mercoledì 22 giugno 2016

Piove. Governo ladro

Ancora oggi il rito è centrale nelle nostre vite: diplomi, compleanni, funerali, matrimoni, nascite, pensionamento… Ci piace celebrare insieme i momenti di passaggio più significativi della nostra vita.
L’energia emozionale si amplifica quando tutti i componenti del gruppo si sincronizzano per focalizzare la propria attenzione su un valore, affermandone così l’importanza.
La sincronia ci rende consapevoli di condividere qualcosa con gli altri e, allo stesso tempo, di conoscere a fondo chi ci vive accanto.
Tutto cio’ è soddisfacente oltre che rassicurante.
Esempio estremo: il coro dei tifosi consente poi, al momento del gol, di abbracciare con sincero affetto un perfetto sconosciuto che sentiamo come un fratello.
Ma anche scambiarsi il buongiorno fa parte di un rito: ci rassicura del fatto che viviamo tra gente che condivide i nostri usi.
La religione garantisce un pacchetto di rituali  che fungono anche da collante comunitario. Seguendo regole arbitrarie che limitano credenze e comportamenti accettabili, il singolo ha modo di segnalare il proprio attaccamento al gruppo di appartenenza. Quanto più le regole sono arbitrarie ed esigenti, tanto più il gruppo è unito. Nel fondamentalismo religioso la coesione è massima.
Senza riti la vita cambia. E’ per questo che le amicizie virtuali non sono proprio come quelle in cui ci si incontra di persona: nel faccia a faccia il ricorso ai rituali per costruire una fiducia reciproca è facilitato. Nello spazio virtuale, invece, si va al sodo più facilmente ma non puo’ mai esserci una fiducia solida dell’impegno altrui, il minimo sindacale è garantito da un terzo (la piattaforma su cui si comunica).
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Noi siamo nati per creare attraverso i riti delle convenzioni sociali. I bambini, senza motivo apparente, vogliono che le favole comincino con “c’era una volta”! Ma perché?
I bambini sono particolarmente aggressivi contro chi viola le convenzioni di gruppo che hanno interiorizzato. Denunciano e puniscono il deviante provandone piacere, così come provano piacere anche nell’ubbidire alle norme arbitrarie trasmesse loro da un modello autorevole. La marginalizzazione del diverso è un processo del tutto naturale tra i piccoli. Si socializza essenzialmente marginalizzando il diverso.
Se batti il martello impugnandolo al contrario i bambini ridono di te, ti scherniscono fino ad esprimere disprezzo, poi passano all’ostracismo e in alcuni casi alle spedizioni punitive. Ma l’esempio del martello non è calzante, potremmo infatti pensare che i bambini siano preoccupati dell’inefficacia di un tale uso dello strumento: non è così, sono invece preoccupati che sia stata violata una norma che hanno appreso culturalmente da un modello e che vedono innanzitutto come norma sociale. Se si trattasse solo di “inefficacia” non si capirebbe come possa fare capolino il disprezzo.
I bambini sono molto sensibili ai doveri, al punto da avere grosse difficoltà con la legge di Hume (che distingue l’essere dal dover essere). Capiscono meglio i problemi se posti in termini valoriali piuttosto che descrittivi. Sappiamo tutti che alla sera il sole “tende” a tramontare: da un bambino il concetto è afferrato molto meglio se viene reso con l’espressione impropria per cui il sole “deve” tramontare.
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Ma nell’era moderna abbiamo sostanzialmente ridotto la frequenza dei riti. Come mai?
Forse che qualche lobby malvagia sta tramando alle nostre spalle per sovvertire le sane abitudini ereditate da avi rispettabilissimi?
Forse. Ma forse esistono spiegazioni più in linea col senso comune.
La ricchezza sovrabbondante ha ampliato gli spazi privati, ovvero gli spazi in cui le funzioni del rito sono meno essenziali per la convivenza. Se viviamo i 4/5 della giornata in casa nostra osserveremo meno rituali. Ma un tempo non era pensabile vivere i 4/5 della giornata nel proprio tugurio, ci si stava giusto durante il temporale.
Un altro effetto della ricchezza è un fenomeno come quello della moda, prima non tutti potevano permetterselo. Ma la moda esalta l’eccentricità e l’originalità. Contraddistinguersi diventa più importante che “appartenere”.
Oggi è più pratico segnalare la propria condizione esibendo una varietà di beni ricercati piuttosto che amicizie blasonate. Il possesso sostituisce le relazioni. Girare con una Porsche e abitare nel villone in cima alla collina conta di più che avere l’assessore come testimone di nozze (se poi si circola in Panda e si abita un monolocale dei bassi). Le conseguenze mi sembrano chiare: se avere l’assessore come testimone di nozze conta meno, conteranno meno – dal punto di vista sociale - anche le nozze.
La straripante ricchezza della società contemporanea esalta valori quali la innovazione e tolleranza (promuovono ricchezza e godimento della ricchezza). Si tratta di valori che si oppongono al conformismo.
Così come oggi si esalta l’egalitarismo (un modo per rapinare il ricco inerme), altra condizione incompatibile con il rito – che richiede invece ruoli diversificati e gerarchie precise.
Il bene della fiducia, poi, è assicurato dallo stato, non ha più senso fabbricarlo con dispendiosi rituali clanici. La società dei clan è finita e, di conseguenza, anche l’importanza della famiglia si è attenuata.
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Finora ho descritto un processo. Mi sembra una descrizione credibile. Mi sembra una descrizione confermata da autori autorevoli. Ma soprattutto è una descrizione che riguarda l’essere più che il dover-essere.
Ammettiamo allora che quella formulata sia un’ipotesi accettabile.
Per molti di noi cattolici le conseguenze non sono proprio piacevoli.
Chi ama le tradizioni trova insulso il fatto che l’innovazione e l’originalità siano diventate un valore con tanto seguito.
Chi ama i sofisticati riti della liturgia rimane indignato da come il frequentatore medio delle chiese sia disposto a “sorvolare” mostrandosi poco sensibile.
Chi ama la famiglia si arrabbia constatando di come il ruolo che questo istituto sia un po’ meno centrale che in passato.
Ma perché “indignarsi” o “arrabbiarsi”?
Se piove non reagiamo “indignandoci” o “arrabbiandoci”. Si prende atto piuttosto che arrabbiarsi. Se qualcuno si arrabbia mostra un temperamento infantile. La pioggia puo’ anche guastare i nostri piani ma difficilmente potremmo mai definirla “insulsa” per questo solo fatto. Chi lo fa mescola i fatti con le trasgressioni.
Prima ho riferito che un bambino capisce meglio cosa succede al tramonto se gli viene detto che il sole “deve” andarsene piuttosto che se gli viene detto che il sole “tende” ad andarsene. In questi termini il sole che tramonta è un sole “buono” che adempie ai suoi doveri. Allo stesso modo alcuni cattolici sembrano avere problemi con la legge di Hume: capiscono la modernità se gli viene spiegata come la trasgressione ad un dovere  piuttosto che un normale processo fattuale. La capiscono solo se la possono interpretare come una storia tra buoni e cattivi anzichè come un semplice accadere di anonimi fatti (senza una trama appassionante).
Mi rendo conto che “piove” non è granché come sceneggiatura ma a volte dice bene quello che accade. Meglio che una storia appassionante come quella di Prometeo che entra nella stanza dei bottoni e fa piovere salvando l’umanità dalla siccità.
I cattolici dovrebbero comprendere i fatti lasciando da parte i doveri. E’ la condizione per formulare una strategia razionale ed evitare le cause perse.
Gli esempi sono abbastanza facili, basta guardare alla sezione precedente: quali sono quei fenomeni che sabotano il rito?
1) La ricchezza e gli spazi privati. E’ un po’ difficile predicare l’impoverimento. Trattasi di guerra persa in partenza.
2) La moda, l’innovazione e l’originalità. Anche qui vedo difficile tornare all’immobilismo, alle divise e all’anonimia dell’individuo, a meno che non si proceda ad impoverirlo. Anche questa è una guerra persa in partenza.
3) Svalutazione delle relazioni. Qui si puo’ intervenire nel rispetto dei processi moderni: una società senza salvagenti rende la società più dinamica e flessibile (quel che vogliono i modernisti) ma allo stesso tempo impreziosisce le reti di sicurezza fondate sulla relazione personale.
4) Spiazzamento nella costruzione della fiducia. Anche qui vedo interventi compatibili con lo spirito moderno: ritirare certe garanzie universali alleggerisce il peso della regolamentazione e allo stesso tempo innesca la costruzione privata della fiducia.
5) Egalitarismo. La battaglia per l'egalitarismo è senz'altro compatibile con la modernità, tanto è vero che Papa Bergoglio ci sta investendo molto. Comunque, per me, se non è una causa persa resta per me una causa sbagliata (avvilisce lo spirito e rende più gretti), ma questo è un altro discorso.
In conclusione, penso che sia “colpevole” difendere le cause perse in partenza (perché incompatibili con i fatti o con la modernità); è inutile strillare “voglio più famiglia” se alcuni fenomeni epocali ne hanno ristretto il ruolo, che evidentemente va recuperato per altra via. La causa persa è tanto più nociva quante più sono le cause con qualche opportunità di vittoria. Ma discernere richiede uno sforzo intellettuale prima ancora che uno sforzo muscolare.
Lasciamo allora perdere le guerre culturali e dedichiamoci alla preghiera e al discernimento.