martedì 18 febbraio 2020

LA BANALITA' DELL'INVENZIONE

LA BANALITA' DELL'INVENZIONE
Molte straordinarie invenzione avrebbero potuto essere fatte secoli o millenni prima. Non trovate che la cosa sia un po' inquietante?
Ieri ho letto della spoletta volante di John Kay, una delle scoperte più famose della rivoluzione industriale britannica. Aumentò radicalmente la produttività nel settore della tessitura intorno al 1730, e non era granché, comportava giusto il fissaggio di un pezzo di legno agganciato al filo. Nessun materiale avveniristico. Veniva applicata alla tessitura della lana - una pratica secolare dell' industria inglese - e non richiedeva abilità di realizzazione o una scienza speciale. La tessitura era praticata da oltre cinquemila anni da milioni di abili operai senza mai alcun miglioramento per accelerare le operazioni. Fino all'anno 1733, appunto, in cui tutto cambiò misteriosamente. I tessitori erano in circolazione da millenni, così come le navette rudimentali: uno è persino menzionato nell'Antico Testamento ("i miei giorni sono più veloci della navetta di un tessitore e sono spesi nella disperazione”). Come invenzione salva-lavoro, la navetta volante di Kay fu molto avversata e persino tecnicamente illegale per un certo lasso di tempo.
E' un caso che mi ossessiona perché va contro così tante nozioni comune sulle cause dell'innovazione. Abilità, materiali innovativi, scienza, istituzioni, incentivi, nulla sembra adattarsi a questo caso quando ci chiediamo: "perché non prima?".
Gli esempi poi sono tanti: perché il sollievo della valigia con le ruote ha tardato tanto? E la bicicletta (altra illustre candidata)? Sono come frutti cresciuti sui rami più bassi di un albero che setacciamo da millenni. Li vediamo e ci sorprendiamo che siano ancora lì.
Come mai i romani non si divertivano con i giochi di ruolo e da tavolo?
Difficile spiegarselo, non c'è nulla a fare da ostacolo, l'invenzione di tali giochi avrebbe potuto avvenire secoli o addirittura millenni prima. Allora perché c'è voluto così tanto?
Ipotesi: l'invenzione è estremamente rara. Non ci interessa poi così tanto, anche se a posteriori ne constatiamo tutti il meraviglioso impatto. È una questione di "assenza", più che di "barriere". Sono pochissime le persone che si preoccupano di fare le cose in modo diverso. In genere l'abitudine ci consola e ci conforta, ma consola e conforta anche chi sta intorno a noi. Se la stasi è la norma, cio' significa che molte grandi idee ci si parano davanti ma noi non le vediamo, e nemmeno ci sforziamo troppo per vederle. Per un economista tutto cio' è imbarazzante poiché si pensa che le opportunità di profitto vengano rapidamente sfruttate (100 euro sul marciapiede non staranno lì a lungo).
Non saprei cosa pensare. Forse ci sono idee operative all'interno di certi vincoli e altre che cambiano i vincoli. Le prime, una volta realizzate, sono pronte in tempo reale per entrare in circolo. Le seconde richiedono invece un riassetto complessivo dell'organizzazione sociale, il che va oltre le forze del potenziale inventore, che quindi più o meno consciamente ci rinuncia e si dedica ad altro, magari alle prime. Perché inventare l'auto elettrica quando senza un riassetto dell'intera circolazione/distribuzione stradale resterebbe un aborto? In molte invenzioni l'inventore è solo la rotella di un ingranaggio complesso, è solo l'attivatore di processi che ben presto non dipenderanno più da lui; per questo preferiamo preservare il delicato ingranaggio che gira miracolosamente piuttosto che innovare dovendo rimettere in discussione lo status quo e puntare su un'alternativa che richiede la collaborazione di tutti nonché molti sacrifici.