lunedì 21 novembre 2016

Musica di merda

Come nasce il gusto musicale?
Domanda sibillina: se ne occupa Carl Wilson nel libro “Musica di merda”.
Già dal titolo, comunque, si rinvia ad un possibile punto di partenza: il gusto nasce da un disgusto.
Ci si rifà al motto del musicista di culto Momus: «L’inferno è la musica degli altri».
Ciascuno di noi odia alcune canzoni, e ci sono canzoni che sembrano fatte apposta per essere odiate. Senonché, milioni di persone le adorano e con questa realtà non si riesce a patteggiare.
Il caso studiato è quello di “My Heart Will Go On”, Céline Dion, del resto, è un’epitome della star odiata/osannata…
… Non avevo visto il film e non possedevo un televisore, ma le riviste e i siti web che leggevo rafforzavano la mia certezza che quel prodotto di cassetta fosse una ruffiana patacca, un film d’azione al femminile, calibrato a puntino attraverso proiezioni di prova per essere dato in pasto a un pubblico di coppie…
Così Suck.com parlava di Titanic…
… «un vaudeville cinematografico lungo quattordici ore, che possiede la dote più importante per un film: una trama chiara e capace di insegnare cose nuove e importanti, per esempio che se sei incredibilmente bello ti innamorerai»…
Fare sarcasmi sulla Dion era la normalità nel mondo della critica, prendere in giro la 14esima canzone più popolare di tutti i tempi era doverosa routine tra chi voleva segnalare un gusto sofisticato…
… Schivare My Heart Will Go On nel 1997-98 avrebbe richiesto di ritirarsi dalla civiltà del suono alla maniera di Unabomber…
Qual è il mondo dello “schifatore” tipico?…
… Mi battevo a favore degli sperimentatori e degli autori di certe canzoni impopolari che mi piaceva definire «colte»… Non mi sarei mai degnato di ascoltare un intero album di Céline Dion… una conoscenza dei suoi successi sufficiente per potersene burlare con cognizione di causa…
Robert Christgau, paragonò la sua popolarità a una prova da sopportare.
La rivista britannica Q elesse Dion tra le tre peggiori cantanti pop di tutti i tempi.
Cintra Wilson sulla Dion:
… «la donna più repellente che abbia mai cantato canzoni d’amore… il suo untuoso miagolare in chiassosi colori primari… Penso che la maggior parte delle persone preferirebbe essere digerita nell’intestino di un anaconda piuttosto che essere Céline Dion per un giorno…
Il catalogo degli insulti si arricchiva di mese in mese. Andava formandosi anche un divertente barzellettiere…
… «Perché la bambola gonfiabile con la faccia di Céline Dion è stata ritirata dal mercato? Perché non teneva mai la bocca chiusa»…
Nella notte degli Oscar per molti prese corpo l’apogeo dell’odio.
Titanic vinse tutto e la Dion aveva un improbabile rivale, Elliott Smith, l’eroe di molti “odiatori” provenienti dalla sotto-cultura indie…
… uno di quei cantautori «colti» che registravano canzoni in camera da letto…
Timido e butterato, con un bassato di violenze subite…
… melodie sospirose… testi venati di rabbia…
Ex bambino vittima di bullismo
… Smith affrontava inoltre in modo franco, secondo me, uno dei principali paradossi dei partigiani della cultura «alternativa»: dare l’impressione di voler affermare la propria superiorità rispetto alle masse… Se il rispetto o la semplice correttezza ti sono stati negati, ti costruisci una gran vita (la miglior vendetta) con ciò che riesci a scroccare fuori dall’orbita altrui, libero dalla sete di approvazione da parte della maggioranza. Questa dinamica viene reiterata spesso nelle canzoni di Smith… Se lamentazioni e genitori che ti rinnegano sono tutto ciò che ti è dato in sorte, allora lucidi la merda che hai fino a farla splendere… trovi sostegno e compassione in un volontario esilio…
Anni prima Smith aveva incontrato il regista indipendente Gus Van Sant cosicché scrisse canzoni per il suo primo film importante “Will Hunting”.
E’ così che si ritrovò catapultato a sorpresa nella notte losangelina degli Oscar…
… in uno dei cartelloni più bizzarri da quando Jimi Hendrix aprì per i Monkees…
Smith arrivò sul palco strascicando i piedi, la canzone sembrò piccola (e incantevole). E cosa avvenne dopo?…
… Céline Dion sbucò fuori da nuvole di finta nebbia… portò tutto il suo repertorio di mimiche e smorfie… oltre alle note tonsille ululanti…
La pop star vinse a mani basse e Madonna – sogghignando verso Smith - aprì la busta con il verdetto definendolo ironicamente una “sorpresona”.
Quella notte il risentimento degli odiatori di Dion toccò un picco, questo è poco ma sicuro.
Oltretutto, Elliott Smith reagì negativamente alla propria dose di fama: sbalzi d’umore, droghe e poi, il 21 ottobre 2003 a soli 34 anni…
Il culto di Smith crebbe parallelamente alla denigrazione della Dion: nella prima metà del secolo scorso il poeta Paul Valery aveva già inquadrato gli eventi…
… «Il gusto è composto da mille disgusti»…
E proprio il mistero del gusto merita di essere indagato in questa vicenda: cosa tiene separati il popolo di Titanic e quello di Smith?
Perché, a fronte di una folla adorante, per i critici musicali le canzoni della Dion erano solo…
… blanda monotonia gonfiata fino a fastidiosi livelli di magniloquenza… un brodino di pollo per anime consumiste… sordo al contesto e al conflitto sociale… la solita, noiosa brava ragazza… sposata con un pigmalione col doppio dei suoi anni
Chi odia Céline Dion vive in un mondo dove non incontra nessuno a cui piaccia Céline Dion, questo è quasi certo.
Negli anni 90 successe poi qualcosa di interessante e sintomatico, la fascinazione per gli imperativi culturali “underground” si indebolì, anche gli ascoltatori più sofisticati divennero più indulgenti con la musica pop…
… Internet mise in ombra l’ascolto intensivo degli album a favore di una modalità scarica-mordi-fuggi, che dava alle novità pop maggiori possibilità di splendere… Per di più, si dà il caso che stesse uscendo del pop fantastico…
Cominciarono forme di revisionismo… 
… spesso uno dei modi in cui un critico si fa notare è sostenendo che una musica che chiunque ha disprezzato è invece geniale… i Monkees oggi sono criticamente rispettabili quanto Jimi Hendrix…
L’epidemia di ripensamenti incrinò alcune certezze… 
… se i critici negli anni settanta erano così in torto sulla disco, perché non oggi su Britney Spears?…
Perché ascoltare certa musica doveva essere un piacere colpevole? Oppure, perché non limitarsi semplicemente a seguire ciò che ci piace?
Nonostante questo, giudizio critico e giudizio popolare non collimano mai…
… spesso si dice che è solo questione di educazione estetico… ciò sembra implicare che i giudizi critici siano più obiettivi e durevoli degli altri, mentre la storia ci mostra il contrario…
Qual è la vera sostanza del giudizio negativo che molti commentatori rockettari davano su Céline Dion?
Ecco l’accusa di Deena Weinstein ai critici musicali…
… l’autorità dei critici dipende dal potere di escludere, non solo di canonizzare; sfrutta la trasformazione dei propri lettori in un circolo esclusivo, più intelligente rispetto a un pubblico dotato di minore discernimento. Sicché, quando un genere come l’heavy metal o una band come gli ABBA vengono resuscitati, tutti fingono di non essere mai stati tra coloro che li guardavano dall’alto in basso. La facile conclusione sarebbe che i gusti dei critici sono opportunisti…
Per trarre qualche osservazione, giova condurre un’introspezione sui propri gusti musicali, una specie di “biografia del gusto”. Ecco un esempio…
… ricordo che a dodici anni dicevo alla gente che mi piaceva «ogni tipo di musica, tranne la disco e il country», due generi che oggi adoro. La mia città natale era molto bianca, un centro in grave declino nella Rust Belt dell’Ontario. Ero un topo di biblioteca e appartenevo alla classe media, avevo iniziato con i Beatles della collezione dei miei genitori ma presto arrivai a materiale più hard, preparandomi alla grande esplorazione dell’avanguardia. Cominciai a comprendere che le mie lacune dipendevano da pregiudizi regionali e culturali. I miei gusti furono rimodellati da esperienze sociali: ballare nei club gay di Montréal, in cui le martellate della techno venivano mixate senza soluzione di continuità con i classici della disco; fare amicizia con gente del Texas o delle Province marittime del Canada, dove il country è di casa; visitare il Sud degli Stati Uniti. I miei gusti furono anche alterati dal diventare musicalmente informato – dal rendermi conto di quanti campionamenti dell’hip hop provenissero dalla disco, per esempio, o dal ripercorrere i collegamenti da Bob Dylan a Hank Williams a Johnny Cash al Nashville Sound degli anni sessanta, e poi tornare indietro fino al country contemporaneo. Mi resi conto che il mio facile disprezzo tradiva l’ignoranza di intere comunità e modi di vita, pregiudizi con cui non volevo continuare a vivere. L’epifania fu di tipo etico, ma portò a piaceri di natura musicale. I discorsi di oggi sul gusto pop, sul piacere non colpevole, tendono invece a percorrere la strada in senso contrario, se mai arrivano a toccare l’etica…
Il disprezzo che nutriamo per certe musiche non ci appare a prima vista di natura sociale ma ci sembra invece una reazione meramente musicale.
Forse qui c’è un punto chiave.
Così come l’autenticità della fede desta sospetti in chi crede nel “Dio di famiglia”, la natura meramente musicale dei nostri gusti desta sospetti quando si apprezza – guarda caso – la musica verso cui siamo stati educati. Forse c’è dell’altro.
Alla Dion spesso viene chiesto come mai è tanto odiata. La sua replica standard
… «Facciamo il tutto esaurito da quattro anni. Il pubblico è la mia risposta»…
Non è una risposta banale. Bisogna riflettere. Una generazione di critici determinata a ripudiare ogni pregiudizio elitario è chiamata in causa: devono avere trascurato qualcosa.
Ma continuiamo con l’introspezione: a cosa assomiglia la sofferenza di un cervello educato all’ascolto quando sente cantare l’intonatissima Dion? Ecco un’ottima analogia…
… La mia avversione per Dion somiglia più alla delusione che provo quando qualcuno si dichiara antiabortista o repubblicano: intellettualmente sono consapevole di quanto personali e complicate possano essere simili appartenenze, ma la mia reazione di pancia è molto più rozzamente tribale…
Tribù e musica, un connubio inestricabile. Certi tipi di musica sono certi tipi di persone…
… La cosa è particolarmente palese nelle guerre identitarie che si combattono al liceo, ma la musica non smette mai di essere un’etichetta di riconoscimento… la sbrigativa retorica del rifiuto – «lagne per ragazzine sceme», «una band che piace solo agli hippy», «sembra musica per stupratori»…
Uno psicoanalista direbbe che noi odiamo cio’ che vorremmo essere.
Nel 1999 un articolo dell’ Independent on Sunday tradiva la natura sociale dell’odio per la Dion…
… «Incuneato tra chi la trova vomitevole e gli indifferenti, ci deve essere uno zoccolo di appassionati: una Media Inghilterra di mediocri, invisibile al resto di noi. Nonnette, gente in abito da sera, bambini sovrappeso, venditori di telefonini e frequentatori di centri commerciali, probabilmente»…
Da quella notte degli Oscar molta acqua è passata sotto i ponti, e oggi viene voglia di parteggiare per i “diffamati”.
La redenzione critica della musica considerata abietta tende ad avvenire molti anni dopo. Come mai?
Non è un caso, non è un caso se “la musica è cultura”: il contesto deve cambiare, il rischio di essere scambiati per “persone di un certo tipo” deve essere scongiurata…
… la lounge exotica smette di somigliare alla colonna sonora di una patetica seduzione proveniente dallo stereo di un viscido assicuratore, e comincia a suonare incantevolmente strana, governata da regole musicali perdute e perciò affascinanti…
Il gusto musicale fa a rimpiattino con le affinità e i rancori sociali, e ciò che l’arte e la sua fruizione possono fare per mediarli o esacerbarli.
Perché ad alcuni piace la musica “difficile” alla Smith e ad altri quella “facile” alla Dion? Simon Frith nel suo libro Performing Rites
… l’ascolto difficile porta con sé le tracce di un «impulso utopistico, la negazione della vita di tutti i giorni»…
Da qui il dubbio tipico dell’ex odiatore
… ho cominciato a chiedermi se la musica più «facile» potesse contenere indizi di una riconciliazione con il mondo… problemi che non richiedono lampi di immaginazione ma sforzi di altro tipo, come la pazienza o il compromesso…
Ma se non esistono un buono e un cattivo gusto, una buona e una cattiva arte, ci infiliamo necessariamente nel tunnel relativista?
Non è detto. Ad ogni modo, tanto per alimentare ancora i dubbi degli ex odiatori, sentite questa storiella venuta fuori dalle confidenze di Smith al suo biografo…
… intervistato dalla rivista musicale Comes with a Smile, Elliott Smith aveva ammesso di essere arrivato quella notte «preparato a mantenermi a grande distanza da Céline Dion. Pensavo che avrebbe fatto irruzione accompagnata dalle sue guardie del corpo e si sarebbe comportata con tutti come una superstar pazzoide» aveva dichiarato. «Ma non è stata affatto così.» «È stata davvero gentile» ha aggiunto in un’altra intervista «il che mi ha reso impossibile provare ancora antipatia per Céline Dion. Anche se non posso sopportare la sua musica – con tutto il rispetto, non mi piace per niente – lei di persona è stata molto, molto gentile. Mi ha chiesto se ero nervoso, le ho risposto “Sì”, e lei: “Va benissimo, perché ti farà entrare in circolo adrenalina che renderà migliore la tua canzone. È una bella canzone”. Poi mi ha dato un grande abbraccio. È stato troppo. È stata troppo umana per disprezzarla solo perché la sua musica mi sembra banale.»…
“È stata troppo umana per disprezzarla”… se vale per la Céline dietro le quinte forse puo’ valere anche per la sua canzone davanti le quinte. Mettersi in caccia di questa umanità non è tempo perso.
COMMENTO PERSONALE
Difficile non riconoscersi nel ritrattino che Wilson fa dell’ascoltatore “intensivo” di dischi: l’inizio di tutto è l’odio (adolescenziale). Dopodiché, quando s’incontra il bello faccia a faccia, quando i nostri sensi sono finalmente pacificati, è tutta una serie di gesti e ascolti per farsi in qualche modo perdonare. Una lunga ricerca di perdono ed ecumenismo.
Ci si accorge che la musica è soprattutto cultura, il disgusto quasi sempre mancanza di cultura. Non è relativismo affermare che nella cultura dell’altro c’è del buono da valorizzare. Non significa affermare che tutto è uguale. Naturalmente, non lo si puo’ fare quando sei in guerra con l’altro. Lo devi fare dopo, in tempo di pace. Naturalmente, non potrai mai farlo a dovere poiché il tuo periodo di “impregnamento” è già passato: se l’inglese lo impari a 30 anni zoppicherai sempre. Però senti che devi farlo comunque in qualche modo, che il tuo tempo è meglio speso in questa ricerca che nell’inane (e trombonesco) sforzo di stilare una classifica tra civiltà differenti, così,  tanto per sentirsi dalla parte giusta.

 
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=zH8-lQ9CeyI]

Fingo per tutta la giornata
con l aiuto di un Johnny Walker Red
mando il cervello avvelenato giù attraverso lo scarico
con tutti i brutti pensieri che ho nella testa
strappo i tuoi due biglietti a metà (non servono più)
non ho più niente da fare
mi manchi Miss Misery,
ti piace che io lo dica?
Un uomo nel parco legge le linee nella mia mano,
mi dice che sono forte, che non ho mai fatto errori
Avevi dei programmi per noi due
c’era in ballo una gita fuori città
in un posto scovato in una rivista
che hai lasciato in giro
non sei più qui con me,
ma il mio umore è ancora quello giusto
mi manchi miss misery
ti piace che lo dica?
So che preferiresti vedermi andar via
e dopo osservare come mi riduco
ma vivo comunque
Accanto alla porta il televisore lampeggia
cornici blu su tutto il muro
è una commedia degli errori
si tratta di cadere
e di svanire nell' oblio
è cosi facile da fare
e io ci provo, ma mi conosci
torno sempre quando hai bisogno di me
mi manchi miss Misery
ti piace che lo dica?