A CHE SERVE AVERE UN CANE?
Pensare a “un bambino” non è come pensare al “mio bambino”, tra
i due concetti c’è una distanza che ti apre un mondo. Si spalanca
subito una differenza abissale che prima non sospettavi. Hai come l’impressione
di cogliere la tua natura più profonda. Non te la scordi più e da quel momento
ne fai il fulcro di ogni tua considerazione sociale, politica, antropologica,
famigliare, filosofica…
“Un bambino” merita giusto un retorico e argomentato post a
difesa su Facebook ma per il “tuo bambino” andresti nel fuoco senza dire niente
a nessuno, senza giustificare alcunché e trascurando ogni argomento. Arrivo a
dire che al “tuo bambino” non riesci nemmeno a “pensare”, si tratta di qualcosa
di diverso.
Pensare con rigore a “un bambino” è abbastanza facile: ne siamo
circondati. Ma per pensare autenticamente al “mio bambino” la cosa migliore è di
averne uno.
Ma forse non è nemmeno necessario arrivare a tanto: basta
pensare a “un cane” in contrapposizione al “mio cane”. L’intuizione di fondo di
quella indispensabile “differenza abissale” emerge ugualmente. Ora puoi
capire.