Molte donne, molti diritti
Il buon bilanciamento nel numero di uomini e donne all’interno di una società sembrerebbe cruciale in tema di diritti di genere: una società in cui prevalgono gli uomini sarà conservatrice, una in cui prevalgono le donne sarà progressista.Pauline Grosjean e Rose Khattar hanno esaminato empiricamente il tema sfruttando alcuni “esperimenti naturali” offerti dalla storia, per esempio i casi – per lo più occorsi nel XVIII e XIX secolo – in cui masse di galeotti (in prealenza maschi) venivano forzosamente trasferiti in zone specifiche dell’ Australia. In queste aree soggette a trasferimenti forzosi le comunità sono ancora OGGI molto conservatrici, le donne di quelle lande hanno più possibilità di sposarsi e di non lavorare fuori casa, godono di più tempo libero e hanno meno probabilità di raggiungere vertici dirigenziali. Anche l’attitudine della popolazione verso la donna-lavoratrice è scettica. A quanto pare, quindi, lo sbilanciamento forgia una cultura locale che poi persiste anche nel lungo periodo. Evidentemente, quando la donna diventa una “risorsa rara”, e quindi preziosa, si cerca di proteggerla attraverso una cultura maschilista più funzionale alla bisogna.
Dal che si puo’ azzardare la congettura per cui le guerre – o i regimi totalitari – facciano bene ai movimenti femministi (in guerra ci vanno gli uomini, così come i martiri del despota sono perlopiù uomini). E la pace a chi fa bene? Probabilmente in tempo di pace le culture conservatrici sono soggette ad un ciclo che le rinforza, quelle progressiste ad un ciclo che le indebolisce.
Nelle culture conservatrici, infatti, aborto selettivo e infanticidio garantirebbero carenza di donne e quindi un rinforzo della cultura già presente. Bisogna poi aggiungere che in tali società la tipica trasmissione verticale della cultura (dai genitori ai figli) e l’omogamia (matrimoni tra simili) favoriscono ulteriormente la conservazione.
Nelle culture progressiste, invece, gli elementi sacrificati dalla società (carcere, morti sul lavoro, barbonaggio…) vedrebbero un aumento della quota femminile spingendo molte donne fuori dal mercato delle coppie spostando così il “bias sex ratio” in favore degli uomini con un vantaggio relativo sul lungo periodo per la cultura maschilista. Insomma: molte donne, molti diritti… ma molti diritti, molte più donne “bruciate” e quindi meno diritti.
Bisogna però attenuare la forza di questo secondo ciclo facendo notare che anche nelle culture progressiste, superata una certa soglia nelle ricchezza prodotta, il matrimonio tende a diventare omogamico poiché la coppia si trasforma da fattore produttivo a organizzazione consumistica e, come è facile capire, ognuno di noi preferisce “consumare” con persone simili a lui. In questo senso anche la cultura progressista ha una sua robusta cinghia di trasmissione.