mercoledì 25 ottobre 2017

Genio maldestro

Genio maldestro

Quando Claude Debussy scrisse “Il signor Croche antidilettante” ce l’aveva con Wagner e i wagneriani, che considerava compositori dalla tecnica modesta. Gente che copriva i propri limiti con assordanti “trombonismi”.
Oggi possiamo dire che se Wagner ha qualcosa di modesto è giusto la sua tecnica, un fatto che non gli impedisce comunque di spiccare tra i maggiori musicisti della storia.
Preferite l’ Emil Gilels giovane o quello anziano? Io quello anziano, anche se dal punto di vista tecnico perdeva colpi in modo evidente.
I polifonisti anglosassoni – Byrd, Gibbons – mi sembrano più piacevoli dei dotatissimi fiamminghi, sebbene le loro partiture fossero più semplici e di facile esecuzione.
Nella seconda metà del  XX secolo gli artisti d’oltreoceano hanno trainato la rivoluzione della musica colta. Si trattava per lo più di ingegni tecnicamente poco preparati: John Cage, Morton Feldman, Christian Wolff, La Monte Young, Terry Riley
In California, John Cage era fonte continua di scoraggiamento nel suo maestro Arnold Shoenberg: “non combinerai mai nulla”. Era negato in armonia.
Le composizioni pianistiche a più alto contenuto tecnico rimangono quelle di Conlon Nancarrow, sono da eseguire tramite “scheda perforata”. D’altronde chi ama la tecnica trova nel circo la sua dimora abituale. Il computer è tecnicamente infallibile.
Il Jazz è pieno di genialità musicale tecnicamente poco dotata: Thelonious Monk, Ornette Coleman, Albert Ayler, Duke Ellington costituiscono degli esempi. Alcuni di loro non sapevano nemmeno leggere la musica.
Come non la sa leggere Arto Lindsay, uno dei chitarristi rock più creativi degli anni ottanta.
John Lenon, Paul Mc Cartney e Lou Reed non erano musicisti particolarmente abili allo strumento, eppure la loro genialità è difficile da negare.
E l’intonazione musicale di Paolo Conte? E quella di Enzo Jannacci? Scadente, come la loro voce ora burbera, ora stridula. Eppure sono i due migliori cantautori italiani.
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Italo Svevo e Fedor Dostoevskij: due grandi scrittori dalla tecnica mediocre.
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L’arte concettuale azzera la tecnica e l’art brut la banalizza. Eppure riempiono i musei.
Durer disegnava ogni pelo del suo leprotto, Cézanne con tre tratti esauriva il suo elefante. Da un punto di vista della difficoltà tecnica non c’è paragone ma da un punto di vista dell’esito vince Cézanne su tutti i fronti.
Il manierismo di fine 500 è pieno di capolavori tecnicamente discutibili (Parmigianino, Pontorno, Tintoretto…). Così come l’epoca tardo barocca e arcadica è zeppa di virtuosismo pedante (Lorraine, Poussin…).
Nella pop art la tecnica è demandata alle macchine, è una tecnica industriale.
Jean Michel Basquiat e Jean Dubuffet sono probabilmente i maggiori artisti di fine XX secolo. Non si puo’ negare che tecnicamente fossero piuttosto maldestri.
Nelle arti visive il divorzio arte/tecnica è particolarmente accentuato, perché? Probabilmente perché nelle arti visive il contenuto artistico è maggiore che altrove: il costo dell’opera è basso e l’artista agisce senza l’assillo economico di recuperare le somme investite, la sua unica preoccupazione resta il messaggio artistico.
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Notiamo poi una tendenza sintomatica: più l’artigianato si trasforma in arte, più tecnica e arte si scollegano.