Interesse particolare
Le lobby sono lo spettro di ogni democrazia.
Con la loro azione inquinano la ricerca del bene comunedeviandola su odiosi interessi particolari.
Come neutralizzarle?
La maggior parte dei tentativi è naufragata nello sforzo didefinire il concetto di “interesse pubblico”. In effetti, se non ne abbiamo una chiara nozione diventa difficile determinare, anche solo in via teorica, il grado in cui l’attività dei gruppi di pressione interferisce nei processi democratici.
La cosa più pratica è pensare all’interesse pubblico come a ciò che la comunità sceglie in modo unanime. Tuttavia, è altrettanto chiaro che il criterio di unanimità nelle scelte pubbliche risulta impraticabile.
Per questo motivo si ricorre al criterio di maggioranza, dove i gruppi di pressione si ritrovano come topi nel formaggio.
I gruppi di pressione diventano un pericolo quando sono in tanti e possono agire di concerto attraverso il cosiddetto “voto di scambio” (logrolling): io faccio un favore a te e tu lo fai a me. Tanto paga la comunità.
In termini più concreti: io voto la leggina che tutela i tuoi interessi particolari e tu voti la mia.
La conseguenza di tutto ciò sarà l’espansione del settore pubblico, della regolamentazione discriminatoria e della spesa pubblica. Le leggine di cui parliamo, infatti, non sono altro che provvedimenti volti ad indirizzare la spesa pubblica e le regole a favore di individui particolari.
I vantaggi particolaristici possono essere assicurati in due modi. In primo luogo, possono essere approvate decisioni che producono benefici concentrati a vantaggio di individui e gruppi particolari mentre impongono costi generali a tutti i membri della collettività. In secondo luogo, possono essere approvate decisioni che procurano benefici a tutti i membri della collettività, ma impongono costi su particolari individui e gruppi.
Un mezzo per tenere la barra dritta potrebbe consistere nel richiedere che quegli individui e gruppi che conseguono vantaggi particolari siano anche chiamati a sostenere i costi.
Ma un rimedio del genere è chiaramente limitato.
Supponiamo ad esempio che il problema in discussione sia l’erogazione di fondi statali a sostegno del turismo siciliano, imporre una speciale tasse ai cittadini siciliani per finanziare questo provvedimento sarebbe ovviamente contraddittorio. Nonostante questo, è relativamente facile osservare che, se questo aiuto dovesse essere finanziato mediante tasse generali si può arrivare al punto di scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora. Si inaugurerebbe il cosiddetto “assalto alla diligenza“.
Un modo per eliminare questo tipo di distorsione sarebbe quello di richiedere che progetti del genere siano votati, e magari anche finanziati mediante tasse imposte a gruppi specifici di popolazione diversi dai destinatari dei benefici.
Per esempio, se i fondi designati per gli aiuti al turismo siciliano fossero prelevati mediante speciali tasse imposte (“normalizzate”) soltanto ai cittadini lombardi, allora potremmo essere sicuri che il potere di influenza dei gruppi di pressione sarà scalfito.
È chiaro che se i lombardi votano per sostenere il turismo siciliano abbiamo la garanzia che il bene finanziato è un bene pubblico e non particolare.
Può darsi che i cittadini lombardi non votino per il sostegno del turismo siciliano per ignoranza, ovvero perché non sanno qual è il reale interesse pubblico. Ma questo è un altro problema rispetto a quello dei gruppi di pressione.
In ogni caso, un comportamento del genere avrebbe come inconveniente un’insufficiente spesa pubblica anziché una sua esplosione. Tutto sommato il minore dei mali in democrazia.
E chi deciderà sui fondi da stanziare per l’Expo milanese? I contribuenti siciliani?
No, poiché in un caso del genere il voto di scambio sarebbe dietro l’angolo: io ti do il sostegno all’Expo e tu mi dai il sostegno al turismo.
Saranno invece i cittadini umbri, per esempio. Quanto più gli incroci saranno complessi e casuali, tanto più il voto di scambio sarà scongiurato.