Come cambia idea la Chiesa Cattolica?
Puo’ farlo nella continuità oppure con unostrappo. Nel primo caso non si rinnegano i valori fondamentali espressi in passato, ci si limita a dire che, alla luce dell’esperienza accumulata, possono e devono essere perseguiti in modo differente. Nel secondo caso invece si ammettono implicitamente errori marchiani.
Facciamo il caso di un cambiamento nella continuità. Detto in modo semplice: in passato la Chiesa condannava i prestiti a interesse, oggi non più. Questo genere di cambiamento di opinioni è chiaramente nel solco della continuità. Anche in passato, infatti, la CC non ha mai considerato l’interesse sui prestiti come un male in sé, bensì come uno strumento maligno volto a schiavizzare il debitore. Successivamente, con l’introduzione della concorrenza nel settore bancario e con l’illuminazione fornita dalle nascenti scienze economiche, si capì che impedire il prestito ad interesse arrecava più danni che benefici alla comunità. Ebbene, se il valore fondamentale da tutelare era la sopraffazione dell’uomo sull’uomo risulta chiaro a tutti che impedire il prestito a interesse in una società moderna non è di nessuna utilità, cosicché il divieto viene correttamente revocato.
Si potrebbero fare altri esempi. Mi viene in mente il cambio di atteggiamento sul ruolo della donna in famiglia: la sua sottomissione non era un valore in sé ma un mezzo per organizzare al meglio l’istituto familiare date le condizioni ambientali arcaiche. Oggi, con condizioni ambientali nettamente variate, è naturale che qualcosa debba cambiare. Mi viene in mente poi l’atteggiamento sprezzante della Chiesa verso la ricchezza (oggi a quanto pare sta tornando). In passato la cosa poteva avere un senso: in una società dove la ricchezza veniva trasferita alle élites grazie a strategie “estrattive” (rapina, privilegio, imperio…) la condanna aveva un senso; oggi che invece viene creata beneficiando l’intera comunità ne ha molto meno. Anche qui: il valore da tutelare è la dignità dell’essere umano (che non puo’ essere rapinato) non l’eguaglianza di per sé.
Facciamo ora il caso di un cambiamento con la tecnica dello strappo: ieri la pena di morte era consentita, oggi non più poiché “intrinsecamente immorale”; si ritiene che leda la dignità dell’essere umano. Ieri l’ottica era ben diversa: responsabilizzare il condannato in modo proporzionale alle sue colpe era un modo per onorare la sua dignità di uomo, non un modo per calpestarla: è il bambino semmai (o l’animale) che viene perdonato proprio perché privo di quella dignità che spetta solo alla “persona completa”. In un caso del genere, a me sembra, si sta semplicemente cambiando opinione rispetto a ieri senza che nessun fatto concreto o nessuna scienza ci abbia illuminato in merito. Nel momento in cui definisco la pena di morte come “intrinsecamente immorale” non la sto più trattando come uno strumento che ieri funzionava e oggi, alla luce dei fatti e della scienza, non funziona più, ne sto facendo invece un “disvalore assoluto”. I cambiamenti già apportati precedentemente da GPII in tema di pena di morte erano fatti nel solco della continuità: si attribuiva alla comunità un valore da tutelare e si riteneva che, alla luce dell’esperienza fatta e della condizione contemporanea, l’applicazione della pena di morte non contribuisse più in nessun modo alla tutela di questo valore, così stando le cose poteva e doveva essere accantonata e considerata immorale. In questo caso il valore (o disvalore) di fondo veniva tenuto fermo indirizzando il suo perseguimento verso soluzioni alternative. Un simile cambiamento salva l’atteggiamento passato mentre, al contrario, parlare di “immoralità intrinseca” implica una condanna. Il trucchetto è quello di dire che l’esperienza ci ha illuminato nel tempo. Ma l’esperienza puo’ illuminarci sul funzionamento di certi strumenti non sui valori (o disvalori) fondamentali. Qui sorge allora un problema: perché mai dovrei dar retta a chi si è già sbagliato in passato sui valori fondamentali? E se domani ci dicessero che la Madonna non è assunta in cielo? Che c’è stato un errore?