I BUONI INSEGNANTI ESISTONO?
Com’è fatto un buon insegnante? Conta l’esperienza, i titoli, le certificazioni, il genere? Difficile dirlo, nemmeno sappiamo se esistono i buoni insegnanti. Sia chiaro, per tutti noi esistono, ma quando poi si tenta di “prenderne le misure” spariscono. Quantificare l’opera di un buon insegnate è arduo, persino se semplifichi al massimo assumendo che la scuola abbia come unico fine il superamento di certi test formali. In teoria il buon insegnate è quello che ti migliora, che ti fa passare da un punteggio ad uno più elevato. Ma come puoi capire se già non eri destinato a quel miglioramento? In fondo le classi di allievi non si compongono casualmente, c’è una certa omogeneità, ci sono le scuole dei quartieri bene e quelle degli altri quartieri, ci sono le scuole di ottima fama e di fama pessima. Cio’ significa che attribuire meriti e colpe agli insegnanti sulla base del miglioramento nei punteggi dei test rischia di essere ingiustificato, quanto più gli studenti della classe si somigliano tanto meno è visibile la mano dell’insegnate. Qualcuno ha pensato bene di sfruttare i trasferimenti chiesti dai docenti vedendoli come una sorta di esperimento naturale: se un insegnate lavora bene in una scuola e poi lavora bene anche nell’altra dove si trasferisce allora forse il miglioramento dei ragazzi è merito suo. E per un certo periodo – qualcuno ricorderà gli articoli di giornale – lo abbiamo creduto. Ma, ahimé, a quanto pare nemmeno i trasferimenti sono frutto del caso, la correlazione di molti fattori significativi tra classi scolastiche di provenienza e classi scolastiche di di destinazione invalida di fatto l’esperimento naturale fondato sui trasferimenti. Come sono fatti allora i buoni insegnanti? Esistono? Purtroppo sono domande ancora inevase. Gli anni passano e io comincio a pensare al peggio.