L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO
Cose imparate oggi: i cognomi erano soprannomi.
Voi non ci crederete ma è esistito un mondo in cui
l’informazione scarseggiava, cosicché non andava sprecata, a partire dai nomi.
Il fatto che io mi chiami “Riccardo” non dice niente a nessuno, se mi chiamassi
“Pietro” non farebbe differenza. Si tratta di una palese occasione sprecata per
informare. Oltretutto, “Riccardo” è un nome che mi è stato appioppato quando
ancora non si conosceva il mio carattere. Sarebbe molto più utile se la gente
mi chiamasse “lo spaccaossa”. O al limite – considerata l’ereditarietà dei
caratteri personali - “Mario”, che è il nome di mio papà, lui almeno aveva già
vissuto a lungo e qualcosa in più si sapeva.
Ma ancora oggi ci sono mondi dove l’informazione scarseggia ad
arte: il mondo del crimine. Al maxiprocesso di Palermo il 32% degli imputati era
schedato dalla polizia con un soprannome (spesso il nome del padre o del nonno).
Non esiste professione che eguagli questo record.