lunedì 21 gennaio 2008

Occhio al ciclo dei cicli

L' economia va su e va giù, nessun problema, fa così perlomeno da quando esistono le Banche Centrali. Poco male se non si creassero preoccupanti "catene".

Un fallimento tira l' altro, e fra chi ci lascia le penne si contano molti "innocenti". Non c' è niente di pià difficile che calcolare il numero ottimo di fallimenti per "pulire" una crisi.

Queste cose si sanno. Ma qual è il miglior modo per arrestare queste spirali malefiche? Dipende, dipende dalla "teoria dei cicli" che si favorisce.

S' intuisce che se le bolle producono inflazione, il loro sgonfiamento produrrà deflazione. Bene, allora basta scortare quella che sarà una naturale deflazione e dopo un decollo fuori luogo assisteremo ad un atterraggio di fortuna.

Per un keynesiano ortodosso i prezzi non hanno l' elasticità sufficiente per abbassarsi. Sotto recessione i cervelli vanno in tilt, i cervelli non abbasseranno mai i prezzi, neanche il giorno prima che la baracca salti in aria. I cervelli non sono in grado di coordinarsi per un operazione tanto complessa.

Resta una sola ricetta: tamponare la spirale salvando i predestinati al fallimento, magari creando una domanda artificiale. Sì perchè, per un keynesiano vecchio stampo, nemmeno la deflazione del tasso d' interesse produce benefici visto che il terrore paralizza quegli "spiriti animali" che dovrebbero approfittare di una simile occasione pompando la domanda attraverso finanziamenti a buon mercato.

La deflazione è malvista anche dai monetaristi. Crea troppe incertezze e le difficoltà a coordinarsi (abbassa prima tu!) esistono. Inoltre sbagliare i conti e lasciarsi sorprendere dalla deflazione costa carissimo alle imprese. Meglio sacrificare i risparmiatori. Tuttavia un processo deflazionistico è necessario per ripulire il sistema economico. Ecco allora l' idea di prendere il tasso d' interesse come prezzo destinato a guidare la deflazione anticipandola. E' inoltre un prezzo del tutto particolare: se la deflazione è correttamente anticipata dai tassi, il feed back procurato annulla del tutto questo fenomeno. Perchè l' operazione sia possibile è necessaria una banca centrale che possa manovrare questa variabile, et voilà.


Poi ci sono gli impavidi, coloro ai quali la deflazione non fa certo paura. Coloro che vedono il fallimento come unica igiene del mondo (economico). Fallire e ricominciare, chi ha sbagliato paghi ed impari.

Questi ultimi meglio di altri curano la malattia dei cicli concentrandosi sull' origine più che sugli effetti. Se gli effetti vengono troppo pietosamente attutiti, nessuna preoccupazione tamponerà quei comportamenti attraverso i quali le bolle si scatenano. Costoro pensano che la migliore cura delle spirali consista nell' ignorarle.

Forse non c' è bisogno di essere tanto crudeli per "sconfiggere le cause" della malattia.

La soluzione classica resta ancora ai miei occhi la più convincente. Manovrando i tassi le risorse vengono immesse nel sistema tramite le banche, ovvero tramite un operatore economico che realizza (teoricamente) un' allocazione ottimale dei fondi. Per la ripartenza verranno quindi finanziate attività efficienti e liquidate quelle fallimentari. Si evitano così le distribuzioni discrezionali tipiche della politica fiscale. In più i motivi per considerare gli operatori insensibili ai tassi sono stati fugati da tempo. Anzi, sembra che la reazione alle manovreu sui tassi siano ancora più rapide. Come se non bastasse la soluzione fiscale è soggetta al "transfer Bucket Leaks" come insegnava Okun una quarantina di anni fa.


Tutto bene? No, visto che anche tra le banche si annidano "operatori da liquidare". Anzi, come abbiamo visto qui, gli errori si concentrano proprio in quel settore. Perchè allora sussidiarli garantendo una rete su cui poter compiere le loro acrobazie? La banca centrale dovrà occuparsene affinchè sia assunta in dosi ragionevoli anche la medicina che ci immunizza contro il ciclo dei cicli, ovvero la medicina dei fallimenti (più o meno controllati ma pur sempre fallimenti). In poche parole, vediamo di non prendere ad esempio il caso Northen Bank.