Ripensare il concetto di rischio
Quest’anno un asteroide del diametro di un chilometro potrebbe impattare la terra alzando un polverone che oscurerebbe il sole per 3/10 anni. Teniamolo presente.
Sì ma non mettiamola giù dura, in fondo c’è solo una probabilità su un milione che accada.
Dieci volte più alta è però la probabilità che esploda un mega-vulcano, magari lo Yosemite, producendo i medesimi effetti.
E non dimentichiamo che potrebbe scatenarsi una guerra nucleare su larga scala: probabilità 1:20.000 (per stare sul margine d’errore destro).
Uno solo di questi eventi produrrebbe quel che viene approssimativamente chiamato “inverno straordinario”: il sole si oscurerebbe con gravi conseguenze, per esempio, sulla produzione di cibo nel nostro pianeta.
Vogliamo riassumere in modo prudente?
Allora diciamo che esiste una probabilità su diecimila che quest’anno ci si ritrovi nel bel mezzo di un inverno strordinario. Cumulando, la probabilità che si realizzi entro un secolo è dell’ 1%.
Non è una probabilità banale, si avvicina molto a quella di morire per un incidente stradale (nell’anno, una su novemila).
Noi non trattiamo come banale questa eventualità e facciamo non pochi sforzi per mitigarla.
All’inverno strordinario invece nessuno ci pensa.
Perché allora questo doppio standard? Forse i calcoli fatti sono errati. Non tanto nei numeri quanto nella logica sottesa.
E’ vero: gli incidenti non uccidono sempre e se consideriamo gli altri possibili spiacevoli eventi che possono comportare le probabilità si impennano.
Ma ammettiamo che esistano solo incidenti mortali, siamo sicuri che li trascureremmo al pari dell’inverno straordinario? Non penso proprio.
Forse contro l’inverno straordinario non possiamo nulla, cosicché il nostro fatalismo sarebbe giustificato.
No. C’è molto che possiamo fare: per esempio approntare una rete di rifornimento di cibo che a quel punto sarebbe utilissima. Inoltre, si dovrebbe/potrebbe studiare come si produce cibo senza sole.
E allora?
Di certo la nostra psicologia tratta i due rischi in modo molto diverso, sebbene la loro quantificazione sia la stessa. Il rischio di incidente è “vicino” mentre il rischio di oscuramento è “lontano”. Lontano nel senso che non l’abbiamo mai sperimentato. Di incidenti mortali invece sentiamo parlare tutti i giorni al telegiornale, e magari conosciamo anche qualche famiglia coinvolta in passato.
Tuttavia, perlomeno i maschi sembrerebbero inclini aneutralizzare questo fattore distorsivo legato alla percezione dei rischi.
Ho la netta impressione che inquadrare una simile situazione con la tradizionale teoria del rischio sia impresa impossibile. Occorre qualcosa di nuovo.
Forse dobbiamo distinguere una catastrofe come quella dell’inverno straordinario poiché coinvolge l’intera umanità, al contrario l’incidente coinvolge solo noi: “mal comune mezzo gaudio” dice il saggio.
In effetti questa differenza merita una riflessione, forse quel che temiamo veramente non è tanto “ferirci” quanto “restare soli a leccarci le ferite”. E’ su questo secondo evento che dobbiamo calcolare le probabilità.
L’uomo è un’animale sociale e una volta escluso ed emarginato è finito, perde tutta la sua forza. La solitudine per lui è una condanna, il nostro cervello respinge questa condizione.
L’uomo di oggi, poi, è privo di una fede. Ieri poteva sempre contare su un alleato eccellentissimo: dio. Oggi, una volta solo nella disgrazia, è veramente solo è perduto.
In più c’è quella maledetta gara evoluzionistica in cui siamo costantemente immersi.
Assomiglia ad una gara sportiva dove conta unicamente la performance relativa.
Nello sport vinco se tu perdi. Il campo da gioco è in condizioni pietose e faccio fatica? Non mi interessa, lo stesso vale anche per te. Mi fa male la gamba? Scatta l’allarme perché la mia gamba è solo mia! Conta solo l’handicap relativo.
Per analogia: la disgrazia ha portata globale? Non mi interessa, coinvolge anche i miei avversari. L’unica disgrazia che conta è quella relativa, ovvero l’incidente stradale che colpisce solo me e la mia famiglia.
E il “riscaldamento globale”? Per quanto si faccia poco gli allarmismi non mancano! Eppure è un fenomeno affine all’ inverno straordinario.
Questo è un bel problema, ma ci sono una paio di replichepossibili.
Innanzitutto, il fatto che si faccia poco non dovrebbe essere secondario.
In secondo luogo, sappiamo che per molti non si tratta tanto di prevenire un rischio ma di adottare una religionesostitutiva.