SCIENZIATO CURA TE STESSO
Gli scienziati conoscono l'arte di correggere: correggono i profani, correggono le distorsioni della statistica, correggono le imperfezioni nei loro strumenti di misurazione... Correggono tutto tranne il loro cervello. Eppure anche il loro cervello funziona con algoritmi statistici, anche il loro cervello è uno strumento di misurazione
I pregiudizi cognitivi sono come le illusioni ottiche. Se il tuo cervello funziona normalmente, il quadrato etichettato con la A nell'immagine qui in fondo ti sembrerà più scuro del quadrato etichettato con la B. Purtroppo (per il tuo cervello), dall'analisi dei pixel, si vede che questi quadrati hanno esattamente lo stesso colore. Niente di cui preoccuparsi, hai solo un cervello difettoso come ce lo hanno più o meno tutti. Basta saperlo e correggersi. I pregiudizi cognitivi funzionano allo stesso modo e possono essere prevenuti allo stesso modo: rettificando l'intuizione con il ragionamento.
Il pregiudizio cognitivo più noto è quello "della disponibilità": giudico in base a quello che ho "sotto mano". Più spesso senti dire qualcosa, più importante pensi che sia. Poiché i giornali vendono dando cattive notizie noi finiamo per pensare che il mondo sia messo male. L'onnipresente sguardo accusatorio di Greta ci fa sentire l'apocalisse più vicina, anche se rispetto al passato viviamo praticamente in un preservativo. Le mamme di oggi sono 100 volte più apprensive di quelle del passato pur crescendo figli in un ambiente 100 volte più sicuro. Si tratta di una distorsione che influisce anche sul giudizio scientifico. Se un argomento di ricerca riceve molta copertura mediatica, è probabile che i ricercatori che non correggono il loro naturale bias lo sopravvalutino. Il caso del riscaldamento globale è da manuale. Ogni altro rischio esistenziale - dall'asteroide, ai vulcani, alla guerra nucleare - passa in secondo piano.
C'è poi "l'avversione alla perdita". Mi riferisco a quella spinta irrazionale che ti fa finire controvoglia il piatto al ristorante solo perché l'hai pagato: se abbiamo investito tempo o denaro in qualcosa, siamo riluttanti ad ammettere che si tratta di tempo e soldi buttati. Se uno, dopo tanti sforzi, termina la lettura dell'Ulisse di Joyce o l'ascolto delle passioni bachiane tenderà a considerarle un capolavoro, quando invece dovrebbe esprimere il suo giudizio apportando le opportune correzioni, proprio come abbiamo fatto guardando la scacchiera di cui sopra. L'avversione alla perdita è uno dei motivi per cui gli scienziati continuano a lavorare su programmi di ricerca che da tempo hanno smesso di essere promettenti. Talvolta, idee obsolete vengono abbandonate solo dopo il pensionamento dei professori in cattedra, che mai potrebbero rinnegare teorie su cui hanno investito tutta la loro giovinezza.
Ma in ambito scientifico il pregiudizio cognitivo più problematico è il "rafforzamento di gruppo", noto anche come pensiero tribale. Questo è tipico delle comunità chiuse. Se ci sono persone che si rassicurano reciprocamente sul fatto che stanno facendo la cosa giusta, il gruppo diventa più potente e produttivo (ma anche più ottuso). Chi insinua dubbi rischia di essere visto come un traditore. La presenza di un gruppo forte è importante per raggiungere mete ambiziose ma ostacola l'auto-correzione che è così essenziale per la scienza.
Così come tutti vedono più scuro il quadratino alto della scacchiera, tutti hanno questi pregiudizi cognitivi, e l'intelligenza dell'osservatore non incide sul problema. Dovrebbe essere ovvio, quindi, organizzare la ricerca scientifica in modo che gli scienziati possano evitare o almeno alleviare i loro pregiudizi. Sfortunatamente, il modo in cui la ricerca è organizzata oggi ha esattamente l'effetto opposto: peggiora di brutto i pregiudizi cognitivi di cui ho parlato.
Ad esempio, attualmente è molto difficile per uno scienziato cambiare l'oggetto della propria ricerca, perché ottenere una borsa di ricerca richiede la documentazione delle competenze accumulate. Parimenti, nessuno ti assumerà per lavorare su un argomento di cui non hai già esperienza. E' chiaro che un simile contesto rafforza l'insistenza ad approfondire i temi su cui siamo competenti, il che ci porta a dissipare eventuali dubbi che affiorano nel merito impedendo di ripartire da zero per battere nuove strade.
Un altro problema è che la ricerca contemporanea coinvolge inevitabilmente gruppi di persone e premia gli scienziati per aver enfatizzato sui giornali l'importanza del loro lavoro. Lavorare su argomenti popolari, magari con un aggancio politico, puo' essere decisivo. E' chiaro che questa tendenza peggiora il rischio di "rafforzamento di gruppo" e aumenta la tendenza a condividere sempre e solo le medesime informazioni.