giovedì 26 ottobre 2017

Cinque ragioni per non dare più un euro al sistema dell’istruzione

Cinque ragioni per non dare più un euro al sistema dell’istruzione

Sono sempre stato un grande fan dei buoni scuola, in realtà se fossi il dittatore supremo in carica da lunedì abolirei la scuola di stato per passare ad un sistema basato al 100% sui voucher.
Una scuola di stato non ha più senso di una chiesa di stato.
Non mi illudo con questo di ottenere un gran miglioramento del profitto scolastico o un balzo significativo nell’esito dei test ma nemmeno penso che sia questo il metro giusto per misurare una buona riforma. Il metro giusto è la “customer satisfaction“.

Il passaggio ai buoni scuola consente di 1)mantenere o migliorare gli attuali livelli di apprendimento dimezzando i costi e 2) fare felici le famiglie.
So bene che queste intenzioni sono utopiche, in cerca di una mossa alternativa ipotizzo il bloccototale e perpetuo di finanziamento del sistema attuale.
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Se un politico italiano dice “più  risorse alla scuola” voi come reagite?
Probabilmente reagite bene, vi sentireste compiaciuti di vivere in un paese tanto civile. Ma se solo aveste a cuore il bene verso il vostro prossimo dovreste reagire male, molto male. Dovresteindignarvi!
Perché? Per almeno cinque motivi.
Primo, è difficile fare del bene investendo nei paesi ricchi come il nostro, e noi siamo ricchissimi rispetto al resto dell’umanità.
Secondo, non sappiamo molto su come migliorare il profitto scolastico. E’ un campo di studi incasinatissimo dove domina l’ “ipotesi nulla”.
Terzo, non sappiamo molto se avere studenti migliori valga la penaRicchezza prodotta e investimenti nell’istruzione sembrano variabili decisamente scollegate. La scuola spesso si limita a 1) selezionare i migliori (avaibility bias), 2) segnalare i migliori (signalling bias) e 3) conferire benefici indiretti (conoscenze professionali e romantiche). Alla reale formazione resta ben poco.
Quarto, è oggettivamente difficile aspettarsi qualcosa dalle ricerche future. Innanzitutto è coinvolto in prima persona personale che nella scuola/università ci campa e ha quindi un palese conflitto di interessi. Poi è un ambito in cui è difficile applicare i metodi migliori della ricerca sociale, per esempio il “random trial”, tipico dei test sui medicinali.
Quinto, l’istruzione è una causa molto popolare. Di conseguenza, come per tutte le cause popolari, si riversano su di essa molti più fondi di quanti ne meriti.
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