Frederick Wiseman ha simpatie radicali e qui gira il basic training dei marines americani in partenza per il Vietman.
Avete presente cosa puo’ fare e dire un radicale quando parla di marines e di Vietman?
Avete presente cosa puo’ fare e dire quando ne parla nel 1970?
Se le Torri le ha stese Bush, e c’ erano migliaia di giornalisti “sul pezzo”, chissà, stando a quella vulgata, cosa diavolo succede nel blindato fortino di Fort Knox. Come minimo si praticano lavaggi del cervello con turni anche di notte e la cupola degli scienziati pazzi si riunisce ogni tre per due con quella dei politici stupidi per varare sempre nuovi piani di conquista e destabilizzazione. L’ immaginazione ideologica puo’ correre libera a briglia sciolta.
Eppure:
1. Eppure, grazie a Wiseman, ora so per certo che l’ Accademia della Guardia di Finanza di Bergamo è luogo molto più alienante e giocosamente oppressivo rispetto al Fort Knox dell’ epoca d’ oro.
2. Eppure, il documentario rimane bello e attendibili (anche se in mancanza di sottotitoli la mia comprensione è inesorabilmente amputata).
Perché?
Onestà intellettuale? Forse.
L’ elemento soggettivo è importante, ma è anche radicato nel soggetto: va solo dove va lui, cammina sulle sue gambe.
più fruttuoso impegnarsi per scovare un elemento oggettivo esportabile ovunque.
E allora faccio la mia ipotesi: perché manca la voce fuori campo. Wiseman gira con un braccio legato privandosi volontariamente di questo espediente.
Averlo avrebbe potuto trasformare tutto in una “gabanellata” a tesi telecomandata.
Di più: manca qualsiasi voce o faccia che non sia quella dei protagonisti.
Di più: manca qualsiasi suono estraneo all’ ambiente.
Un film sul convento dei marines dove parlano solo i marines. Puro montaggio senza altre voci che “riassumono”, “razionalizzano”, “edificano”, “moralizzano”, “inquietano” o “tirano le somme”.
Visione cruda e senza filtri.
Dovrebbe essere il Dogma triersiano dei documentaristi di ogni tempo..