CINICHE SCORCIATOIE
Nell'epoca della prosa breve il lettore ama la battuta fulminante, vuole leggere cio’ che coglie al volo come veritiero senza bisogno di prolungate articolazioni. Tuttavia, respinge le ovvietà, sebbene proprio le ovvietà possiedano al massimo grado il requisito del “vero immediato”. Cosa resta a disposizione dello scrittore? Restano quelle verità rimosse dalla vita quotidiana perché disturbanti, la verità del cinico e del sarcastico, per esempio. Nessuno, falliti a parte, può condurre una vita fruttuosa mantenendo come stella polare l’indifferenza del cinismo, per questo la nostra mente espelle in automatico queste verità dal suo dominio. Ma se una vita cinica è squallida, una letteratura cinica è sommamente elegante. Nella malignità allusa c’è un sovrappiù estetico di cui la scrittura icastica non puo’ fare a meno. L’aforisma è cinico per necessità, l’amarezza di autori come La Rochefoucauld o Cioran è una scelta letteraria prima ancora che morale o caratteriale: il pessimismo aiuta a tornire meglio le frasi lapidarie. Se cerchi una scrittura brillante diventa musone. Ma anche la scrittura social – scrittura breve per eccellenza - quando non scade nell’insulto, resta comunque sempre sull’orlo dell’irrisione. I "grandi blogger" dell'economia che seguo (o seguivo), mi vengono in mente per primi i vari Michele Boldrin (NoisefromAmerika) e Mario Seminerio (Phastidio), si fanno leggere anche e soprattutto per la vena sprezzante che traspare dai loro pezzi conferendo quella levità necessaria. Ma quando l’input è di tale natura la discussione che segue vira puntualmente o sulla bagarre o sull’ escalation dell’autoapprovazione tra convertiti. Comunque roba da cui non impari mai nulla.