lunedì 20 giugno 2011

Matana

Regredisci e celebra, regredisci e celebra.

Scava e prega, scava e prega.

Chi vorrebbe chiudere le messe in Chiesa, giudica impudica l’ ostensione per strada che Matana fa del suo suono.

Da vera buskers lo prende e lo sbatte sull’ asfalto invitando a guardare e a danzare.

E’ franto e bianco come un osso spezzato. E’ scarnificato come uno scheletro.

Ma sorride paziente, come il bambino insidiato dall’ inedia.

Sbozzato di fresco, comincia a muoversi a scatti, come un pinocchietto. Cerca a mici. Chiama la mamma con urla in cui il capriccio ammanta la disperazione.

Ma perché, Matana, non aggiungi qualcosa a quell’ erba scondita?

Fa rabbia la mancanza di ambizione di certi artisti neri. L’ indolenza della parlata si prolunga puntualmente nello strumento, e non si conclude un discorso.

Orecchiano un groove puerile e vi si abbandonano trascurando il capolavoro che stavano intessendo.

Forse sono troppo concentrati su qualcos’ altro. Qualcosa che a noi religiosi-da-chiesa sfugge una volta fuori, per la strada, a contatto con quelle caco-filastrocche da marciapiede.

cover

link

Matana Roberts - Coin Coin Chapter One - Gens de Couleur Libre

Ce n’ è voluta per liberarla dal fastidioso imballaggio del quotarosismo, così come dall’ involucro del terzomondismo. Di fronte a certi fenomeni il sospetto è sempre forte e l’ accertamento costoso, di solito mi tocca lasciare perdere e puntare su altro (uomini bianchi, possibilmente nordici). Ma questa volta s’ intuiva qualcosa in più e mi sono dato da fare: dopo pochissima buccia ho potuto già incontrare la sugosa polpa.