giovedì 19 dicembre 2019

GRAZIE, GESU' BAMBINO.

GRAZIE, GESU' BAMBINO.
La parte più odiosa del Natale è la mattina quando i bambini eccitati e con la bava alla bocca si fiondano su dei regali che, sotto l'albero, assumono un'aria terrorizzata. Frammenti di carta multicolore che volano verso il cielo come coriandoli a Carnevale e ricadono invadendo il soggiorno. Cinque minuti dopo, i pacchetti sono tutti sventrati, i bambini siedono ansimando sul divano e gli astanti si chiedono che cavolo fare per le prossime 10/11 ore. Se devo figurarmi l'orgia consumistica non penso alle strade del centro o ai furgoni delle consegne Amazon parcheggiati sul marciapiede, penso alla fregola nel disimballaggio della mattina di Natale.
Ecco, mi piacerebbe che questo incubo non si ripetesse. Ma come fare? Potrei schedulare i regali: il regalo delle 8.00, quello delle 12.00, quello delle 17.00, eccetera. Chi rispetta gli orari avrà un regalo supplementare il ventisei. Oppure una regola del tipo: non puoi scartare il prossimo regalo finché non avrai scritto un biglietto di ringraziamento per quello che hai appena scartato. Niente più dell'idea di "ringraziare" è lontana dalla mente di un bambino che si aggira per casa famelico la mattina di Natale. La mia speranza è che espedienti del genere ci costringano a rallentare, a guardare seriamente ogni dono e magari - miracolo! - a riflettere un nano-secondo sul donatore. Non so se la gratitudine come conteggio forzato delle benedizioni funzioni, la mia speranza è che sia meglio di niente, che sia una forma di introduzione ad un sentimento ingiustamente obsoleto.
Le gratitudini sono di tanti tipi, c'è quella consapevole che fa caso a quanto c'è di buono al mondo. La considero completamente estranea alla nostra dimensione. Pura formalità da relegare nelle preghiere recitate senza ascoltarsi. C'è poi la gratitudine come cortesia, a cui la mia prole - con mio grande scandalo - oppone una strisciante resistenza nonostante le mie urla sottovoce e a mezza bocca: "contatto-visivo, contatto-visivo". Tanta sensibilità da parte mia su questo tema è dovuta probabilmente al fatto che un eventuale cattivo pensiero dell'adulto umiliato ricada sul genitore. C'è poi la gratitudine come reciprocità: da Adam Smith a Seneca in tanti hanno sottolineato l'idea di gratitudine come rimborso parziale di un debito. Qui i bambini sono solo leggerissimamente più sensibili ("cos'è quella roba Vichi?", "un regalo per la Miriam che mi ha regalato gli orecchini della Barbie...").
Eppure, la gratitudine di stare al mondo dovrebbe abbondare presso le nuove generazioni, ereditano un mondo fantastico: la violenza e le malattie sono più rare; siamo straricchi, siamo stra-istruiti. Rispetto solo a 100 fa andiamo che è una favola, perché allora la gratitudine è tanto difficile? Faccio un po' il finto tonto, in realtà lo so bene perché: sono i problemi che ci chiedono di agire, i "non problemi" no. Perché mai dovrei spendere energie per i "non problemi"? Gli psicologi chiamano questo fenomeno "l'asimmetria del vento": i ciclisti si accorgono che c'è vento solo quando spira contro, mai quando ce l'hanno alle spalle.
Eppure leggo che la gratitudine è un sentimento potente, difficile da far scattare ma quando la esprimi a qualcuno in modo diretto e inaspettato, ti puo' riscaldare il cuore per settimane. Se c'è una persona che a queste cose ci crede è A. J. Jacobs, un tale che ha cercato di ringraziare chiunque abbia contribuito alle sue gioie. Si è accorto così della moltitudine che ha al suo servizio. Prima di bere il caffé diceva una breve preghiera per il barista. Ma non si è fermato lì: ha persino telefonato all'esperto del controllo di qualità della sua marca preferita per ringraziarlo personalmente. Lo stesso ha fatto con gli agricoltori che producevano i magici chicchi e con i lavoratori che spargevano regolarmente gli anti-parassitari nei magazzini di deposito. Non la finiva più di telefonare, e più telefonava più si sentiva meglio. Da qualche parte sulla rete potete trovare il libro dove racconta bene la sua storia.
Ecco, se il buon Jacobs ha fatto più di 1.000 telefonate per quella tazzina di caffè, noi potremmo benissimo scrivere un biglietto di ringraziamento alla nonna o a Gesù Bambino prima di aprire il prossimo regalo. O no?

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