martedì 21 novembre 2017

Parole misteriose: liberalsocialismo

Parole misteriose: liberalsocialismo

Chi ha studiato economia resta confuso di fronte a certa terminologia politica. Prendiamo la parola “liberalsocialista”: per lui il liberalismo e il socialismo sono due sistemi antitetici di organizzazione dell’economia. Come possono mai conciliarsi?
Forse che il liberalsocialista è una specie didemocristiano per cui “in media stat virtus”? Qualcuno per cui nell’arte del compromesso risiede l’ essenza della politica?
No, le ragioni per cui abbiamo un simile ircocervo sono storiche.
In origine – XVII/XVIII secolo – l’ideologia liberale si diffonde con un nemico ben preciso: l’ ancien regime. La vittima designata erano i nobili e i loro privilegi.
L’attacco portato dal liberalismo si fondava sull’idea per cui “tutti gli uomini sono creati uguali” (la componente cristiana era pronunciata), non dovevano esistere discriminazioni di sangue. Giuridicamente, una simile idea si traduceva nelladottrina dei diritti individuali.
Il liberale era quindi un sostenitore dei diritti individuali, e del diritto di proprietà in primis. La rivoluzione parte come rivoluzione borghese.
Ma il liberalismo aveva due anime: la prima sostenitrice autentica dei diritti individuali; la seconda, più interessata ad un’eguaglianza sostanziale tra gli uomini.
Questa seconda anima cavalcava allora la retorica dei diritti individuali per perseguire i suoi fini egalitari.
Allorché l’ ancien regime fu messo all’angolo e i privilegi nobiliari abbattuti, il liberalismo cominciò a produrre le diseguaglianze che sono sue proprie, quelle legate alla meritocrazia e alla fortuna, per esempio.
A questo punto le due anime del liberalismo si scissero: la prima, più legata ai diritti individuali, prese il nome di liberalismo classico; la seconda, più legata all’eguaglianza sostanziale, prese vari nomi: liberalsocialismo, liberalism, eccetera.
E’ chiaro che questa seconda etichetta aveva lo scopo di ricostruire un percorso storico, sebbene oggi ci appaia tanto contraddittoria. In Italia abbiamo avuto anche dei marxisti-liberali come Gobetti! La nostra tradizione liberale – Einaudi a parte – viene per lo più da lì. Il Berlusconi del 1994, tanto per dirne una, ha mutuato da Gobetti l’espressione “rivoluzione liberale”.
Ma torniamo alla storia: i liberali classici puntarono più sul mercato, i liberalsocialisti sul welfare. I primi predominarono nel XIX secolo, i secondi nel XX.
Negli anni ottanta del XX secolo, ai liberali classici e ai liberalsocialisti, si affiancarono i neoliberisti.
Questi ultimi attingevano al liberalismo classico ma – con una sensibilità liberalsocialista – non erano disposti ad accettare una società senza reti di protezione.
E’ strano che una corrente di pensiero tanto vituperata in realtà nasca per smussare alcune spigolosità del liberalismo classico. Detto questo, è anche vero che il liberalismo classico, allora, quasi non esisteva più in occidente e i neoliberisti proposero una formula edulcorata al fine di poterlo reintrodurre.
Contrariamente ai liberalsocialisti, i neoliberisti auspicavano un welfare trasparente, agile, a burocrazia zero e uniforme, per esempio quello fondato sul reddito minimo o sull’importa negativa.
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Oggi abbiamo sia paesi liberali (USA) che paesi liberalsocialisti (Francia) che paesi neoliberisti(Danimarca e Svezia). Questo anche se l’enorme ricchezza prodotta nel frattempo faccia tendere un po’ tutti verso il modello liberalsocialista. 
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