venerdì 6 giugno 2008

Lo scienziato che non sopravvalutò la realtà

Gregory Clark è forse uno dei massimi malthusiani in circolazione. Una razza quasi estinta.

In quanto tale è in grado di parlare con semplicità e rigore del paradigma che professa. Lo fa ancorandolo a due minuscole ipotesi:

1) fertilità e mortalità in una società umana, rispettivamente, crescono e decrescono con il tenore di vita presente;

2) il tenore di vita di una società decresce al crescere della popolazione.

Ho parlato di "società umana". Non ne avevo bisogno: anche gli animali sono sottoposti all' assioma ferreo. Tanto è vero che le leggi economiche di Malthus valgono anche per l' economia animale. Anzi, per gli animali valgono ancora oggi.

L' uomo invece, dopo la "rivoluzione industriale", sembra essersi affrancato dalla "trappola malthusiana". Ma fino ad allora il paradigma della scienza triste calzava a pennello e spiegava più o meno tutto anche per il bipede eretto.

Il reverendo Malthus scrisse il suo saggio epocale per attacare il padre, un fervente seguace delle utopie di Godwin e Condorcet. I due eroi paterni ritenevano che miseria, infelicità e vizio, fossero l' amaro frutto dei cattivi governi. Un po' come lo riteniamo noi oggi dandolo per scontato.

Malthus - ricordo che scriveva e conduceva le sue battaglie intellettuali alla fine del XVIII secolo - voleva introdurre spiegazioni che aderissero meglio ai fatti della storia: la povertà non era causata dalle istituzioni e inane risultava quindi qualunque riforma delle stesse. Con il suo martello picchiava sempre su questo punto.

Le conseguenze erano vaste e strabilianti.

Le redistribuzione di ricchezza verso i poveri avrebbe avuto un' unica conseguenza: più poveri. Una proliferazione che avrebbe comportato salari decrescenti e maledizioni a non finire per le generazioni successive.

L' illuminismo del tempo sembrava convinto, la logica malthusiana era ferrea e confermata. Ricardo: "... le leggi della povertà sabotano le loro stesse benevole intenzioni, non alleviano le sofferenze dei poveri ma aggravano la condizione di poveri e ricchi... ".

Nella logica malthusiana tutto cio' che è cattivo per noi è buono per i nostri figli. Una guerra disastrosa oggi, fonderà la prosperità di domani. Sfoltire la popolazione è il mezzo più sicuro per accrescere il benessere dei superstiti. Prima dell' 800 era anche l' unico mezzo per farlo.

Gli esempi non si contano, ne faccio uno macroscopico: la peste nera del 1348 ridusse drasticamente la popolazione europea garantendo il relativamente elevato tenore di vita di cui cui godettero le generazioni del secolo successivo.

Il lusso, lo spreco, la stravaganza dei sovrani... sono tutti elementi che non incidono sul benessere del cittadino medio.


Una persona che viene al mondo è sia un cervello per pensare che una bocca da sfamare. Nell' uomo post-mathusiano il bene del cervello pesa mediamente di più rispetto al costo della bocca.

Ma questo è vero solo da un secolo e mezzo. E Gregory Clark s' interessa di almeno 4 millenni. Malthus poi quel secolo e mezzo non l' ha mai visto.


Per fortuna anche il tempo di Malthus era abitato da preveggenti ispirati che non stavano lì con il bilancino a verificare la propria visione.

Il grande Adam Smith invocava con passione un governo che abbassasse le tasse e liberasse i commerci. Era alla ricerca insomma di un buon governo.

Eppure questi suggerimenti che oggi ci appaiono saggi, erano del tutto svincolati dalla storia: politiche del genere erano già state attuate, ma l' economia malthusiano le aveva inchiodate: il governo non puo' influire sul benessere se non nel breve periodo, finchè natalità e mortalità della popolazione ripristinano gli equilibri.

Nonostante cio' Adam Smith si prodrigò nel sagomare la pietra angolare di tutto l' edificio dell' economia moderna. Lo fece in un ambiente che non concedeva credibilità alla sua crezione teorica, lo fece contro le evidenze. E trionfò.

Ma la storia delle scienze economiche non fa che ripetere quella di altre scienze: anche Galileo sostenne le sue teorie contro molte evidenze; si arrese ai fatti? No, insistette.

L' argomento centrale della sua perorazione (le maree) era clamorosamente falso, oggi lo sappiamo. Ma il genio non sopravvaluta i fatti. In lui agiscono prepotenti anche il pregiudizio, la passione e l' ideologia.

Nello studio del metodo scientifico Lakatos e Feyerabend passarono al setaccio l' azione di molti geni creativi.

Fu riscontrata la grande caparbietà con cui difendevano le loro intuizioni.

Altro che "esperimento cruciale"! L' esperimento tanto caro a Popper, nella realtà concreta non è quasi mai esistito. Anche dopo diversi "esperimenti cruciali" dall' esito negativo, molte future glorie tennero il punto con una testardaggine che in molti casi fu premiata.

D' altronde, se la realtà della storia economica dell' uomo è questa, tenere il punto contro i fatti diventa decisivo per fare previsioni sensate. Chissà che diagrammi del genere non siano idonei a descrivere anche altre realtà. D' altronde sappiamo che la logica induttiva, semmai esista, è sottoposta al paradosso del tacchino: il tacchino si reca sull' aia a ricevere il cibo per 364 giorni all' anno. Il 365esimo giorno è il giorno del ringraziamento. Il tacchino torna sul posto forte della sua esperienza statistica, ma quel giorno è lui il cibo per tutti. Lo scienziato geniale non vuole fare la fine del tacchino e sa che una realtà fattuale come quella descritta nel grafico incombe sempre su di noi.