Scialla
Non è che i nostri figli siano dei “bamboccioni”, è che vivono in una società “bambocciona”.
Il dinamismo di un tempo è acqua passata che non tornerà più.
Il trapasso è stato lento ma ineluttabile: un tempo eravamo la società del diritto.
Il diritto si forgiava nella tradizione – ci volevano decenni di “selezione naturale” – ed era segno di sacralità e stabilità. Intorno al diritto ruotava a ritmo vorticoso una società indaffarata.
Il diritto è stato rimpiazzato dai “diritti”: quella roba precaria che nasce con una leggina deliberata da un parlamentino soggetto alle mode culturali del momento e che domani sparirà in favore di un altro parlamentino che inventerà altri diritti.
Ai diritti si è avvicendata la società del “piagnisteo”, ovvero l’arma attraverso cui farsi riconoscere un diritto da inventare al più presto.
Ma la sclerosi non è una prerogativa italiana, non è un monopolio europeo, coinvolge tutto l’occidente, USA compresi.
Facendo il confronto con una società dinamica misuriamo meglio la nostra stagnazione.
Provate a visitare la Cina, per esempio. In Cina c’è quello che c’era da noi negli anni 50/60: una cultura dell’ambizione e del dinamismo.
Se ci tornate dopo un paio di anni troverete una versione completamente differente e migliore di quel paese: edifici nuovi, strade nuove, abitudini nuove, cantieri sempre aperti in cui si lavora a rotta di collo.
Questo, d’altronde, è ciò che significa crescere ogni anno del 10%. È come se un nuovo paese nascesse ogni 6 anni.
Mentre da loro si ricostruisce da cima a fondo l’intero paese ogni 6 anni, noi negli ultimi 10 anni abbiamo introdotto giusto il GPS, quel giochino noioso che sono i social su internet e poco altro. E intanto mia mamma si fa una risata se ripensa alle travolgenti innovazioni a catena che l’hanno travolta ai suoi tempi cambiandole radicalmente la vita.
Noi – dobbiamo prenderne atto – siamo invece un’economia matura, un’economia che stagna alla frontiera tecnologica. Un paese calmo e placido.
Trasformarci più o meno lentamente in una grande Svezia è il nostro destino.
Ho parlato di destino, cio’ fa capire l’inadeguatezza di un termine come “società bambocciona”. Nella nostra palude aspettiamo che arrivi presto o tardi anche la Cina.
Un altro modo per misurare la differenza con i paesi più dinamici consiste nel guardare alle biografie degli uomini di successo.
Jack Ma – l’uomo più ricco della Cina nel 2014 – cominciò la sua vita nel 1964 in una condizione di estrema povertà.
I suoi genitori erano musicisti/saltimbanco itineranti, una categoria invisa e perseguitata sotto Mao.
La sua fu fin da subito una condizione di privazioni materiali estreme. Da ragazzo si alzava alle 5:00 di mattina per camminare fino all’hotel più vicino in modo da incontrare turisti e mettere alla prova il suo inglese raffazzonato.
Fu licenziato una dozzina di volte e dovette affrontare moltirifiuti lavorativi. Fu ripetutamente respinto agli esami di ammissione universitaria.
Non toccò un computer fino all’età di 33 anni. Ottenne la sua prima pagina web attraverso una compagnia cinese e con l’aiuto di amici americani. Ricorda ancora che la fece vedere ai suoi genitori riuscendo a “caricarla” sullo schermo in circa mezz’ora.
Nel 1999 inaugurò Alibaba divenendo in breve tempo miliardario, ed infine l’uomo più ricco della Cina.
Molte persone tra l’ élite economica cinese hanno una storia simile a quella di Jack Ma. Per esempio Liu Longhao, per molti anni impegnato a trasportare i secchi con gli escrementi umani destinati alla fertilizzazione dei campi. Oppure Weng Wenyn, che calzò scarpe della sua misura solo a vent’anni, girava sempre affamato e cominciò come addetto alla tubatura per colare il cemento dalle betoniere.
E ricordo che parliamo di epopee degli anni novanta e duemila, non della rivoluzione industriale.
Beh, è difficile trovare oggi imprenditori europei o americani con storie simili. Certo, tornando indietro di mezzo secoloforse anche noi possiamo vantare roba del genere. Ma dopo?
Dopo, rilassatezza e compiacimento si sono impadroniti di noi. La mobilità sociale è crollata e la stagnazione ha trionfato.
In un certo senso si sono abbassati i costi per far partireuna nuova impresa ma non c’erano più imprese da far partire.
Tutto è diventato prevedibile, tutto c’è apparso come già scritto. Un sentimento del genere non ha mai attraversato il cuore di Jack Ma perché un sentimento del genere non appartiene alle società dinamiche.
Ma perché la palude?
Sono state offerte molte spiegazioni: la rigida stratificazione sociale, la competizione con manodopera straniera a basso costo, il bisogno crescente di competenze e training tecnologico molto avanzato, l’iper-regolamentazione e l’ossificazione dell’economia occidentale, il declino dei sindacati, il potere crescente delle élite economiche e altre ancora.
Ma forse la vera spiegazione è più semplice: un’economia matura tende a declinare, ad essere sempre meno dinamica, più incline a perdonare, a soprassedere, a rilassarsi.
E’ come il tempo: se è bello, pioverà. E tu non puoi farci nulla.
Io sono più rilassato di mio padre e i miei figli (che probabilmente avranno uno stipendio senza lavorare), saranno più rilassati di me.
Non c’è niente da fare: le cose stanno così e forse è anche giusto che stiano così. Siamo talmente ricchi che se ci fermiamo a “godere” della nostra ricchezza, perché scandalizzarsi oltremisura?
Il dinamismo significa stress e guai continui, ricordiamocelo.
Quando un’ economia si ferma è normale che si fermi anche la mobilità generazionale. Questo succede anche se i governanti le azzeccano tutte.
Dare troppe colpe alla politica è azzardato. La politica puo’ anche calarci nell’ambiente più stimolante e competitivo ma noi abbiamo voglia di rilassarci, non di competere.
Questo anche perché alcune qualità che stanno dietro il successo delle persone sono ereditarie. Per esempio,l’intelligenza, l’ambizione e la forza di volontà. Dici poco!
Si tratta di tratti chiave della personalità ereditabili in un range che va dal 40 al 60%.
Le gerarchie si ossificano anche nella società più meritocratica e fluida, una volta che una famiglia ha guadagnato i vertici non li molla più. Forse la meritocrazia è ancora più rigida del diritto nobiliare.
L’ élite e le famiglie più ricche trasmettono più educazione e più qualità alla loro prole.
In altri termini, la struttura di una società efficiente si replicacon grande facilità.
Le persone di successo vengono sempre di più da famiglie di successo, anche in assenza di corruzione o scorrettezze.
Il matrimonio tra simili non fa che contribuire a questa “grande replica” che lascia tutto come sta.
La circolazione delle élite, come la chiamava Vilfredo Pareto, diminuisce in modo drastico.
Riepiloghiamo allora la tesi: più ricca, più stabile, più felice è la vostra società e più difficile sarà osservare una mobilità sociale degna di nota.
Ciò può essere visto anche al rovescio, ovvero: una società stagnante e con bassi livelli di mobilità sociale sarà probabilmente anche più stabile e felice.
L’evidenza empirica sembrerebbe confermare: le regioni del mondo con la più alta mobilità educativa e di reddito hanno una bassa qualità della vita, per esempio la Cina rurale, o l’Etiopia rurale o il Kyrgyzstan.
Ma c’è una lettura ottimistica dei dati e coinvolge l’immigrazione.
Poiché la mobilità sociale si misura confrontando padre e figlio, esclude la figura dell’immigrato. Ma è proprio la categoria in cui la mobilità sociale si manifesta al suo massimo grado! Di conseguenza, un paese ad alta immigrazione avrà una mobilità sociale che gli indici non rilevano.
Forse, allora, non siamo poi così fermi come sembrerebbe.
In America, per esempio, il 40% delle prime 500 società commerciali è stata fondata da un immigrato o da un suo figlio. Se questo è vero il dato ufficiale della mobilità perde gran parte di senso.
Ogni paese con molta immigrazione avrà una mobilità sociale ben più alta di quella mostrata dalle statistiche.
Nelle classifiche OCSE, per esempio, Stati Uniti e Danimarcahanno una mobilità simile ma è chiaro che la mobilità reale degli Stati Uniti è molto più elevata visto che il paese riceve più immigrati sia in senso assoluto che in senso relativo.
Purtroppo, se le cose stanno in questi termini, la parte più dinamica del paese ha una cultura estranea a quella locale, e poiché a votare sono spesso solo i “locali” le leggi più richieste saranno quelle a tutela della stagnazione.
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La stabilità è diventata la nostra ossessione, ed investiamo quasi tutto lì. Possiamo fare diversi casi.
Il favore con cui è stata accolta la proposta del matrimonio gay ha del prodigioso. È qualcosa che appena 15 anni fa nessun politico, neanche i radicali, avrebbe mai messo in agenda.
Il matrimonio costituisce la relazione stabilizzatrice per eccellenza, mentre invece il gruppo sociale dei gay ha sempre rappresentato la trasgressione.
Non è un caso che nella stessa comunità gay molti considerano questa conquista qualcosa di pericoloso. Michael Warner, per esempio, un eminente rappresentante delle teorie queer, ha detto a chiare lettere che il matrimonio è un’istituzione conservatrice e che i gay devono respingerla con forza.
Evidentemente la parte più timorosa, più stabilizzatrice e più conservatrice ha stravinto anche all’interno dei “trasgressivi”.
Se in città c’è qualcuno che spende sono i vari enti locali: festival letterari, mostre, iniziative didattiche, luminarie natalizie…
Il passatempo e l’intrattenimento culturale sembrano ormai l’unica cosa che conti, l’unica cosa per cui si spenda senza sosta.
E’ chiaro che vogliamo rilassarci: ci tartassano affinché uno scrittore sconosciuto discuta in piazza il suo libro. E a noi va bene così. magari scuotiamo la testa ma non andiamo oltre, in fondo ci va bene.
Forse perché sappiamo che la “cultura” serve: è un bromuroche ci pacifica. E la pace è tutto, specie se sei ricchissimo e intendi godere delle tue ricchezze.
Interessa un po’ meno al quindicenne Jack Ma. Ma lui è lontanissimo da noi e dalla nostra sensibilità.
Un altro esempio viene dal modo i cui percepiamo i nostri ragazzi: lasciarli in auto quando compriamo il giornale all’edicola è ormai considerato “abbandono di minore”. Ma denunce ieri (ovvero nell’epoca del dinamismo) impensabili scattano anche se li lasciate tornare a piedi dal parchetto dietro l’angolo o dalla scuola!
I nostri figli vivono in un ambiente 100 volte più sicuro di ieri e noi siamo 100 volte più preoccupati di ieri. Perché?
Forse perché siamo dei genitori bamboccioni con figli bamboccioni che vivono nella stagnante società dei bamboccioni.
Fateci caso, ogni volta che ci pensiamo a comportamenti virtuosi pensiamo di fatto a comportamenti che mirano a calmare le acque, a stabilizzare la situazione, a ridurre i rischi.
Sono passati i giorni della ribellione, i giorni del gesto virile e poco diplomatico. dello sfregio. Nessuno intende più scioccare il prossimo con la sua condotta.
Anche in campo estetico – nelle arti – le opere hanno sempre di più un’apparenza distensiva e confortante.
Anche il modo di vestire è oggi scelto per far sentire a proprio agio il prossimo e se stessi.
Trionfa il casual.
La moda diventa sempre più tollerante e non ci sono più codici nel vestire.
L’abito non fa il monaco: ieri era un modo di dire, oggi è la verità.
Ma questa tendenza della moda ha un contraccolpo più potente del colpo: il codice lasco rende sempre più difficile apparire adatti.
Gli economisti chiamano il trionfo del casual un “controsegnale”: il potente gira in maglioncino ed è come se dicesse “il mio status è talmente elevato che non devo nemmeno segnalarlo attraverso un abito adeguato”
Anche i titoli – “dottore”, “professore” – non sono più di moda e vengono omessi. Controsegnale: “sono talmente competente che nemmeno dico che sono dottore, ti basterà andare su google per restare impressionato dalle mie capacità”.
Ma non ingannatevi, questa nuova tendenza nel collocarsi e rivendicare il proprio status, non è meno oppressiva della precedente.
Anzi, per il novizio, è ancora più difficile essere incluso nell’élite: non riesce a decifrare i nuovi codici complessi. Per lui è stato più facile “salire” nella sostanza che farsi riconoscere nella forma.
Come devo vestire per entrare nel gruppo che conta? Prima era chiaro ma ora?
Se hai 25 anni, cosa devi mettere per segnalare il tuo nuovo status altolocato? Può essere molto duro rispondere a questa domanda, ieri era semplicissimo.
Una volta che Alibaba ha sfondato in borsa, Jack Ma è andato subito a fare scorta di suite blu senza pensarci due volte. Non ha certo pensato ad anonimi maglioncini.
Diventa difficile anche per il venditore riconoscere il cliente. Molto spesso – se gestisci una galleria d’arte – chi ha un’ elevata capacità di spesa ti entra in negozio in jeans e scarpe da tennis. Chi ostenta doppio petto e cravatta non spenderà mai 10 milioni per un Basquiat. Questa incertezza tiene sulle spine ogni venditore.
Prendiamo i paesi che dagli anni 60 si sono mostrati i più dinamici: Giappone, Sud Corea e Cina. Sarà un caso che queste culture sono le uniche tra i paesi sviluppati ad essere ancora ossessionate dal completo-giacca-cravatta, dalla business card, dalla sottomissione all’autorità gerarchica, dal regalo fatto come si deve e altri costumi che un tempo conoscevamo molto bene anche noi?
Nelle società dinamiche il segnale è tutto, in quelle declinanti di controsegnale prevale. Nelle società dinamiche produrre è la priorità, nelle società stagnanti la priorità è decriptare la giungla segnaletica in cui ci si ritrova immersi.