Riflessioni sui privilegi del “maschio”
Trovo abbastanza contraddittorio argomentare contro le “diseguaglianze economiche” e, allo stesso tempo, sostenere che nella nostra società esiste un “privilegio maschile”.
La cosa passerebbe inosservata se molti militanti non fossero contemporaneamente schierati su entrambi i fronti. La maggior parte delle femministe che sostengono il “privilegio maschile” sono sempre state “rosse” dentro e, oggi che non si puo’ più esserlo, restano “rosa” come minimo.
Parlando di argomenti contro le diseguaglianze non mi riferisco alle ormai screditate teorie marxiste (“rosse”) bensì a quelle più vive che mai del rispettatissimo professor John Rawls (“rosa”). Con il suo leggendario tomo “Una teoria della giustizia”, il professore, ha fissato in modo rigoroso la moderata visione per una sinistra moderna e liberal.
A questo punto entriamo nel merito. Secondo il professore la società ideale è quella per cui opteremo di comune accordo se chiamati a sceglierla dietro “un velo di ignoranza”.
Mi spiego meglio, in che mondo vorreste vivere se al momento della vostra scelta non conoscete nulla della vostra identità futura?
Ebbene, immaginare un accordo tra persone che trattano in queste condizioni ci consentirebbe di immaginare la società giusta.
Ma John Rawls non si limita a dettare le condizioni per immaginare la società giusta, ha anche la presunzione di sapere quali saranno le nostre scelte concrete una volta messi in quelle condizioni. Secondo lui, noi alla fine opteremo per quella società in cui i più sfortunati vengono trattati meglio.
Sì noti che la formula di John Rawls non è ingenua come quella dei marxisti. Il fatto di concentrarsi solo sugli ultimipermette alla società di non perdere troppo in efficienza. Una società del genere è compatibile con un’economia di mercato.
Il suo argomento “neo-contrattualista” è da decenni considerato il più solido e autorevole per opporsi alle diseguaglianze sociali nel rispetto della democrazia.
Ma c’è un altro modo “vero per definizione” di individuare la società ideale, basta pensare ai privilegiati della società reale e poi immaginare una società composta esclusivamente da loro. Una società dove tutti sono “privilegiati” è una società che rasenta la perfezione.
Poiché i teorici del privilegio maschile considerano i maschi come i soggetti privilegiati della nostra società, una società composta esclusivamente da loro come sarebbe?
Ebbene, dobbiamo capire cosa caratterizza il “maschio” per giungere ad una configurazione attendibile. Ebbene, una delle differenze tra i sessi più acclarate e con le maggiori ripercussioni nel vivere sociale è quella che riguarda la varianza nelle performance: in molti casi gli uomini primeggiano ma sono anche più presenti tra coloro che occupano l’ultimo rango.
Un mondo immaginario abitato solo da maschi ( ovvero da individui “privilegiati”) sarebbe probabilmente più ricco ma anche con più diseguaglianze, con più criminali, con più suicidi, con più barboni, eccetera.
Al contrario, il mondo abitato solo da donne ( ovvero da individui “penalizzati”) avrebbe probabilmente redditi pro-capite meno elevati ma anche livelli di povertà più contenuti.
Diciamo – tanto per rappresentarci meglio la situazione – che il mondo privilegiato dei maschi assomiglierebbe agli Stati Uniti mentre quello penalizzato delle femmine alla Svezia.Gli Stati Uniti sono più ricchi della Svezia ma anche più diseguali e caotici.
Chiunque vorrebbe nascere in un mondo di privilegiati piuttosto che in un mondo di penalizzati, è ovvio. Affermare che gli uomini hanno un privilegio significa sostanzialmente affermare che gli Stati Uniti sono meglio della Svezia.
Questa affermazione confligge in modo patente con le conclusioni del modello di John Rawls.
Infatti, è essenzialmente contraddittorio invidiare la condizione maschile, essenzialmente più soggetta ai rischi, e poi, dietro un velo d’ignoranza, optare per un mondo meno rischioso.
Personalmente, darei ancora una chance a John Rawls, per quanto questo autore non mi abbia mai convinto fino in fondo, e getterei dalla torre il concetto di “privilegio maschile”, che mi convince ancora meno.
Anche perché non faccio fatica a comprendere la genesi “perversa” di un concetto tanto problematico.
Chi frequenta il mondo delle élite tocca con mano ogni giorno quanto la presenza maschile sia sovrabbondante,ancora oggi dopo decenni di battaglie femministe. La semplice constatazione di questo fatto avulso da tutto il resto ci porta a concludere che il maschio sia un privilegiato.
Se a concepire una teoria del privilegio fosse stato invece un appartenente alle classi subalterne, una volta constatata l’assenza di donne in quei gironi infernali avrebbe probabilmente parlato di “privilegio femminile”.
Naturalmente, il mestiere di “concepire teorie” tocca agli accademici: la loro notoria frequentazione delle élite e l’altrettanto noto distacco dal mondo degli ultimi li spinge inevitabilmente a parlare solo ed esclusivamente di “privilegio maschile”.