In una serie di vecchi post me la prendevo con il neo-femminismo puritano. Il capo d’ imputazione era forte: “moralismo”.
Dico “forte” perché so che da quelle parti un’ etichetta del genere, che altrove sarebbe un vanto, è mal digerita.
In effetti, essere considerati dei “moralisti” non è molto “cool” al giorno d’ oggi, eppure non voglio dar l’ impressione che sia sempre un atteggiamento condannabile.
Vediamo allora di distinguere il “moralismo cattivo”, imho quello delle neo-femministe, da uno più accettabile se non auspicabile.
[“Moralista” = è colui che non si limita ad osservare una certa regola etica di comportamento ma fa di tutto, o comunque s’ impegna, affinché anche gli altri si uniformino alle sue preferenze]
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Se la morale non esistesse, esisterebbero solo individui egoisti che perseguono razionalmente il loro bene personale.
Ma attenzione, anche l’ egoista razionale, grazie al miracolo laico dell scambio, puo’ fare del bene: Tizio, infatti, si arricchisce e soddisfa i suoi obiettivi quanto più soddisfa prontamente i bisogni di Caio.
Questo è tanto vero che per alcuni autori è tutto: la morale si produce in modo endogeno, fine del discorso.
Per questi autori non serve un “uomo morale”, figuriamoci se serve un “moralista”.
Ma questa logica incontra ostacoli non da poco che si manifestano nel cosiddetto dilemma del prigioniero:
Provate a leggere che che si tratta, vi accorgerete che in quei casi se mi comporto da egoista non costruirò mai “un mondo migliore”.
Ci sono molti dilemmi che derivano da quello originario. Sono tutti casi in cui la tentazione opportunistica (free riding) compromette il bene comune.
Questa critica non è tanto rivolta agli “egoisti”, in fondo costoro non hanno come obiettivo quello di migliorare il mondo in cui vivono, quanto a chi sostiene che un “mondo egoista” possa essere anche un “mondo migliore” per tutti.
Spesso la politica è chiamata in causa per raddrizzare queste storture, senonché quasi sempre la toppa che mette è peggio del buco.
La cosa migliore sarebbe allora l’ entrata in scena del cosiddetto “Uomo Etico” (UE).
UE segue dei principi etici e a quei principi uniforma con zelo i suoi comportamenti nella speranza di creare il fatidico mondo migliore.
Ebbene, possiamo dire fin da subito che non riuscirà mai a dar corpo alla speranza perché quei suoi principi, qualsiasi essi siano, libereranno interazioni in stile “dilemma del prigioniero”. Situazioni in cui per perseguire gli obiettivi di UE sarebbe meglio non adottare i principi di UE.
Ogni etica del “buon senso” (ama i tuoi figli, la tua famiglia, la tua patria…) è soggetta al “dilemma”, esattamente come la razionalità egoista.
Solo chi si pone per obiettivo diretto “la costruzione di un mondo migliore” (conseguenzialismo), evita il “dilemma”. Vivendo in un mondo dove il battito d’ ali di una farfalla scatena gli uragani, giusto uno “gnostico” cova progetti tanto ambiziosi. E i danni dello gnosticismo sono noti.
Oltre a essere proco verosimile, un’ etica conseguenziale ha altri difetti: conduce spesso a conclusioni ripugnanti ed è auto-rimuovente.
Scartata la politica e scartato il “conseguenzialismo”, per fortuna ci sono altri rimedi. Ma per sfortuna dobbiamo constatare che sono tutti rimedi-monchi.
Si può chiedere all’ uomo di coltivare un certo altruismo, ma l’ altruismo crea altro opportunismo. Si possono chiedere “test kantiani” (faccio solo cio’ che sarebbe un bene se facessero tutti), ma il test kantiano spesso è assurdo. Si puo’ invocare la fiducia nel prossimo, ma la fiducia nel prossimo non garantisce una buona uscita dal dilemma.
Alla fin fine il miglior modo per uscire da dilemma è quello di appellarsi ad una sincerità introspettiva.
Da quanto detto comprendiamo quale sia l’ ossatura di un’ etica ben costruita: sani prinicipi + riluttanza all’ opportunismo nei casi evidenti di free riding.
Ma un’ etica aprioristica (fondata sui principi) revisionata in questo modo non puo’ più nemmeno dirsi aprioristica visto che per evitare i comportamenti opportunistici ci tocca calcolare esattamente le conseguenze dei nostri atti.
E’ un ibrido!
Per costruirla gli aprioristi e i conseguenzialisti devono allearsi e rendersi conto che stanno scalando la stessa montagna da versanti diversi.
L’ ossatura della mia etica laica preferita per costruire un “mondo migliore” è all’ incirca questa: rispetto della proprietà + sincerità.
Trasparenza e Proprietà. E’ un’ etica piuttosto borghese, lo ammetto.
Oltretutto la “sincerità” e il culto della “proprietà”, spesso creano danni. Ma non esiste al momento una formula per delimitare la parte benefica!
In genere mi attengo alla mia “etica da un rigo”, a meno che qualcuno mi dimostri in modo evidente che ci sono inconvenienti. Esempio: la bugia pietosa porta benefici evidenti, e io rinuncio al mio “principio di sincerità”. I problemi di "common knowledge" impediscono alla "sincerità" di essere un principio assoluto. Un ubriaco alla guida costituisce un pericolo evidente, e io rinuncio al mio principio di proprietà.
L’ uso dell’ economia mi consente di ridurre al minimo le mie “rinunce” poichè l’ economia rende difficoltoso enucleare “evidenze” contrarie ai miei principi. E quando il calcolo delle “evidenze” si fa confuso ed incerto, l’ appello ai principi diventa decisivo.
Ed ora veniamo ad una conclusione possibile.
Penso che l’ atteggiamento moralistico abbia un qualche senso nel momento in cui crea ostacoli al free rider.
Ecco allora la risposta che cercavamo: il “moralismo buono” consiste nel sanzionare moralmente chi è aggressivo con la proprietà altrui, nonché l’ ipocrisia (insincerità) di chi sfrutta le situazioni stilizzate nel “dilemma del prigioniero”.
Tutto il resto è moralismo cattivo, il moralismo di chi al mercato compra le carote facendo la “predica” a chi preferisce le zucchine.
Derek Parfit – Reasons and Persons