Vediamo se si riesce a costruirlo sul filo di qualche osservazione snocciolata in ordine sparso.
- La critica che Caplan rivolge a Rothbard e Mises non mi sembra tacitata dalle risposte che ha ricevuto.
- Ciò non toglie che Mises e Rothbard forniscano la migliore base filosofica per un pensiero liberale. E anche quella etica se si pensa a Rothbard. Ma per l' economia ci vuole ben altro.
- Caplan lascia in disparte Hayek. Evidentemente è su di lui che va costruito il primo pilastro del ponte.
- Come riconciliare Hayek con l' Homo Economicus di Chicago?
- Innanzitutto incorporando la razionalità limitata dell' agente haykiano nelle sue preferenze. In un mondo complesso l' uomo fa appello alle sue preferenze.
- Poi introducendo forme di selezione ambientale delle preferenze.
- Poi enfatizzando la distinzione tra breve e lungo periodo.
- Poi non escludendo a priori un' azione riformatrice (vedi critica di Buchanan a Hayek).
- Infine dando centralità alla figura dell' innovatore e all' applicazione immediata delle innovazioni.
- Ecco allora che Vienna puo' essere pensata come un momento analitico all' interno delle conclusioni sintetiche di Chicago e dei virginiani.
- In alternativa, il pensiero neo-classico pottrebbe essere interpretato come il suggeritore di politiche gradualiste per percorrere meglio un sentiero che conduce dritto dritto a Vienna.
- Facciamo un esempio: un welfare spinto e prolungato, non solo conduce agli inconvenienti tipici segnalati da Chicago, ma, nel tempo, seleziona una popolazione con preferenze (tra le preferenze ci metto dentro anche i principi etici) difficilmente compatibili con un sistema liberale (detto esplicitamente: se la fiducia non è legata al benessere probabilmente avremo una popolazione di furbi, ovvero di free rider. Altro esempio ancora più esplicito: lo schiavo è terrorizzato dalle responsabilizzazioni e rinuncia volentieri alla facoltà di scelta). Ecco allora che, l' imposizione di quest' ultimo, magari asserendo che "le preferenze non sono misurabili", implicherebbe un fallimento. Molto meglio una gradualità istituzionale con cui accompagnare una modifica evolutiva delle preferenze.
- Per i realisti la razionalità si accompagna ad un processo evolutivo, per il pragmatico basta la scorciatoia del calcolo. Confidiamo nella convergenza.
- Il realismo mi va bene come filosofia, ma se passiamo alla scienza (economica) allora guardo alla prticità del modello e alle scommesse che mi consente di portare a casa.
- Hayek, e quindi la scuola austriaca, ha avuto il merito di affiancare al concetto di competizione quello di evoluzione. Cio' ci consente di vedere i "gusti" (anche e sopratutto quelli etici) come qualcosa di endogeno. Ecco il circolo: l' ambiente incide sul profilo etico e l' etica incide sulla ricchezza. La ricchezza, a sua volta, incide sull' ambiente circostante che tenderà ad uniformarsi ai modelli vincenti. Siccome sappiamo che un sistema liberale in cui agiscono soggetti eticamente connotati in un certo modo, garantisce la massimizzazione della ricchezza, sarà necessario accompagnare l' evoluzione etica con riforme di mercato graduali.
- Purtroppo molti hanno insistito nel contrapporre concetti quali quello di Ordine Spontaneo (Hayek) ad una pratica di riforme istituzionali (Buchanan). Cio' ha condotto alle derive radicali (Rothbard) che spesso, con i loro fallimenti, ostacolano quel processo graduale descritto al punto precedente.
- D' altro canto, alcune proposizioni dell' economia neoclassica osteggiate dagli austriaci, hanno dato luogo a riforme che taluni, proprio perchè in loro nome si è condotta una lunga battaglia, trattano come definitive e non invece come un passaggio evolutivo verso una ulteriore liberalizzazione. Una tra tutte: la necessaria presenza di una Banca Centrale che persegua obiettivi anti-inflazionistici.
- Recentemente si segnala una riconciliazione all' insegna di Coase per quanto riguarda le politiche di crescita. In un Paese il set istituzionale più efficace è quello che meglio comprime i costi di transazione. Ma, ovunque, già la cultura dei popoli ha lavorato nei modi più vari a quest' opera di compressione creando aspettative e codici soggettivi, bisogna tenerne conto. Lavorare come se si fosse su una tabula rasa potrebbe essere dannoso. Rodrik e de Soto sono stati gli autori più espliciti nel segnalare la necessità di un approccio decentrato nel progettare le istituzioni ideali. Ecco allora che l' asetticità del Modello unico neoclassico cede il passo senza traumi alla molteplicità hayekiana.
- Due parole sulla figura dell' innovatore. Un sistema Haykiano accetta di convivere con costi di transazione alti. Cio' potrebbe renderlo meno efficiente rispetto ad un sistema aperto a riforme politiche che abbattano questi costi sopperendo ai limiti del mercato. D' altro canto, una condizione haykiana accumla risorse per quell' innovazione che, superando l' ostacolo, condurrà poi verso la soluzione ottima. Le riforme per sopperire ai limiti del mercato, invece, creano quasi sempre delle rendite politiche. Chi gode di queste rendite - e saranno gruppi con agganci politici forti - ostacolerà in tutti i modi il processo innovativo ritardando l' applicazione di soluzioni tecnologiche già esistenti. Facciamo un esempio: laddove l' esproprio infrastrutturale è più difficoltoso, sarà molto più sviluppata e diffusa la tecnologia wireless. In altre parole: in un sistema Haykiano l' innovatore deve essere un abile innovare e niente più, in un sistema tradizionale l' innovatore deve essere sia un abile innovatore che un abile politico al fine di poter vedere applicata la sua innovazione. E' molto difficile tempificare le conseguenze (medio? Lungo?...) e quindi realizzare verifiche empiriche di un modello siffatto. Da qui lo scetticismo degli austriaci per lo strumento econometrico.