martedì 19 luglio 2016

L'infallibilità del Papa

Forse il tratto più liberale della Chiesa Cattolica è la dottrina dell’infallibilità papale.
I liberali e il Papa hanno una cosa in comune, entrambi sono ossessionati dalla “certezza del diritto”. Senza “certezza del diritto” una società non prospera, questa la convinzione di base.
I liberali la perseguono grazie al concetto di “rule of law”, il Papa grazie al concetto di “infallibilità”.
Per entrambi la democrazia è un bersaglio facile: un mondo dove un capo di governo puo’ cambiare la legge se solo scende dal letto con il piede sbagliato è un mondo che non conoscerà mai la certezza del diritto e la sua civiltà. In democrazia una legge puo’ essere emendata o revocata dall’oggi al domani, basta un voto. Inconcepibile.
Tu, povero cittadino, organizzi la tua vita e quella della tua famiglia fidando su regole che hanno i giorni contati: ecco l’essenza della schiavitù! Lo pensano e lo gridano all’unisono sia i liberali che il Papa.
Nonostante questo, c’è chi non coglie immediatamente il parallelo tra “rule of law” e “infallibilità”. Vediamo allora di chiarire i punti essenziali della dottrina cattolica, per molti versi misconosciuta.
Quando il Papa è infallibile? Tre requisiti:
1) quando parla in modo formale e solenne appellandosi alla sua autorità in materie di morale e di fede.
2) Quando espone una dottrina sistematica (e non quindi quando si pronuncia su casi specifici).
3) Quando non contraddice l’insegnamento precedente che deriva dalla scrittura, dai Padri e dai suoi predecessori.
Avete notato il punto 3? Vi piace? No perché è il punto decisivo, ma soprattutto è da lì che nasce la “certezza del diritto”, ovvero il fulcro di una società ben governata. D’altronde, come non cogliere il nesso con il culto del “precedente” che negli ordinamenti anglosassoni è alla base della “rule of law”.
Il Papa è infallibile SOLO SE non contraddice i “precedenti”. In questo senso puo’ SOLO “interpretare”, “aggiornare”, “inverare”, “chiarificare”, “adeguare”, “formalizzare”… l’insegnamento pregresso. Sì perché l’insegnamento in sé è immutabile. E’ il contesto che cambia e che richiede sempre nuove specifiche.
Difficile considerare chi si limita a “interpretare”, “aggiornare”, “inverare”, “chiarificare”, “adeguare”, “formalizzare”… un monarca assoluto. Molto più facile considerarlo un umile servitore della legge. Esattamente come un giudice della common law è tenuto a scovare il diritto laddove si annida e non ad inventarselo.
de7f06912b8848ec3787aa2bbfd864e6
Del resto, anche l’obbedienza che i credenti debbono al Papa è talvolta equivocata dai denigratori della Chiesa. In merito si possono fare almeno 5 casi.
1) Quando il Papa espone una verità dogmatica – come la dottrina della Trinità o quella cristologica - l’obbedienza è richiesta.
2) L’obbedienza è dovuta anche quando si pronuncia su verità morali – come aborto, eutanasia e sacerdozio maschile - di diretta derivazione dalle dottrine dogmatiche.
3) Ci sono poi molti pronunciamenti in fieri, non definitivi ma obbligatori. Il Vaticano II ne è zeppo. Qui l'obbedienza è dovuta di default con permesso di evolvere in modo critico ma rispettoso.
4) Molti pronunciamenti hanno natura prudenziale. Esempio: il rifiuto dell’ eliocentrismo nel ‘600. Qui l'obbedienza puo’ essere anche solo esteriore e di facciata.
5) Poi ci sono le cose asserite dal Papa a titolo personale, come i giudizi sulla teoria economica della “ricaduta”. In questi casi il dissenso è sempre concesso.
Da quanto detto la dottrina dell’infallibilità papale richiede un’azione umile e di servizio al Pontefice, ovvero strettamente vincolata dai precedenti; non solo, è anche compatibile con un Papa che sbaglia e a cui non dobbiamo necessariamente ubbidire.