Io e il mio amico John Maynard Keynes
Siamo nel bel mezzo di una dolorosa crisi economica, è scoppiata una “bolla” da qualche parte – forse in America – e la gente sfiduciata non spende più. Il consiglio che senti in giro è sempre quello: “stai fermo”, “non muoverti”, “mantieni la posizione”, “a’ da passà la nottata…”, “aspetta che la buriana si calmi”. Sta di fatto che la gente mette i soldi nel materasso, la deflazione avanza, le insolvenze si accumulano, i fallimenti si moltiplicano e i disoccupati pullulano. I propagandisti parlano di “fallimento del neoliberismo”, i razzisti proclamano la “colpa dei negri” e anche gli anti-semiti vivono il loro momento d’oro.
L’unico a mantenere la calma è il mio amico Keynes, lui vede chiaro anche in questo nebbione e parla con sicumera di “trappola della liquidità”, cosa intenderà con questa espressione esoterica non lo so e non voglio saperlo. Sia come sia è un tipo simpatico, soprattutto sofisticato, ama le cose belle e come me non bada a spese, quando ha quattro soldi da parte subito passa all’azione. Come me odia il risparmio. Ci conosciamo da anni e lui conosce la mia prodigalità, non ho molti mezzi ma possiedo nientemeno che un castello, che posso farci, i castelli sono la mia passione. Nulla di che ma ho investito lì dentro tutti i miei risparmi. Più volte l’ho invitato a soggiornare da me offrendogli vitto, alloggio e non solo. Lui ha sempre bisogno di ambienti tranquilli per elaborare le sue teorie cervellotiche e ha sempre accettato stupendosi della mia generosità, mi ha anche confessato candidamente di considerarmi una cavia per i suoi studi di economia sperimentale. Il mio amico Keynes, infatti, non ha mai amato la teoria astratta e la coerenza fine a se stessa, adora invece l’esperimento in corpore vivi: il mondo è capriccioso e va fronteggiato con pragmatismo, il resto sono “castelli in aria”.
Anche di fronte alla malattia attuale che ha colpito il nostro sistema economico il dott. Keynes sembrerebbe aver distillato una sua medicina. L’ha potuto fare nel mio eremo proprio grazie alle osservazioni sperimentali in cui il sottoscritto svolgeva l’umile ruolo della cavia, tanto è vero che ha deciso di battezzare la formula al cuore della sua taumaturgica ricetta ric-M (che sta per “moltiplicatore riccardiano”, dove Riccardo – con due c – sono io, non il suo celebre predecessore).
Lui ha cercato di spiegarmi l’arcano per filo e per segno ma mi sono perso subito, probabilmente non sono all’altezza, mi viene sempre mal di testa quando i numeri entrano in scena, questo fin dai tempi della ragioneria. Ad ogni modo riporto qui sotto un foglio dei suoi appunti, uno dei tanti lasciati nella sua stanza, magari voi ci capirete qualcosa in più…
…Partiamo da una semplice identità: Y = C+G+I. Ovvero: il reddito della nazione (Y) è pari ai consumi (C) più gli investimenti (I) più la spesa pubblica (G). Semplice, no?Poi notiamo che C=0.8Y. In fondo noi non consumiamo tutto il nostro reddito. Plausibile, no?Poi facciamo un po’ di aritmetica elementare e sostituiamo nell’identità originale: Y=0.5(G+I); dal che deriva che se aumentiamo G di uno, Y ci aumenta di cinque (sottolineato nell’originale). Grande! facciamolo subito e i disoccupati spariranno.Ma calma, si puo’ fare di meglio! Posso anche dire che: Y=YR+YA. Ovvero: il reddito totale è pari al reddito di Riccardo (la cavia che sto studiando) più il reddito di tutti gli altri.Possiamo ben dire che YA è circa il 99.999999% di Y. In formula YA=0.9999999Y; sostituendo nell’identità di partenza ottengo che Y=100000000YR. Ovvero, se consegno un euro a Riccardo il reddito nazionale mi aumenta di un fattore 1000000000. E’ un “moltiplicatore” pazzesco! Facciamolo subito e usciremo all’istante dalla crisi!!!…
Sia come sia sembra proprio che il mio amico Keynes goda di molta stima negli ambienti ministeriali dove è stato ricevuto con tutti gli onori e dove si è deciso – in assenza di alternative credibili – di adottare la sua cura nella speranza di uscire da tunnel.
Una cosa è certa: l’implementazione della cura di John mi ha piacevolmente colpito, in buona sostanza consisteva nel consegnare A ME un numero indefinito di miliardi di euro affinché li spendessi. Non so bene dove se li fossero procurati – sembra siano stati fatti dei debiti – ma a me la cosa interessa molto relativamente (non sono affari miei), io devo solo pensare a spenderli in Italia, r-M, dicono loro, avrebbe pensato al resto.
E così ho potuto dar sfogo alla mia vena e coltivare la mia vera passione: i castelli. Ho cominciato a comprare castelli a destra e a manca ma soprattutto a costruirne di nuovi dando lavoro a migliaia di persone che prima incrociavano le braccia (o giravano i pollici) in attesa del sussidio di disoccupazione. Grazie ai miei castelli l’economia è “ripartita” (come dicono loro) e il paese ha tirato un sospiro di sollievo. I 3/4 del nostro sistema produttivo è al mio servizio specializzandosi nella costruzione di castelli medievali. Vista dall’estero la cosa appare strana ma l’importante era il PIL che finalmente galoppava a pieno regime grazie al buon lavoro di r-M. Inutile dire che John vinse il Nobel a mani basse e il nostro paese venisse portato ad esempio ovunque.
Un giorno il Ministro mi convocò nel suo ufficio per comunicarmi che finalmente il Paese poteva dirsi “ufficialmente uscito dalla crisi”, che loro avevano ripagato i debiti fatti e che quindi non aveva più senso trasferire nelle mie tasche tanta ricchezza, il rubinetto veniva chiuso poiché non serviva più azionare l’ r-M. Ci saremmo rivisti nel “momento del bisogno”, disse proprio così nil signor Ministro. Da un giorno all’altro la domanda di castelli si azzerò, la cosa non fu considerata un problema poiché ormai la fiducia aveva ricominciato a circolare e la gente spendeva, la “trappola della liquidità”, diceva John, era solo un ricordo lontano. Sarà stato anche vero che la gente aveva ricominciato a spendere ma poiché conosco bene i miei connazionali so anche che spendono praticamente tutto in gioco d’azzardo e prostituzione mentre la parte produttiva del paese fu presa alla sprovvista poiché si aspettava di dover costruire castelli medievali (quelli con i merletti); occorreva così riconvertire le imprese edili specializzate nella costruzione di castelli medievali in prostitute e biscazzieri, un’impresa non da poco (per usare un eufemismo). E’ così che precipitammo in una nuova recessione ben peggiore della prima. Non dico altro.
Come usciremo da questo nuovo guaio non lo so bene, so solo che quando io e il mio amico Keynes ci presentammo timidamente al Ministero ritenendo che “il momento del bisogno” fosse tornato e vantando le imprese passate dell’ r-M fummo scacciati in malo modo :-(.