mercoledì 15 giugno 2011

Il dogma

Frederick Wiseman ha simpatie radicali e qui gira il basic training dei marines americani in partenza per il Vietman.

Avete presente cosa puo’ fare e dire un radicale quando parla di marines e di Vietman?

Avete presente cosa puo’ fare e dire quando ne parla nel 1970?

Se le Torri le ha stese Bush, e c’ erano migliaia di giornalisti “sul pezzo”, chissà, stando a quella vulgata, cosa diavolo succede nel blindato fortino di Fort Knox. Come minimo si praticano lavaggi del cervello con turni anche di notte e la cupola degli scienziati pazzi si riunisce ogni tre per due con quella dei politici stupidi per varare sempre nuovi piani di conquista e destabilizzazione. L’ immaginazione ideologica puo’ correre libera a briglia sciolta.

Eppure:

1. Eppure, grazie a Wiseman, ora so per certo che l’ Accademia della Guardia di Finanza di Bergamo è luogo molto più alienante e giocosamente oppressivo rispetto al Fort Knox dell’ epoca d’ oro.

2. Eppure, il documentario rimane bello e attendibili (anche se in mancanza di sottotitoli la mia comprensione è inesorabilmente amputata).

Perché?

Onestà intellettuale? Forse.

L’ elemento soggettivo è importante, ma è anche radicato nel soggetto: va solo dove va lui, cammina sulle sue gambe.

più fruttuoso impegnarsi per scovare un elemento oggettivo esportabile ovunque.

E allora faccio la mia ipotesi: perché manca la voce fuori campo. Wiseman gira con un braccio legato privandosi volontariamente di questo espediente.

Averlo avrebbe potuto trasformare tutto in una “gabanellata” a tesi telecomandata.

Di più: manca qualsiasi voce o faccia che non sia quella dei protagonisti.

Di più: manca qualsiasi suono estraneo all’ ambiente.

Un film sul convento dei marines dove parlano solo i marines. Puro montaggio senza altre voci che “riassumono”, “razionalizzano”, “edificano”, “moralizzano”, “inquietano” o “tirano le somme”.

Visione cruda e senza filtri.

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Dovrebbe essere il Dogma triersiano dei documentaristi di ogni tempo..