domenica 22 dicembre 2019

L'ESTINZIONE DEL DUELLO

Nelle società avanzate la violenza sta sparendo, sparirà forse anche il disaccordo?
In passato, la violenza era parte integrante della vita. Certo, c'erano regole che incolpavano chi la iniziava ma non era facile per gli osservatori applicarle, ed altrettanto difficile convincere gli omertosi a denunciare. Cosicché i combattimenti erano all'ordine del giorno e la figura del guerriero celebrata per le virtù del coraggio, della forza e della lealtà.
Oggi, non si tollera nemmeno il fisiologico ruzzare degli adolescenti, le cose sono radicalmente mutate. Il fatto è che le norme per individuare "chi inizia" la violenza possono essere applicate in modo molto più perentorio, siamo pieni di telecamere disincentivanti e la nostra capacità osservativa è ipertrofica. Andiamo verso la "società trasparente". I combattimenti, di conseguenza, sono molto più rari, eccellere in questa arte è diventato secondario. La nostra ammirazione non va all'eroe ma al genio che riesce ad incastrare "chi ha iniziato", ovvero il colpevole, il genio che ci consente di fare giustizia. Siamo sempre meno colpiti dal coraggio, dalla forza e dalla lealtà, preferiamo che le persone usino in altro modo queste doti. D'altro canto, guardiamo con diffidenza l'impulsività e la mancanza di empatia, ovvero quelle caratteristiche che fanno da innesco alla violenza e rendono una persona socialmente pericolosa.
Che parallelismo c'è tra disaccordo e violenza? Ha senso dire che "qualcuno inizia un disaccordo"? E come capire chi "inizia un disaccordo", chi è "colpevole" di un disaccordo. Forse un modo c'è. Chi ha fatto ricerche su questo argomento ci dice che la persona "intellettualmente onesta" esprime la sua accurata opinione senza saper prevedere il disaccordo altrui. Cioè, mentre A e B possono avere opinioni diverse, A, se è onesto, non può prevedere che quella di B sarà diversa dalla sua. Un disaccordo del genere è genuino, è sano, non è iniziato da nessuno.
Nel momento in cui io so in anticipo chi è d'accordo con quello che dirò e chi no, meglio per me tacere. In caso contrario sto già "iniziando" una guerra di opinioni. Sono già censurabile in quanto "intellettualmente disonesto". Facciamo il caso estremo: se insulto qualcuno è perfettamente prevedibile che costui non sia d'accordo. Non a caso l'insulto è la forma più censurabile tra gli scambi verbali. Naturalmente è proprio questa oggi la situazione più comune, così come un tempo il combattimento armato era la norma. Ciò implica che nei vari disaccordi che infiammano il dibattito pubblico, una o entrambe le parti non siano oneste, non rispettino le regole della buona discussione. D'altronde, per queste regole non esiste nemmeno una sensibilità spiccata, non le abbiamo ancora interiorizzate, la loro violazione non ci indigna. In una condizione del genere la suddivisione in "noi" e "loro" è la norma, e vengono molto apprezzate la lealtà alla causa, la potenza retorica e la brillantezza argomentativa.
E' parimenti possibile immaginare che alcune caratteristiche delle persone rendano più manifesta la loro disonestà intellettuale. Per esempio, la persona che non cambia mai idea sarebbe altamente sospetta (il testone), la persona molto espressiva anche (il brillantone), l'ignoranza nel merito (il verace) è un altro indizio. Ma se è possibile immaginare tutte queste cose, allora è possibile immaginare un mondo in cui queste "doti" si trasformeranno in disvalori da stigmatizzare, il disaccordo sarà molto meno prevedibile rispetto ad oggi, o addirittura minimi e in via di estinzione, esattamente come potrebbe estinguersi la violenza.
Di fronte a uno scenario futuro di questo genere, molte persone potrebbero avere una sensazione di soffocamento e repressione. Normale, si tratta di persone che godono molto della libertà di non essere d'accordo con nessuno, esattamente come presso gli antichi una persona poteva apprezzare la libertà di entrare in conflitto e sfidare a duello chiunque potendo esibire il suo coraggio e la sua abilità di combattente.