Il metafisico pensa all'essere come al fondamento. Prima viene l'essere, poi le cose.
In quest'ultimo passaggio il metafisico si contrappone all'immanentista per cui sono le cose a generare l'essere.
Per l'immanentista le cose ci spiegano l'essere, o per lo meno ci forniscono dell'essere una conoscenza induttiva.
Per il metafisico è la conoscenza dell'essere che ci fa conoscere in modo deduttivo le cose.
Per l'immanentista le cose ci inducono la conoscenza divina.
Per il metafisico è la conoscenza divina a illuminarci sulle cose.
Si noti che l'immanentista non nega la conoscenza di enti metafisici. Perché? Visto che nn ci illuminano sulla realtà non sarebbe meglio negarli e morta lì?
L'immanentista non trascura la realtà metafisica per il semplice fatto che gli sembra probabile. Se ci è naturale dire che la banana è gialla, ci è anche naturale dire che probabilmente il giallo esiste. Per l'immanentista la semplicità s'incarna nella maggiore probabilità e non in altro. In qusto senso assomiglia all'empirista.
A volte le prove che un certo ente metafisico non esista in sè ci sono: il giallo, potrebbe dire lo scienziato, è solo una frequenza d'onda. In questo caso si accetta l'appunto. ma altre volte la prova del contrario non viene fornita. Esempio: quell'uomo è buono, quindi la bontà esiste.
Possibile conclusione: gli enti metafisici esistono, negarli è un errore ma non illudiamoci di cominciare da loro per capire la nostra realtà. E' dalla nostra realtà che bisogna partire. Sempre. Per capire la bontà dobbiamo vedere gli uomini buoni in azione, non possiamo farlo a tavolino.
Esempio: il divenire esiste? Sì, lo vediamo dalle cose. Partiamo da questa constatazione per capire meglio il mondo metafisico. Chi in passato è invece partito dalla metafisica è arrivato fino a negare il divenire, il che costringe a contorsioni intellettuali non da poco per far quadrare i conti con la realtà.
Fisica e Metafisica
Non ho mai studiato seriamente né fisica né filosofia, quindi l’argomento per me è ostico, eppure lo sento come importante e quindi vorrei chiarire innanzitutto a me stesso qualcosa che ritengo importante.
Il metafisico studia l’essere, ovvero il fondamento, ovvero cio’ che hanno in comune tutte le cose, cio’ che viene prima delle cose concrete. Lo scienziato studia invece le cose concrete.
Con un’analogia penso alla metafisica come alla cornice e alla fisica come a un quadro. Se avete dubbi su questa analogia vi invito a sospenderli e a leggere quanto segue.
Della cornice si occupano i filosofi, del quadro gli scienziati. Un tempo i filosofi erano tenuti in gran conto, anzi, erano una figura esclusiva, anzi, lo scienziato era detto “filosofo naturalista”. Ma con la modernità il loro ruolo della filosofia perde di peso, si afferma lo scienziato puro, finché i ruoli sono ribaltati e i filosofi vengono praticamente esclusi dal regno della conoscenza, di cui la scienza rivendica il monopolio. Per loro è una botta non da poco.
Domanda: occorre recuperare la metafisica? E perché è stata abbandonata?
Prima di rispondere occorre sbrogliare alcune ambiguità, e in questo senso puo’ soccorrerci la metafora del quadro e della cornice. Chiedetevi allora se le cornici esistono. Molti anti-metafisici risponderebbero di no, ritengono che la loro presenza sia illusoria. Ecco, se l’anti-metafisica è incarnata da questo atteggiamento il recupero della metafisica è urgente: sembra abbastanza ovvio che le realtà non fisiche esistano e siano fondamentali. Pensate solo al libero arbitrio, poiché la scienza non è mai riuscito a dimostrarne l’illusorietà la cosa più ragionevole da fare è assumerne la presenza.
Ma spesso l’anti-metafisico è più sottile, dice che piiché la conoscenza delle cornici è alquanto dubbia e comunque non interferisce sulla conoscenza dei quadri, quindi possiamo accantonarla come irrilevante e far finta che non esista.
Qui c’è qualcosa di vero, soprattutto se si hanno in mente i bei tempi in cui la metafisica aveva la pretesa di porsi come guida della scienza, oltre che come sua cornice. Ci sono filosofi metafisici che studiando l’essere affermano l’illusorietà del divenire (Severino) e pretendono che la scienza venga esposta adeguandosi a questa loro bizzarra esigenza. Assurdo.
Ma anche dalla posizione dell’anti-metafisico meno ingenuo c’è comunque qualcosa da cui mi dissocio, il fatto è che se le cornici esistono, esistono. Perché far finta di no? Non solo, magari la conoscenza delle cornici non influisce sulla conoscenza del quadro ma quest’ultima influisce sulla prima, che è quindi possibile.
Ecco, la metafisica è ancora sensata se non pretende di essere una conoscenza guida per la fisica. E’ la fisica, ovvero la realtà di tutti giorni, a dirci qualcosa sulla metafisica, ovvero sulla realtà ultima. In termini epistemologici è la fisica che viene prima della metafisica e non viceversa. La fisica ci fa intuire la metafisica sottostante. Ci dice qualcosa di parziale, di induttivo, ma non di irragionevole.
Adesso l’analogia è meglio illuminata poiché anche tra cornice e quadro c’è una precedenza ben precisa: è la cornice che segue il quadro.
Ecco infine un caso specifico: non è la conoscenza di Dio a vincolare la nostra conoscenza scientifica ma è la conoscenza scientifica che ci parla di Dio, ce ne parla in modo imperfetto, in modo provvisorio ma anche in modo sensato. Anche per questo la teologia naturale – ovvero la teologia che inferisce Dio dai fatti della natura – è quella più sensata e in linea con la modernità.