Trent'anni fa mi sono convertito all'ottimismo.
Essere pessimisti aveva i suoi vantaggi, non lo nego. Ho potuto leggere autori di prim'ordine come Cioran, Ceronetti e Beckett. Al contempo, sentivo che quello era un mondo pieno di gente in posa. Scrivere sarcasmi ti regala uno stile a buon mercato, in fondo è un po' come barare.
E' stato l'incontro con il diario di Hetty Hillesum a farmi saltare il fosso. In quel momento ho scoperto l'eleganza dell'ottimismo. L'ottimismo non serve solo ad agire ma sprigiona una sua bellezza che assomiglia tanto al mazzolin di fiori che Etty teneva sul tavolino nella baracca del campo cambiandolo ogni giorno che restava viva. Com'è bello essere positivi! Si puo' esserlo con gran classe, senza essere costretti alla parte delle vispe terese. Purtroppo, non registravo nessuna affinità caratteriale con Hetty, per cui, al di là della mia ammirazione personale, non potevo seguire la sua strada: io mantengo un dna da pessimista, e l'umore di fondo non lo cambi.
Ma come diventare allora ottimisti essendo dei pessimisti congeniti? I trucchetti alla Pollyanna non funzionano, mi dispiace. Per quel che vale, la mia soluzione è stata questa: documentarsi oggettivamente sulla nostra condizione, sugli spettacolari miglioramenti rispetto al passato, per poi concludere che ESSERE OTTIMISTI E' UN DOVERE. Ecco, se l'ottimismo non lo puoi mettere nel carattere, mettilo almeno nella morale, fanne un tributo ai tuoi padri.
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