Per molti il bello nemmeno esiste, è solo un mezzo con cui i vanitosi si “fanno belli” perseguendo così il loro reale fine. Il piacere estetico nella sua forma più innocente non esiste se non come superficialità, la sostanza va rintracciata altrove. Se mi faccio un tatuaggio è solo per “cuccare”, se parlo di quanto ho goduto nel leggere Guerra e Pace è solo per impressionare.
Chi condanna la superficie, condanna due volte la “superficie” mutevole ed effimera, ovvero “il bello” veicolato dalla moda. Anche per questo alla moda sono di solito riservate parole al vetriolo.
La moda è vista come un mezzo triviale per far cassa: cambia la moda e cambiano i guardaroba. L’obsolescenza artificiale è uno dei mille trucchetti che ci viene propinato dalla modernità. Se c’è chi preferisce l’ iPhone ad un buon Samsung è perché siamo infatuati e catturarti dall’estetismo più superficiale.
La moda fa appello ai nostri istinti più bassi più che al nostro istinto estetico. Quand’anche il bello esistesse di certo non ha a che fare con la moda.
Ma la tesi non regge perché la moda (dei vestiti, per esempio) esiste da almeno mille anni, ovvero da ben prima che “i venditori capitalisti” manipolassero le nostre menti. Inoltre, esiste da sempre anche su beni che non hanno mercato, come per esempio i nomi delle persone. Evidentemente, le sue ragioni sono più profonde.
Del resto, la moda segue leggi misteriose. Non è affatto vero che chi sta sopra “detta” a chi sta sotto. Il mondo è pieno di gente che sta “molto sopra” i cui “dettati” non vengono affatto seguiti. Così come è pieno di “nomi” illustri e rispettati che i poveracci della periferia non si sognerebbero mai di affibbiare al loro pargoletto.
Ecco allora una teoria alternativa: la presenza della moda indica voglia e ricerca di bellezza pura.
La dimostrazione di questa tesi è abbastanza semplice: attraverso il contatto con il bello ciascuno di noi costruisce la sua identità. Ma chi vogliamo essere? Di solito vogliamo “distinguerci dagli altri ma non troppo”.
Adesso pensate alla produzione di bellezza in una comunità in cui l’individuo medio si comporta in questo modo: la conseguenza necessaria è la moda.
La moda emerge quando c’è un interesse reale e diffuso per il bello. Cio’ è coerente col fatto che la moda – per quanto sia sempre esistita – è molto sviluppata nel mondo moderno: con la ricchezza diffusa la gente puo’ finalmente dedicarsi al bello.
L’ moda incarna un “bello mobile” che a molti da fastidio. Tuttavia, sono proprio queste oscillazioni del bello a garantirne l’autenticità rispetto al “bello perpetuo”, cosi tipico del mondo passato.
Quest’ultimo si presta ad essere “inquinato” e svilito da secondi fini.
Il “bello perpetuo” si presenta in forma simbolica, è dotato di una sua aurea ed è il prodotto di una società statica. I beni che incorporano il “bello perpetuo” ostentano la posizione sociale di chi li possiede: solo una famiglia ricca e di rango elevato potrebbe possedere certe case, certi quadri, certi mobili, certo vasellame in cui la patina del tempo si è resa consustanziale.
Esibire tanto ben di dio equivale ad esibire il proprio sangue blu.
Altre volte il “bello perpetuo”, proprio per la sua carica simbolica, è utilizzato dalla comunità intera come contrassegno della sua coesione: ci sentiamo veramente italiani quando pensiamo alle nostre bellezze, ai monumenti, alle chiese, o quando ci viene detto che da noi è stipato il 50% del patrimonio artistico internazionale. Ci sentiamo orgogliosi, anche quando questo patrimonio ci è sconosciuto al 90% lo sentiamo ugualmente nostro.
Conclusione: tra il “bello mobile” della moda e il “bello perpetuo” dei simboli è il secondo che rischia di essere solo un mezzo; nel primo, invece, è più facile ritrovare le esperienze estetiche più autentiche e realmente sentite.
Un buon libro da leggere è quello della storica Anne Hollander: Sex and Suits: The Evolution of Modern Dress