martedì 15 gennaio 2008

Espellere dal movimento i razzisti libertari

Qualcuno propone di espellere dal movimento libertario i paleo-conservatori del Mises Institute considerandoli poco più che razzisti.

I nomi al centro dell' accusa sono quelli di Lew Rockwell e Hans-Herman Hoppe. Molto semplicemente si ritiene che non siano dei libertari.

"...ultimately they lack a grounded perspective on what liberty means and why it is important. Their moral and cultural relativism, their traditionalism and their alliances (both intellectual and strategic) with southern-style paleo-cons have misled them in many ways..."

"...tolerating racists only poisons the cause..."

Il fatto è che costoro vengono accusati di proporre una forma amorale di libertà. A questo proposito viene facile citare Mises:

"...we’ll just create a wertfrei [value-free] libertarianism, Mises thought, and then we can avoid all this morality stuff and just get to designing a free society..."

Accantonare il lato etico della faccenda, si dice, ha consentito di adottare con nonchalance posizioni giudicate razziste.

Ma questo giudizio non mi sembra che stia in piedi.

Le difficoltà incontrate dal conseguenzialismo misesiano nel difendere la società libera ha fatto sì che ben presto quell' apparato venisse trasformato in una teoria etica a tutto tondo con alla sua base il concetto di "proprietà". Cio' andava molto al di là delle intenzioni primigenie.

Rothbard, per quanto non abbia mai tagliato i ponti con il suo Maestro, è stato il protagonista di questo geniale maquillage.

Come si fa a riferirsi al Mises Institute come se si stesse parlando di un covo Pragmatista?! Hoppe un pragmatista? Conosco pochi più rigidi e implacabili di lui nell' argomentare. Passerebbe con il suo bulldozer anche in una nursery.

La rottura (mai troppo strombazzata) di Rothbard con Mises, e l' enfasi conferito al lato etico del libertarismo, hanno consentito di assumere alcune posizioni che oggi vengono tacciate di razzismo ma che, per i loro contenuti, non appartenevano di certo al Mises originale.

Detto questo devo anche aggiungere che personalmente non giudico razziste le politiche sull' immigrazione professate da Hoppe. Al limite le giudico forzate, quando non sbagliate.

Nel suo pensiero il concetto di razza non mi sembra preminente. Lui, come ogni rothbardiano, parte dal concetto di proprietà considerando ogni territorio come proprietà di un gruppo di persone. Da cio' deriva il diritto all' esclusione assoluta.

Ci sarebbe da chiedersi fin dove questa teoria puo' essere concretamente applicata.

Il territorio italiano è la "casa" degli italiano? Direi di no. Il lombardo-veneto è la casa dei lombardo-veneti? La Lega direbbe di sì ma io ho forti dubbi e proprio perchè ho in testa la definizione di homesteading su cui Rothbard tanto insiste.

Dovendo tirare le somme mi vedo costretto a professare una certa qual simpatia per il nocciolo concettuale di cui è portatore il Mises Institute. E questo indipendentemente dall' umanità che lo popola e dalle conclusioni concrete a cui giungono gli studiosi che da lì vengono.

Morale della favola, non mi sento disposto ad appoggiare le richieste di cui sopra. Qui di seguito sintetizzo le perplessità che non mi fanno emettere alcuna scomunica.

  1. Non ritengo "razziste" le idee professate dai cosiddetti paleo-conservatori. Nel loro apparato concettuale la nozione di "razza" mi sembra irrilevante.
  2. Ritengo che nel giudicare "pragmatista" l' approccio dell' odierno Mises Institute, Sanderfur commetta un grave errore. Di conseguenza le motivazioni che propone per sostenere la sua azione vengono a cadere.
  3. Nonostante i toni sempre aspri e settari, mi sembra che la struttura etica costruita dai rothbardiani sia solida, almeno per fungere da utopia di riferimento.
  4. Mi sembra utile l' enfasi che i paleo-conservatori pongono sui valori. Una società liberà non dura un secondo senza che i suoi partecipanti siano sostenuti da forti valori. Le molte leggi che verranno meno dovranno trovare un sostituo proprio nei riferimenti etici di ciascuno di noi. Riferimenti che dovranno spingersi molto più in là rispetto allo scheletro minimale della morale libertaria.