martedì 8 gennaio 2008

Maurizio Ferraris alle prese con gli spettri

Nell' ultimo supplemento domenicale del Sole 24 Ore, a pagina 5, Maurizio Ferraris è intento a recensire la "bellissima" antologia di scritti marxiani curata da Enrico Donaggio e Peter Kammerer per Feltrinelli: "Capitalismo. Istruzioni per l' uso."



Per quanto la Storia, di solito così sfumata, complessa e priva di verdetti, si sia incaricata per l' occasione di farci chiaramente comprendere quanto il Profeta di Treviri, del capitalismo non avesse capito granchè. Per quanto il Nostro sia quasi unanimemente considerato "un mediocre e tardivo economista enormemente influente - scopriamo invece che per penetrare a fondo nella trama di base del fenomeno capitalista, il suo insegnamento sia imprescindibile.



Desta qualche sospetto che a dircelo in questa nota critica sul giornale di Confindustria sia uno dei pochi filosofi in circolazione che ancora cerchi di mettere in piedi una qualche raffazzonata difesa di intellettuali pasticcioni, contraddittori e dannosi, come puo' ormai essere considerato il post-modernista Derrida. Noto ai più per l' uso di venticinque parole quando ne necessita una.



[...a proposito, anche il francese, come accade sempre nelle uscite pubbliche di Ferraris, viene citato con un riferimento al "bellissimo" (ancora?) "Spettri di Marx"...]



Desta qualche sospetto che a dircelo sia uno che considera il "plusvalore" come cio' che consente a colui che apre un call center di avere maggiori opportunità di guadagno rispetto a chi ci lavora.



Ma che diavolo di nozione è mai questa? E io che mi credevo che il plusvalore servisse a dimostrare la natura parassitaria, e quindi superflua, di ogni attività puramente imprenditoriale, ovvero speculativa!



Ma probabilmente, passando attraverso la cosmesi post strutturalista di Ferraris, nonchè del padre putativo Derrida, il concetto è radicalmente mutato secondo il comando che presiede al lavoro di quelle officine: trasformare l' errore in oscurità.



I concetti imperscrutabili si riabilitano molto più semplicemente rispetto a quelli chiaramente erronei.



Si prosegue poi con pari rigore nel denunciare senza infingimenti quel "sortilegio per cui si confonde il valore d' uso con il valore di scambio".



Sortilegio? Mi pare che l' economia moderna e il soggettivismo che reca con sè, si fondi sopratutto su una simile distinzione ripetuta di continuo in modo forte, chiaro e inequivocabile! Altro che "...sortilegio che porta a confondere...". Probabilmente Ferraris è arrivato nel terzo millennio girandosi dall' altra parte.



Ma il nostro filosofo non si ferma, sente impellente l' esigenza di altri buchi nell' acqua.



Secondo Ferraris, Marx, analista oggettivo e senza illusioni, ha denunciato fino in fondo le contraddizioni del capitalismo proponendo una via alternativa.

A questo punto uno si crede che la Via Alternativa alle contraddizioni tenda alla coerenza.



A giudicare da come è miseramente collassata nel corso di verifiche secolari, sembrerebbe proprio di no.



Naturalmente Ferraris si guarda bene dal dire che, rispetto ai progetti marxisti, qualcuno ha fatto leggermente meglio.



Nooooo, al socialismo reale non ha certo nuociuto il confronto con i sistemi liberali, è stata la Chiesa Cattolica, in quanto (brutta imbrogliona) "portatrice di speranza non soggette a verifica", ad avere inferto il colpo di grazia.



Naturalmente questo discorso starebbe in piedi con le grucce qualora oggi l' Occidente fosse in una condizione simile se non uguale a quella dei socialismi reali (URSS ieri, Cuba e Corea oggi...).



Ferraris non osa dirlo, forse un po' si vergogna, ma lo postula subdolamente. Secondo lui oggi siamo tutti "...vittime delle nostre illusioni...". Visto che un' illusione infranta vale l' altra, visto che i gulag assomigliano molto ai libri in tribunale della ferramenta di papà, direi che l' assunto puo' ritenersi dimostrato.



Senza contare che, a questo punto, qualcosina la si potrebbe pur dire sul filo che lega Chiesa Cattolica e libertà individuali. ma quando mai? Tutto deve apparire come un gioco fortuito del caso dispettoso.



E non è finita. Il Ferraris sempra impazzire per una dritta marxiana.


Un insegnamento che a lui appare centrale ed ineludibile, in grado di spiegarci la modernità come mai nessun altro: Marx insegnerebbe la "...contrapposizione tra la testa, che crede di fare...e le mani, che effettivamente fanno. La testa crede di fare una cosa, ma la mano ne fa un' altra...".
Devo ammettere che, da cattivo costruttore, avevo scartato questra pietra angolare dell' opera marxiana.



Adesso che ci penso...ma chi glielo dice al Ferraris che un concetto come quello delle "conseguenze non-intenzionali" guida e giustifica tutta l' ideologia iper-liberista (lui userebbe questa etichetta) dagli anni trenta del secolo scorso ad oggi?

Sintomatica la chiusa con cui Ferraris si mette a parlare con urgenza di Mele, Cesa e Berlusconi, facendo capire che ce li aveva in testa fin dall' inizio e non vedeva l' ora di arrivare a citarli.

[...ma il fantasma di Berlusconi quante vecchiaie più o meno illustri ha rovinato?...]

Prima di girare finalmente pagina un ultimo pensiero mi sorprende: ma non è che in tutta questa storia del declino c' entra qualcosina anche la nostra classe intellettuale?