungere. Puntare l'attenzione solo su quelli "quantificabili" azzera l'attenzione sugli altri, che magari sono anche più importanti. Contare i cadaveri dei viet-cong è facile ma misurare quanto fanno i soldati per conquistare i cuori e le menti della popolazione locale molto meno. Se dalla macchinetta conta-cadaveri dipende la tua carriera di soldato, le energie per farsi ben volere dagli indigeni vengono dirottate sulla mitragliatrice.
L'altro problema è quello che Muller chiama "corruzione", qui l'obiettivo numerico viene raggiunto imbrogliando. L'esempio della "scuola modello" parla chiaro.
Sia la "deviazione" che la "corruzione" hanno avuto un ruolo importante nella crisi finanziaria del 2008. La "deviazione" è cominciata fissando come obbiettivo misurabile il numero di mutui concessi affinché si rendesse il bene "casa" più accessibile (un desiderio della politica). Ma questo ha distolto l'attenzione sulla valutazione di affidabilità del mutuatario. La "corruzione" si è resa visibile nel modo in cui le banche hanno aggirato le incasinatissime norme sulla consistenza patrimoniale imposte dall' autorità di regolamentazione con le solite risibili formulette.
La "meritocrazia" non ha grande spazio nel privato. In effetti, la maggior parte delle aziende non fa affidamento solo sulle formule per stabilire i compensi. Di solito viene data ai supervisori la libertà di giudizio nel fissare i bonus e gli adeguamenti salariali dei dipendenti. Questo perché le formule non possono catturare tutti gli obiettivi incorporati nella complessa vita aziendale. I supervisori più vicini al dipendente sono in una posizione migliore per valutare vari fattori, soprattutto i contributi difficili da quantificare. E anche quando si lega in parte il compenso a una formula, si armeggia su quella formule di anno in anno. Più a lungo si persiste con la medesima formula, più modi verranno escogitati per aggirare il sistema.
L'organizzazione scolastica americana - quella che più ha puntato sui test - si è comportata come se le scuole avessero un controllo completo sull'apprendimento degli studenti, e che quindi la loro opera si riflettesse nei punteggi dei test, ma la ricerca suggerisce il contrario. I politici americani hanno agito sotto la classica "illusione del controllo". A mio parere gli insegnanti non dovrebbero essere responsabili nei confronti di un ufficio statistico centralizzato, meglio sarebbe invece che siano valutati da colleghi, superiori e genitori. In particolare questi ultimi, ovvero i clienti. Se lascio mio figlio nelle mani di un cattivo insegnante, sono il primo a pagarne le conseguenze (se invece un sistema burocratico non riesce a rimuovere un cattivo insegnante, il progettista del sistema non subisce conseguenze). Obiezione fondata: ai genitori interessa più il voto della preparazione! Vero, ma questo è un problema che riguarda la funzione della scuola - i dubbi che abbia una reale funzione formativa sono legittimi - non la meritocrazia.
Gli esseri umani sono individui autonomi difficili da controllare con una macchinetta. I manager di successo lo comprendono e imparano a convivere con le limitazioni implicite alla loro condizione di boss. Sanno che non possono misurare le prestazioni dei sotto posto con precisione o progettare un sistema di incentivi perfetto. Invece di attenersi rigidamente ai sistemi formali, i dirigenti di successo danno l'esempio e incoraggiano i subordinati a esercitare la loro autonomia e il loro giudizio. Ma per i lavoratori dello stato l'autonomia di giudizio diventa più facilmente arbitrio e favoritismo, per questo lì la propensione all'utilizzo delle formule per determinare i compensi è tanto diffusa. Non essendoci rimedi sarebbe meglio limitare i compiti da affidare a organizzazioni del genere. Considerato che questa alternativa è un po' troppo radicale, forse il criterio dell'anzianità resta quello che fa meno danni.
Sfortunatamente, i politici che mostrano sicurezza e dominio della situazione vengono premiati dall'elettore e gli economisti che attraggono maggiormente questi politici sono quelli che brandiscono con sicumera le formulette verso cui questo libro lancia l'allarme. Un allarme che per me sembra inutile visto che il vero nemico, ovvero cio' che viene chiamata "illusione di controllo", è un realtà lo stendardo principe di chi si presenta alle elezioni.
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