giovedì 10 gennaio 2008

Austriaci in borsa

Traggo spunto da un problemino esposto nel blog "La mia Destra..." .


Siamo in borsa. Comprare o vendere? Che dice l' economista austriaco?


Risposta: ognuno faccia come crede. L' importante è che gli scambi siano consensuali e che il consenso si manifesti esplicitamente (e già solo questo aprirebbe diverse questioni).


Lui è interessato molto di più alle regole del gioco (concorrenza), che alle strategie dei singoli partecipanti.


Ritiene che per fissare buone "regole" non occorra lo strumento matematico. Per fissare buone strategie, quello strumento potrebbe essere invece molto utile. Nessuno lo nega. Ma che importa? L' area di interesse dell' economista austriaco non si estende certo fino ad includere anche quelle competenze. Sarebbe come chiedere al neoclassico che "preferenze" dovrebbe avere Tizio. Ha già risposto Becker: i gusti non si discutono.


Da questo punto di vista, l' "austriaco" potrebbe rispondere al "neoclassico": accetterò la tua impostazione solo quando gli economisti come li intendi tu saranno tutti miliardari arricchitisi in borsa.


L' "austriaco" è interessato alla ricchezza di un sistema e non a quella di un operatore.


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Purtroppo per lui un "sistema" puo' anche essere visto come "operatore".


Veniamo quindi ai casi in cui è implicato l' operatore pubblico.


Molti "austriaci" radicalizzano la loro visione ed eliminano il problema strategico sostituendo allo Stato delle regole etiche. Non sarà un caso se tra anarchici e "austriaci" corra buon sangue.


Costoro si trasformano così da economisti in filosofi morali. Non è certo un insulto, in fondo è un ritorno alle origini dell' economia.


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Mises ha introdotto un concetto di preferenza radicalmente soggettivo. Questa discontinuità nei gusti rende le sue funzioni di utilità non trattabili con lo strumento matematico. Purtroppo poi ha preteso di trarre dal suo apparato conclusioni "utilitariste". Cosa impossibile! E non sarà un caso se il suo più importante epigono, Rothbard, farà sempre più prevalere il lato etico che nasconde quell' impostazione. Un' etica molto solida e fortunata, considerato il realismo che offre il fatto di venir spalleggiata in molte occasioni da un solido pensiero economico. Ma questa economia è di stampo molto tradizionale.


Mises, con la sua teoria dell' azione umana, dal punto di vista utilitaristico, è solo in grado di dire che alcuni comportamenti accrescono il benessere della comunità. Ma non è in grado di escludere che altre politiche siano ancora più benefiche. Chiusi in questa trappola come dovremmo scegliere? Lui opta per favorire i comportamenti che ci "garantiscono" maggior benessere. Ma questa opzione non sembra affatto razionale.



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Neoclassici in economia e "austriaci" in filosofia ed etica. Ritengo questa una collaocazione sia plausibile che consigliabile.

P.S. per riconciliare gli austriaci con l' utilitarismo.