sabato 2 luglio 2016

Una teoria dell'omosessualità SAGGIO

Oggi sappiamo che la genetica influisce in modo sostanziale sull’orientamento sessuale di una persona, eppure non esiste ancora una teoria plausibile dell’omosessualità. Quelle avanzate non stanno in piedi.
L’omosessuale ha pochi figli, giusto il 20% di quelli avuti dall’eterosessuale, tuttavia la sua presenza nella società persiste con una quota intorno all’ 1%. La cosa è inspiegabile.
C’è chi ha visto l’omosessualità come una soluzione di gruppo al problema della sovra-popolazione ma gli scienziati sono unanimi nel respingere la bizzarra ipotesi. Anche se il gruppo, magari nel lungo periodo, potrebbe star meglio se tiene sotto controllo il suo numero, non si capisce come il gene gay potrebbe sopravvivere non riproducendosi.
Sappiamo infatti che l’altruista – altro soggetto all’apparenza “contro-natura” – giustifica la sua esistenza per i benefici recati al gruppo. Ma qui le premesse sono diverse: il gruppo premia l’altruista concedendogli delle occasioni riproduttive. Nel caso dell’omosessuale questo non puo’ essere vero per definizione.
C’è poi l’ “ipotesi della zia”: l’omosessualità potrebbe essere un artifizio della natura affinché un fratello aiuti gli altri ad accudire la prole. L’omosessuale investirebbe tutto sui nipoti. E’ un’ipotesi quasi certamente scorretta: i nipoti condividono solo 1/4 del nostro patrimonio genetico, per pareggiare il conto un omosessuale dovrebbe avere fratelli particolarmente prolifici. Purtroppo, oltre a non mostrare particolare interesse per i nipoti, i fratelli etero dell’individuo gay non è affatto particolarmente prolifico.
Infine c’è l’ “ipotesi dell’artista”: supponiamo che per essere gay devi ereditare 5 geni. Se ne erediti 4 sei etero ma con alcuni tratti gay, magari tratti particolarmente benigni: possiedi un lato artistico molto sviluppato, una sensibilità spiccata e uno stile unico. Si tratta di caratteristiche che hanno un loro valore di per sé: puo’ darsi che la presenza gay persista come effetto collaterale del tentativo di perpetuare quelle caratteristiche. Ma i controlli non hanno riscontrato nei fratelli dei gay una particolare sensibilità, o artisticità, o effeminatezza.
Da ultimo citerei anche l’ “ipotesi del germe”: in ambiente pre-natale taluni feti potrebbero essere colpiti da un germe che ne devia l’orientamento sessuale. L’omosessualità sarebbe una “malattia” (in questo caso benigna) così come ne esistono molte altre. Le malattie esistono anche perché esistono bestioline che parassitano il nostro organismo, in un certo senso sono “natura” anche loro, cosicché l’esistenza dei gay non sarebbe affatto un “fallimento della natura” ma una normale competizione tra organismi differenti. Il punto debole dell’ipotesi “gay-germ” è che se fosse vera probabilmente il germe patogeno sarebbe già stato isolato.
In mancanza di una teoria plausibile dell’omosessualità l’ipotesi di un’origine genetica dell’orientamento sessuale si indebolisce un pochino. Già qualcuno in passato ha indicato alcuni fattori che rendono le ricerche sospette, a partire da una sovra-rappresentazione nel settore di ricercatori gay, e noi sappiamo che il movimento gay (diversamente da quello lesbico!) predilige l’origine genetica. Inoltre, si tende a non approfondire troppo le questioni per ragioni etiche; tanto per capirsi, se si scopre un “gene gay” i bambini che lo presenteranno in sede di screening pre-natale saranno quasi certamente abortiti.
omo
Per ipotizzare un’ulteriore teoria dell’omosessualità possiamo pensare dapprima a come colmare la distanza tra etero e omo. Forse l’omosessuale è molto più simile all’etero di quanto si pensi, se così fosse la sua presenza sarebbe “un errore” comprensibile: a madre natura impegnata nella riproduzione di etero ogni tanto scappa anche un omo, non c’è poi tutta questa differenza!
Propongo una catena formata da questi anelli di congiunzione:
1) eterosessuale;
2) etero feticista (es. biancheria femminile);
3) etero travestito;
4) etero autoginefilo;
5) etero transessuale;
6) omo transessuale;
7) omo.
La categoria fondamentale è quella dell’autoginefilo, ovvero del maschio che pur essendo etero soddisfa i suoi desideri incorporando la donna che desidera dentro di sé. Potrebbe essere l’anello di congiunzione cruciale.
Invece, il passaggio problematico è quello tra 5 e 6: in effetti il mondo di 6 (desideri, fantasie, aspirazioni…) è molto diverso da quello di 5 (che assomiglia molto di più a quello di 4). Bisogna ammettere che 6 non soddisfa affatto i suoi desideri maschili “pensando” alla donna che è in lui. 6) si sente donna punto e basta, e desidera un uomo.
Inoltre, questa ipotesi potrebbe risultare offensiva perché vede l’origine dell’omosessualità in alcune forme di “perversione” sessuale come il “transvestic fetishism” citato anche nel “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”. Soluzione: basta non pensarla come tale e i problemi spariscono.
Aggiungo che l’ipotesi si attaglia alla categoria dei gay effemminati, ma si tratta di una categoria che per quanto prevalente non esaurisce certo il mondo gay.
Da ultimo, questa spiegazione sembra davvero fuori luogo se riferita al lesbismo. Ma un inconveniente del genere non sembra così grave: molte cose del tutto naturali nel mondo gay sono fuori luogo nel mondo lesbico.
P.S. Sull’ autoginefilia rinvio al cap.9 del libro “The Man Who Would Be Queen: The Science of Gender-Bending and Transsexualism” di Michael Bailey