Non penso che sull' enigma dell' intelligenza umana le discipline evoluzioniste possano mai farci un quadro completo.
Esiste un elemento spirituale che non sono in grado di cogliere.
Dimenticarsene conduce agli esiti insoddisfacenti del neo-materialismo. Naturalmente questi esiti sono estremamente "soddisfacenti" se si vuole stupire ed acquisire fama.
Sfruttando il recente dialogo tra due evoluzionisti, forse riesco meglio a ribadire la mia posizione.
Facchini, sacerdote cattolico e docente di Antropologia, comincia con l' escludere sul tema la credibilità di posizioni che fanno capo all' Intelligent Design. Non sarebbe scienza.
In effetti ID formula solo congetture non verificabili, ipotesi su cui non ha senso scommettere poichè non ha senso verificare o confutare. La stessa procedura che adottano certi evoluzionisti in vena di spingersi oltre il seminato e puntare diretti sull' origine della vita. In questo senso non fanno scienza nè i primi nè i secondi.
Facchini mi piace quando reclama una trascendenza all' origine della mente umana. Ma al passo successivo che compie già mi tocca abbandonarlo, in particolare quando dice che:
"... l' attitudine a fare progetti, il linguaggio simbolico, l' autocoscienza e l' autodeterminazione, la capacità di gestire consapevolmente l' ambiente sono caratteristiche peculiari dell' uomo, che non si possono ricondurre al semplice sviluppo dell' attività cerebrale..."
Ma qui non c' interessa se queste attività si possano ricondurre ad una semplice evoluzione del cervello bensì il fatto se si possa o meno farlo in via di principio. Non vedo affatto questa impossibilità.
Mi ritrovo allora nelle posizioni di Pievani. Soprattutto quando prosegue il ragionamento affermando:
"... una volta acclarato che l' uomo tende ad aggredire i suoi simili per ragioni biologico-adattative, posso al tempo stesso decidere PER ALTRE motivazioni, di natura morale, che quel comportamento è illegittimo e va messo al bando...".
Infatti: PER ALTRE RAGIONI. Ragioni che non vengono dalla scienza eppure non sono elaborate in modo meno rigoroso.
Purtroppo lascio anche Pievani al suo destino nel momento in cui formula questa uscita:
"... l' irriducibilità del comportamento umano alla biologia non richiama automaticamente la trascendenza. È come dire che c' è un mistero su cui l' indagine scientifica non ha nulla da dire. Io, invece, non credo che esista una dimensione per principio inattingibile. Può esserlo di fatto, perché la scienza è un sapere provvisorio e avrà sempre di fronte a sé l' ignoto..."
E invece questo "mistero inattingibile" c' è. E' costituito dall' etica. Naturalmente non credo affatto che sia un "mistero inattingibile", lo è solo per la scienza. Per essa è un mistero su cui nulla ha da dirci in via di principio perchè è in via di principio che non si puo' passare dai fatti materiali (dominio scientifico) ai valori (dominio etico).
Non che fatti e valori siano del tutto privi di legami. Se proprio qualcosa li lega è qualcosa che va dai valori ai fatti piuttosto che viceversa. Meglio abbandonare questo filone della discussione per tornare sulla via maestra.
Pievani prosegue:
"... se i meccanismi biologici dell' evoluzione non bastano a spiegare la peculiarità culturale dell' uomo possiamo ricorrere ad altri livelli di analisi riguardanti le scienze umane: psicologia, sociologia, filosofia morale. Il tutto rimanendo su un terreno naturalistico e senza ricorrere a fattori trascendenti..."
In questo passaggio Pievani si riferisce alla filosofia morale appellandola "scienza".
Ma è sicuro che si tratti si una "scienza" al pari della fisica o della chimica?
La mia risposta è un deciso NO.
Ha dovuto chiamare questa scienza come "umana". Ma spesso le "scienze umane" non si caratterizzano solo per avere un oggetto di osservazione particolare, hanno anche un loro metodo particolare.
Certo, come dice Pievani possono avere un orientamento "naturalistico" nel senso per cui esiste un diritto naturale. Non si fondano su fatti materiali bensì su "fatti etici", fatti che hanno una natura ben diversa da quella materiale. Bisogna accettare questo dualismo e Pievani non mi sembra disposto a farlo.
Morale: nelle battaglie culturali intorno ai temi dell' evoluzionismo la distinzione decisiva quindi è tra monisti e dualisti, sarebbe meglio non dimenticarsene al fine di eludere i facili abbagli che proiettano altre distinzioni e categorie (ID, radicali, moderati...) che vengono spesso alla ribalta. Un dualista non sarà mai intimorito da nessuna impertinenza scientifica, conosce bene sia l' importanza che i limiti di quelle competenze.
Esiste un elemento spirituale che non sono in grado di cogliere.
Dimenticarsene conduce agli esiti insoddisfacenti del neo-materialismo. Naturalmente questi esiti sono estremamente "soddisfacenti" se si vuole stupire ed acquisire fama.
Sfruttando il recente dialogo tra due evoluzionisti, forse riesco meglio a ribadire la mia posizione.
Facchini, sacerdote cattolico e docente di Antropologia, comincia con l' escludere sul tema la credibilità di posizioni che fanno capo all' Intelligent Design. Non sarebbe scienza.
In effetti ID formula solo congetture non verificabili, ipotesi su cui non ha senso scommettere poichè non ha senso verificare o confutare. La stessa procedura che adottano certi evoluzionisti in vena di spingersi oltre il seminato e puntare diretti sull' origine della vita. In questo senso non fanno scienza nè i primi nè i secondi.
Facchini mi piace quando reclama una trascendenza all' origine della mente umana. Ma al passo successivo che compie già mi tocca abbandonarlo, in particolare quando dice che:
"... l' attitudine a fare progetti, il linguaggio simbolico, l' autocoscienza e l' autodeterminazione, la capacità di gestire consapevolmente l' ambiente sono caratteristiche peculiari dell' uomo, che non si possono ricondurre al semplice sviluppo dell' attività cerebrale..."
Ma qui non c' interessa se queste attività si possano ricondurre ad una semplice evoluzione del cervello bensì il fatto se si possa o meno farlo in via di principio. Non vedo affatto questa impossibilità.
Mi ritrovo allora nelle posizioni di Pievani. Soprattutto quando prosegue il ragionamento affermando:
"... una volta acclarato che l' uomo tende ad aggredire i suoi simili per ragioni biologico-adattative, posso al tempo stesso decidere PER ALTRE motivazioni, di natura morale, che quel comportamento è illegittimo e va messo al bando...".
Infatti: PER ALTRE RAGIONI. Ragioni che non vengono dalla scienza eppure non sono elaborate in modo meno rigoroso.
Purtroppo lascio anche Pievani al suo destino nel momento in cui formula questa uscita:
"... l' irriducibilità del comportamento umano alla biologia non richiama automaticamente la trascendenza. È come dire che c' è un mistero su cui l' indagine scientifica non ha nulla da dire. Io, invece, non credo che esista una dimensione per principio inattingibile. Può esserlo di fatto, perché la scienza è un sapere provvisorio e avrà sempre di fronte a sé l' ignoto..."
E invece questo "mistero inattingibile" c' è. E' costituito dall' etica. Naturalmente non credo affatto che sia un "mistero inattingibile", lo è solo per la scienza. Per essa è un mistero su cui nulla ha da dirci in via di principio perchè è in via di principio che non si puo' passare dai fatti materiali (dominio scientifico) ai valori (dominio etico).
Non che fatti e valori siano del tutto privi di legami. Se proprio qualcosa li lega è qualcosa che va dai valori ai fatti piuttosto che viceversa. Meglio abbandonare questo filone della discussione per tornare sulla via maestra.
Pievani prosegue:
"... se i meccanismi biologici dell' evoluzione non bastano a spiegare la peculiarità culturale dell' uomo possiamo ricorrere ad altri livelli di analisi riguardanti le scienze umane: psicologia, sociologia, filosofia morale. Il tutto rimanendo su un terreno naturalistico e senza ricorrere a fattori trascendenti..."
In questo passaggio Pievani si riferisce alla filosofia morale appellandola "scienza".
Ma è sicuro che si tratti si una "scienza" al pari della fisica o della chimica?
La mia risposta è un deciso NO.
Ha dovuto chiamare questa scienza come "umana". Ma spesso le "scienze umane" non si caratterizzano solo per avere un oggetto di osservazione particolare, hanno anche un loro metodo particolare.
Certo, come dice Pievani possono avere un orientamento "naturalistico" nel senso per cui esiste un diritto naturale. Non si fondano su fatti materiali bensì su "fatti etici", fatti che hanno una natura ben diversa da quella materiale. Bisogna accettare questo dualismo e Pievani non mi sembra disposto a farlo.
Morale: nelle battaglie culturali intorno ai temi dell' evoluzionismo la distinzione decisiva quindi è tra monisti e dualisti, sarebbe meglio non dimenticarsene al fine di eludere i facili abbagli che proiettano altre distinzioni e categorie (ID, radicali, moderati...) che vengono spesso alla ribalta. Un dualista non sarà mai intimorito da nessuna impertinenza scientifica, conosce bene sia l' importanza che i limiti di quelle competenze.