venerdì 10 giugno 2011

Capire il “tubo”

Arrivano i referendum! Di solito preferisco non impelagarmi in argomenti di attualità ma, richiesto di un’ opinione sulla “questione dell’ acqua” in altra sede, non mi costa niente riportarla anche qui.
In realtà non si tratta nemmeno di un’ opinione, giusto quattro pensierini in croce che servono da premessa per iniziare un discorso sensato.
Nel frattempo davanti a noi si staglia l’ attivissimo popolo dei pervertitori linguistici che con trucchetti da due lire appena possono trasformano con la bacchetta magica lo “statale” in “pubblico”. Questo è il momento in cui producono il massimo sforzo.
Ebbene, lasciamoli perdere e veniamo al sodo:
1. Se al mondo c’ è qualcosa che non manca è l’ acqua.
Non è che siamo fortunati, è che altrimenti la natura avrebbe scelto per noi un altro pianeta, risolvendo l’ affare in partenza.  Quel che manca sono i “tubi”, in ballo non c’ è un problema di “diritti” ma di “creazione della ricchezza”. Fatto l’ “uomo” (con l’ aiuto della natura e del buon dio), bisogna fare l’ “uomo ricco” (con l’ aiuto della saggezza).
Gregory Thielker  DIPINGERE CON LA PIOGGIA
2. Il privato è sempre più efficiente dello stato.
Se le scienze umane sono mai riuscite a spiegare qualcosa, è proprio questo. E la teoria sembra quadrare: in caso contrario la Germania est avrebbe assorbito la Germania ovest, La Corea del Nord avrebbe fagocitato quella del sud e Cuba manderebbe aiuti umanitari in California e Giappone.
3. la privatizzazione della gestione idrica e il problema della povertà sono cose distinte.
Un prezzo troppo basso crea persino più danni sociali di un prezzo troppo alto (lettura obbligatoria: l’ assalto ai forni  descritto da Manzoni nei Promessi Sposi). Il fatto è che se voglio fare l’ elemosina a un bisognoso, molto meglio dieci euro e un mondo pieno di scaffali da cui servirsi piuttosto che un bicchiere d’ acqua su cui faccio la cresta.
4. Ci sono mille tipi (contratti) di privatizzazione ma una sola statalizzazione.
L’ apertura ai privati ci proietta in un mondo dove possiamo sempre imparare dai nostri errori. Sbagliare non è mai bello, la strada del “trial and error” è faticosa ma anche l’ unica che ci spinge in avanti.
piove
Pongo queste premesse con l’ aiuto del buon senso e del prezioso libretto di Frederik Segerfeldt (Water for Sale) in cui sono analizzati nel dettaglio venti casi di privatizzazione nel mondo.
Ottima occasione, questa dei referendum, per rispolverarlo.
Sembra comunque che che per il “no” sull’ acqua il referendum sia perduto. Il termine “privatizzazione” da noi fa paura, specie se al governo c’ è la destra. Uno spin-doctor onesto potrebbe proporre “responsabilizzazione”.
A proposito di esiti: per chi fa sul serio credendo di poter incidere, niente voto. Cavolo, se il voto fosse anche un dovere, il suo valore-netto come diritto scenderebbe ulteriormente fino a rasentare pericolosamente lo zero.
E il nucleare? Le discussioni in tema sono ancora fumanti.
E il terzo quesito? Francamente non so neanche cosa sia e non ho tempo d’ informarmi. Purtroppo la democrazia funziona così, baby.
p.s. La Lega sembra per il “no” sull’ acqua. Non stento a crederlo, ha occupato in grande stile i consigli delle municipalizzate con i candidati perdenti alle elezioni. Sono minimo tre mila e rotti euro al mese, mica paglia, da noi questa sistemazione “romaladronesca” è nota come “il paradiso dei trombati”. Il pdl dà invece libertà di voto, un’ altra delusione e un’ altra occasione per augurarsi sia investito dall’ ennesima tramvata.
p.s. i cattolici si dividono, certo non pensavo una schiera tanto nutrita per i “no” sull’ acqua. Ci sono i conservatori ma anche parecchi progressisti (anche qui). Che strano, uno di notte si sogna la Bindi…