mercoledì 15 giugno 2016

Guerra sola igiene del mondo

Per  futuristi era così ma potrebbe esserlo per molti, ad esempio per chi mette l’altruismo in vetta alla propria scala valoriale.
Negli ultimi dieci anni, almeno una ventina di studi (su quaranta paesi) hanno segnalato una regolarità persistente: l’esposizione alla guerra e alle sue violenze aumenta la cooperazione comunitaria, intesa come partecipazione sociale e comportamenti altruistici.
Mentre la guerra ha molti lasciti negativi, sembra averne anche di molto positivi nell’ambito dell’impegno sociale. Sembra proprio che la violenza favorisca un atteggiamento di solidarietà diffusa, se questo fosse vero il grado di coesione sociale non sembra particolarmente utile a promuovere la pace.
La violenza stimola l’altruismo e probabilmente l’altruismo è un istinto funzionale alla promozione della violenza (sia difensiva che offensiva).
Quanto più il gruppo è allargato, tanto più la violenza realizzabile grazie all’apporto degli altruisti è devastante. I piccoli gruppi fanno meno danni.
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Naturalmente, c’è un’eccezione: la generosità senza confini tipica dei santi. Di chi tratta l’estraneo come un familiare. Questa generosità fermerebbe ogni violenza. Ma ne basta un po' di meno per fare disastri. A quel punto meglio l'egoismo. Chi è d'altronde il kamikaze se non un persona talmente generosa da donare la propria vita?
Se non riesci ad essere un Santo che ama tutti, sarai un guerriero che ne uccide molti.
L’antidoto più realistico alla guerra – per quanto perfettibile - è un sano individualismo. Ma va bene anche l’altrettanto sano familismo. Forse non è proprio un caso se le società individualiste siano anche le più pacifiche.
Per approfondire: “Can War Foster Cooperation?” di AAVV