L’avo infoiato
Siamo così sicuri che la famiglia tradizionale sia poi così tradizionale?
Siamo così sicuri che la famiglia targata “Mulino Bianco” si rinvenga in natura?
Direi di no, non ne siamo affatto sicuri.
Anche se la narrazione tradizionale sembra favorire questa ipotesi, i dubbi in proposito sono consistenti.
Forse la famiglia tradizionale non è altro che una geniale invenzione. Tanto geniale quanto artefatta.
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L’homo sapiens è una delle cinque grandi scimmie sopravvissute insieme a scimpanzé, bonobo, gorilla e orango. In particolare, insieme ai bonobo e agli scimpanzé, siamo gli arrapatissimi discendenti di un avo, sul piano sessuale, decisamente assatanato.
Ci sono solidi motivi per ritenere che le nozioni convenzionali intorno alla monogamia dell’uomo siano come minimo esagerate.
Probabilmente, il cambio di rotta rispetto alla nostra reale sessualità primitiva si è avuto solo 10000 anni fa in seguito alla cosiddetta rivoluzione agricola. Ma 10000 anni sono un’inezia nella storia evolutiva dell’uomo. La nostra vera natura sarebbe da ricercarsi quindi nel periodo precedente.
Una mentalità “complottista” a questo punto farebbe notare come l’approfondimento di questi temi imbarazzanti sia sempre stato silenziato dall’ autorità religiose, patologizzato dalla medicina ufficiale e ingegnosamente eluso dagli scienziati.
Sia come sia, l’ esito istituzionale di questa “trascuratezza” si è concretizzato nella cosiddetta “gabbia del matrimonio”, un’istituzione decisamente efficiente ma sessualmente frustrante e in grado di uccidere qualsiasi libido di partenza. Una soluzione di fatto fonte di tradimenti, disfunzionalità, confusione e sensi di colpa. Non proprio il massimo. Nemmeno la monogamia seriale compensa, e rimane solo uno sfogo temporaneo ed inefficace.
Il matrimonio dipinto come la tomba del desiderio non è un’esagerazione. Per il maschio vincolarsi in quel modo è un duro colpo, ma anche la femmina ne subisce un contraccolpo non da poco: chi vorrebbe dividere la sua vita con un uomo che si sente intrappolato e diminuito?
Lo sapevate che il 42% delle donne soffre di disfunzioni sessuali? Difficile pensare ad un “effetto naturale” quando le percentuali raggiungono certi livelli. E perché secondo voi il Viagra batte tutti i record di vendita anno dopo anno? Per tacere della la pornografia, un affare colossale su scala planetaria che rastrella solo in America dai 60 ai 100 miliardi di dollari all’anno. Perché un intrattenimento del genere dovrebbe fruttare tanto se il matrimonio fosse così appagante? Gli americani spendono molto di più negli anonimi locali di striptease che a Broadway. Sembrerebbe più “normale” godersi una sfilata di donnine nude che qualsiasi altro spettacolo teatrale.
Il matrimonio tradizionale appare sotto attacco ma soprattutto non sembra opporre una grande resistenza. Si ha come l’impressione che la “finzione” non regga. Forse funziona solo per pochi privilegiati.
Prendiamo una categoria di persone al di sopra di ogni sospetto, un gruppo umano moralmente più affidabile della media: i preti cattolici. La Chiesa Cattolica ha pagato nel 2008 436 milioni di dollari in risarcimenti scaturiti dalle cause di pedofilia. Parliamo quindi di cedimento a “perversioni sessuali”, non di sfoghi fisiologici, lì per fortuna non c’è risarcimento da conferire. Forse la condizione del prete celibe non è tra le più conformi alla nostra natura, nemmeno quando ci riferiamo ad un’élite. La vita sessuale è negata ai preti, e, considerando che si tratta pur sempre di individui con una tenuta etica superiore alla media, ne ricaviamo che la tentazione a cui sono sottoposti è molto molto dura da reggere. Insomma, qualcosa che possiamo definire in molti modi ma non “naturale”.
La confusione tra ciò che ci viene detto e ciò che sentiamo dentro di noi crea un conflitto interiore che non fa bene.
Perché tanti divorzi? Perché così tante famiglie composte da un solo membro? Perché la passione evapora in così tanti matrimoni?
La società in cui viviamo spesso risponde solo a suon di “terapie”. C’è una patologia che va curata. Ed ecco allora sorgere la fiorente industria della “terapia di coppia“.
Viene il dubbio ci sia sotto qualcos’altro. Forse l’uomo contemporaneo comincia ad accusare lo sdoppiamento di personalità a cui è stato sottoposto: da un lato prova una spinta insopprimibile verso la promiscuità sessuale, dall’altro sente di dover recitare in pubblico il ruolo del coniuge fedele a vita. L’industria dello spettacolo e del cinema conosce bene questo sdoppiamento e ci gioca da sempre.
Ci gioca anche Wall Street dove la pornografia, da Larry Flynt in poi, ha un posto d’onore. Che straordinario conflitto tra proclami pubblici e desideri privati! Lo constatiamo tutti i giorni, e vale per tutti : sia per l’uomo comune che per l’uomo famoso. L’ipocrisia sessuale sarebbe inspiegabile se il modello tradizionale di sessualità fosse davvero conforme alla nostra natura.
Si continua a dire che la monogamia è naturale e il matrimonio un’ istituzione universale ma tutto questo non si combina con una serie di altre innegabili realtà
D’altronde, è facile dimostrare che gli esseri umani si sono evoluti in gruppi estremamente coesi, dove praticamentetutto era condiviso: cibo, protezione, cura dei bambini, rifugio… non si capisce bene come mai i piaceri sessuali non avrebbero dovuto esserlo.
Oltre a essere dei marxisti nati, probabilmente eravamo anche degli hippy nati.
Del collegamento sesso-amore potremmo fare tranquillamente a meno, almeno a giudicare quanto accade tra le scimmie più vicine a noi e i popoli selvaggi che ancora oggi possiamo osservare nell’ Amazzonia.
A sostenere questa tesi c’è una montagna di evidenze circostanziate. C’è il confronto con i primati nostri cugini. Ci sono evidenze anatomiche altrimenti inspiegabili. C’è il nostro eccitamento per ogni novità sessuale che ci viene proposta. Ci sono anche taluni segnali come la vocalizzazione copulatoria femminile, più conforme all’ipotesi della promiscuità.
Ci sono poi i punti deboli della narrazione comunemente accettata, che è bene allora riassumere brevemente.
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Nella narrazione standard uomo e donna si cercano: lui è attento a bellezza e gioventù. Lei invece è in caccia diricchezza e prestigio.
Ammesso che i due si piacciano, si mettono insieme in un’unione destinata a durare per sempre, o comunque a lungo.
Nel corso di questa unione non si può escludere che lei cerchi un po’ di divertimento anche altrove, per esempio con maschi geneticamente più dotati del marito.
D’altro canto, anche lui, una volta garantita la certezza della paternità, non disdegna relazioni adulterine a breve termine.
Ma la narrazione standard non sembra affatto delineare una condizione naturale, quanto piuttosto un adattamento a particolari condizioni sociali emerse con l’avvento delle pratiche agricole e l’istituzione della proprietà privata.
Da un punto di vista evoluzionistico il tempo che ci separa dalla rivoluzione agricola è un istante nella storia dell’uomo, giusto il 5% sul totale.
Considerati i notevoli vantaggi in termini di ricchezza che all’umanità sono derivati da agricoltura e industria, il matrimonio può ben essere descritto come qualcosa di meritevole… ma non di naturale. Paradossalmente, la sua innaturalità lo rende un “sacrificio” ancora più apprezzabile.
Prima vigeva una società organizzata intorno alla divisione in parti uguali di tutto. Non che questo egualitarismo fosse dettato da ideali nobili, era piuttosto una necessità imposta per motivi di efficienza, un modo con cui l’ animale sociale uomo minimizzava i suoi rischi.
Potremmo chiamarlo “egalitarismo selvaggio”.
Con l’avvento dell’agricoltura e della proprietà privata l’uomo ha cominciato ad organizzarsi intorno a gerarchie ben precise in grado di razionalizzare gli incentivi.
Agricoltura e proprietà privata cominciarono a rendere molto più accentuate le diseguaglianze e quindi anche la sorte della prole: diventava assolutamente necessario identificare la propria con precisione al fine di destinare senza errori i sacrifici di una vita e l’eredità cumulata.
In una società egualitaria, dove tutti i cuccioli della “banda” vengono cresciuti più o meno nella stessa maniera, non ci sono particolari eredità da “indirizzare”; se così stanno le cose, perché mai gli individui dovrebbero privarsi di molteplici quanto occasionali relazioni sessuali dettate esclusivamente dal piacere del momento? E’ questo, oltretutto, un modo per rinforzare i legami e la coesione sociale.
Il nostro più antico antenato probabilmente era simile a un gorilla-maschio-alfa che scacciava tutti i suoi competitori per tenersi un harem di femmine. Tuttavia, la crescente capacità di cooperare ha messo in crisi il dominio del singolo aprendo il suo harem anche agli altri maschi. Le gerarchie sono praticamente sparite, e ogni volta che mostravano di riformarsi la coalizione delle potenziali vittime tornava ad azzerarle.
Per la narrazione tradizionale questo è anche il momento in cui si forma la “coppia duratura“. È vero, talvolta si discute se prediligere l’ipotesi della monogamia o quella della poligamia, senza che si prenda mai in seria considerazione l’ipotesi complessivamente più calzante – ma anche più scandalosa – della promiscuità.
Quel che sappiamo è che la società di cacciatori in cui i nostri avi sono vissuti era di piccole dimensioni e altamente egalitaria, pressoché tutto veniva condiviso: dalla carne all’allattamento dei piccoli, si trattava di gruppi dove praticamente non esisteva privacy. Il comunismo delle società preistoriche non è messo in discussione da nessun studioso serio, da quel che mi risulta.
È plausibile quindi ipotizzare che la spartizione si estendesse anche all’attività sessuale. Perché escluderla? Perché non prenderla nemmeno in considerazione favorendo invece l’ipotesi della monogamia? Questo non si capisce bene. Ovvero, lo si capisce molto bene alla luce delle trasformazioni sociali originate 10000 anni fa con l’avvento dell’agricoltura e la conseguente necessità di propagandare una gestione della sessualità senz’altro più rispondente a quel contesto.
Oltretutto, esploratori, missionari e antropologi che nell’era moderna hanno avuto contatti con popolazioni primitive sembrerebbero supportare la visione di un’umanità lussuriosa e sfrenata.
Se passate un po’ di tempo con i primati più vicini a noi noterete le femmine di scimpanzé avere approcci sessuali con dozzine di maschi differenti ogni giorno.
Guardate poi alla diffusione della pornografia, o anche solo a quanto sia faticoso mantenere una relazione sessuale monogama. Ma davvero qualcosa di naturale può risultare tanto innaturale?
Ci sono poi le nostre caratteristiche anatomiche. Il maschio hatesticoli molto più grandi di quanto un primate monogamo abbisogni, si tratta di organi che penzolano in modo vulnerabile fuori dal suo corpo, laddove, per contro, la temperatura aiuta a preservare uno sperma sempre pronto ad essere eiaculato in modo efficace. Mostra anche un pene enorme se paragonato a quello degli altri primati, sia per lunghezza che per spessore, oltre all’ imbarazzante tendenza a raggiungere precocemente l’orgasmo. Il seno prominente e pendulo della femmina, non necessario per l’allattamento, è un altro segno ambiguo. Impossibili da ignorare sono anche i gemiti della donna durante il rapporto: probabilmente un invito ai maschi lontani; anche la capacità di avere orgasmi seriali supporta l’idea di promiscuità sessuale.
Con la rivoluzione agricola e un’economia più produttiva diventa cruciale poter identificare il proprio erede. Così come i confini terrestri devono essere ben definiti, anche i confini nella prole non devono lasciare adito ad equivoci.
La grande trasformazione lascia sul campo dei perdenti: la donna, che da questo momento diventa una reclusa. Ma anche per l’uomo le cose peggiorano: lo stress del carceriere è talvolta superiore a quello del carcerato. Senza dire che il povero maschio a questo punto deve immolarsi per difendere la sua preda dalle insidie esterne.
Un’altra grana per l’uomo deriva dal doversi procurare uno status sociale adeguato, infatti da ora in poi la donna non lo prenderà più nemmeno in considerazione se poco dotato da quel punto di vista.
La sessualità dell’agricoltore è voyeuristica, repressiva, omofoba e focalizzata sulla riproduzione. Sembra il motto vetusto di una comune hippy ma è anche l’ipotesi scientifica che fa quadrare molti conti.
La terra deve ora essere posseduta, fatta fruttare e trasmessa alle generazioni future. Ma non alle generazioni future in generale, bensì solo ed unicamente ad una generazione futura ben identificata.
La narrazione standard insiste che la certezza della paternità sia sempre stata della più grande importanza ma francamente i motivi addotti a supporto di questa ipotesi sembrano debolucci.
D’altronde, la ricerca antropologica è ricca di esempi di società dove la paternità biologica è di scarsa o nulla importanza. Chi pensa ad una sessualità promiscua non ha problemi a spiegarselo, ma gli altri?
Possiamo concludere riassumendo così: il nostro avo era sessualmente molto attivo e libero secondo un canone di promiscuità ribaltato poi nel corso della del periodo “agricolo”; a questo punto la cultura ha agito in modo da introdurre la coppia fissa e il matrimonio, istituzioni più confacenti al nascente regime di proprietà privata. Considerati gli enormi benefici in termini di prosperità e ricchezza per la nostra specie ha ricevuto da questa nuova condizione, specie dopo la rivoluzione industriale, non smetteremo mai di ringraziare quella fetta di umanità che si è sottoposta ad un simile giogo. Tuttavia, non dobbiamo nemmeno rinnegare che un sacrificio non conforme alla nostra natura profonda sia stato introdotto.